Essere Down può essere una risorsa? Risponde un neonatologo italiano

Intervista al dottore Carlo Bellieni

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ROMA, lunedì, 5 settembre 2005 (ZENIT.org).- Parlare di Down come di una risorsa potrebbe anche far scandalizzare qualcuno, ma non di certo il dottor Carlo Valerio Bellieni, neonatologo presso l’Ospedale di Pisa e docente di Terapia neonatale alla Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università di Pisa.

Per spiegare il suo coraggioso punto di vista, Bellieni ha scritto un libro “La risorsa Down. Uno sguardo positivo sulla realtà” (Società Editrice Fiorentina, 120 pagine, 8 Euro). Per saperne di più ZENIT lo ha voluto intervistare.

Perchè questo titolo? Essere Down può essere una risorsa?

Bellieni: Senza dubbio la persona Down è una risorsa! Ma ‘perché io sono una risorsa?’. Questa domanda percorre il libro: alla fine scopriamo che siamo tutti una risorsa, ossia un richiamo agli altri per ricercare insieme il Mistero che sta dentro tutte le cose. Il premio Nobel lo sarà a modo suo,
così come lo è il Down o l’impiegato o il giornalista. Questo libro non è un libro di consolazione, scritto per sollevare chi ha una disabilità; è un richiamo ai ‘sani’ per domandarsi in cosa davvero consiste la dignità e la positività di ciascuno di noi. Avere a che fare con un disabile non lascia
indifferenti: allora, o si fugge o ci si domanda su cosa veramente ‘io valgo’. E si scopre che il mio valore non consiste in quello che produco o nella bellezza, e ciò è una liberazione. Scoprendo questo si impara ad essere più attenti verso tutto e verso tutti.

Il libro è dedicato alla memoria di Terri Schiavo, perchè?

Bellieni: Terri Schiavo è l’esempio di cosa vuol dire che la dignità può esser fatta dipendere violentemente dalle condizioni. C’è nella società e nei media un richiamo a valutare la vita ‘degna’ solo in ragione della sua ‘buona qualità’. Se prevale questo, la ‘salute’ viene ridotta a ‘preservare se
Stessi’ e non come ‘comunicare se stessi’. Nel primo caso tutto è nemico (anche un figlio) e la malattia è la fine della vita. Nel secondo caso tutto è opportunità, nulla è ostacolo, anche la malattia. Molti disabili (e loro parenti) in questo libro narrano come la malattia ha fatto scoprire cose
impensate. La malattia va curata, ma non censurata, ghettizzata, eliminata eliminando il malato, magari prima che nasca.

Nel corso della presentazione del libro fatta al Meeting di Rimini lei ha sollevato il problema del valore dell’uomo. Secondo lei, questo valore si fonda su caratteristiche precise o sulla semplice esistenza?

Bellieni: E’ ciò a cui hanno risposto con la loro esperienza clinica e pedagogica gli educatori e i medici che hanno dato vita al libro. Bruno Nibbi, istruttore di Judo, da qualche anno ha inserito i disabili nei suoi corsi e narra il giovamento che tutti ne hanno tratto. Silvie de Kermadec narra i progressi scientifici che solo lei in Europa sta vedendo essendo a capo dell’unico centro che studia una terapia per la sindrome Down. Paolo Arosio, neonatologo, spiega cosa vuol dire non censurare il rapporto con i genitori dei bambini sofferenti. Sono esempi di un mondo che riparte accettando la sfida di considerare chi si ha di fronte un ‘bene’ perché c’è, e non perché è come lo vorremmo. E così Nicoletta Mininni, neuropsichiatria, Patrizia Vergani, ginecologa.

Nel corso dell’ultimo referendum sulla procreazione assistita lei ha più volte sottolineato l’importanza della dignità del feto nei suoi diversi stadi di maturazione. Può spiegarci quali sono le sue considerazione sulla vita prima della nascita?

Bellieni: Il mondo prenatale è un mondo inesplorato e bellissimo. Il feto sente, ricorda, sperimenta. Basta avere la pazienza di saper guardare. Ogni mamma lo sa. Purtroppo oggi è in atto una terribile censura su questi temi, una censura che offende la ricerca scientifica in questo campo. Da anni studio il mondo prenatale e sono convinto che debba essere rispettato dal concepimento, fino a rispettare la sua privacy e non assalirlo con indagini che tendono a selezionarlo se non corrisponde al nostro progetto.

L’Italia del Referendum disertato l’ha capito. Chi comanda, ancora no. Ma questo non ci impedisce di sorridere, consci che esiste ancora tanta paura (handifobia) che genera discriminazione, ma che abbiamo incontrato tanti compagni di cammino (come Eugenia Roccella che ha scritto l’introduzione al libro) con cui possiamo esser fiduciosi per il domani.

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ZENIT Staff

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