Benedetto XVI incontra un “martire” vivente

Il Papa ha ricevuto la visita del Vescovo Zef Simoni, dell’Albania

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 22 settembre 2005 (ZENIT.org).- Tra i 26.000 pellegrini che questo mercoledì hanno partecipato all’Udienza generale concessa da Benedetto XVI c’era monsignor Zef Simoni, 77 anni, ex Vescovo ausiliare di Shkoder, che ha subito la persecuzione del regime comunista in Albania.

Il presule è giunto accompagnato dal fratello, sacerdote, e dalla sorella e fin dal primo momento ha spiegato che veniva a Roma per “vedere Pietro”, “la Pietra”.

Prima dell’avvento del comunismo, l’Albania aveva circa 200 sacerdoti. Più di 70 vennero incarcerati. Otto persero la vita sotto tortura ed altri due a seguito delle sevizie subite. Quattro vennero uccisi senza processo e 19 morirono nei campi di sterminio.

Monsignor Simoni, che è anche scrittore, è uno dei pochi sopravvissuti in vita: “Sono stato rinchiuso per dodici anni nel campo di Spac, una prigione che si può paragonare al campo nazista di Mauthausen. Si trovava vicino a una zona mineraria, in cui i detenuti erano costretti a un lavoro incessante e pericoloso. Molti, infatti, morirono”.

Durante la prigionia, non potendo scrivere Simoni era solito memorizzare lunghi brani delle sue opere che recitava agli altri detenuti.

Nella memoria del Vescovo albanese è rimasto anche il ricordo delle terribili torture inflitte ai sacerdoti perseguitati.

“I prigionieri – ha ricordato – venivano sottoposti a scariche elettriche, dovevano camminare scalzi su piastre metalliche incandescenti o venivano messi a testa in giù in barili pieni di acqua gelida. La loro bocca veniva riempita di sale, oppure erano costretti a ingerire medicine dannose per il sistema nervoso”.

“Ricordo che il sacerdote gesuita Gjon Karma fu seppellito vivo in una bara. Il francescano Frano Kiri rimase legato a un cadavere per alcuni giorni, fino a quando cominciarono a uscire i liquidi del morto. Altri furono impiccati, decapitati o affogati in una palude”, ha proseguito.

“Con l’aiuto di Dio abbiamo solo cercato di essere fedeli a Cristo, alla Chiesa e alla nostra missione sacerdotale”, ha spiegato.

“Mia sorella Cecilia ci ha aiutati quando eravamo in prigione – i due fratelli sono stati infatti arrestati –: ha saputo vivere eroicamente la sua fede anche in quegli anni bui”.

“Oggi portiamo, davanti al Papa, nel cuore tanti nostri confratelli che sono stati massacrati, tante religiose e tanti laici che sono stati perseguitati perché non hanno rinnegato la Croce”.

Monsignor Simoni è stato ordinato Vescovo da Giovanni Paolo II il 25 aprile 1993, in occasione del pellegrinaggio papale in Albania che ha fatto seguito all’avvenuta riconquista della libertà religiosa del 4 novembre 1990.

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ZENIT Staff

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