Cresce la Fraternità Sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo

Ordinati otto sacerdoti e nove diaconi

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ROMA, domenica, 26 giugno 2005 (ZENIT.org).- Questo sabato, nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, il Patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, ha ordinato otto sacerdoti e nove diaconi della Fraternità Sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo. Si tratta delle ordinazioni sacerdotali e diaconali più numerose nella giovane storia della Fraternità ispirata da monsignor Luigi Giussani.

Gli otto sacerdoti sono destinati alle missioni di Nairobi (Kenya), Novosibirsk (Siberia), Budapest (Ungheria), Torino e Roma (Italia), Asunción (Paraguay) Alverca (Lisbona, Portogallo), e Montreal (Canada). I nove diaconi andranno invece a Fuenlabrada (Madrid, Spagna), Torino, Roma, Città del Messico, Santiago del Cile, Washington e Budapest..

La fraternità Sacerdotale dei Missionari di san Carlo Borromeo, fondata nel 1985 da don Massimo Camisasca, è stata riconosciuta come Società di vita apostolica di diritto pontificio da Giovanni Paolo II il 19 marzo 1999.

Composta da circa 70 sacerdoti e 40 seminaristi, i suoi membri vivono in case, sparse oggi in quasi venti Paesi di quattro continenti, e si propongono di contribuire alla missione della Chiesa secondo il carisma del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione.

Per spiegarne il carisma, don Massimo Camisasca che è pure Superiore Generale della Fraternità, ha appena pubblicato un libro “Passione per l’uomo – i passi della missione cristiana” (edizioni San Paolo, 115 pagine , 8 Euro).

Nel corso di un colloquio con ZENIT, don Massimo ha detto: “E’ la carità l’evento originario, quello che è scritto nella vita di ogni uomo. Prima dell’amore non c’è nulla. Il grande evento del Cristianesimo è appunto la manifestazione dell’amore di Dio”.

Secondo il fondatore di questa Fraternità Sacerdotale, “Il Cristianesimo spinge a cercare la parte di Dio che non si conosce, insegnando ad andare verso l’altro, il che significa scoprire e cambiare, un atto profondamente misterioso e radicalmente rivoluzionario”.

“Il Cristianesimo è continua costruzione del nuovo – ha continuato Camisasca –. Divenire cristiani è una sfida che possiamo affrontare solo se ci sorregge l’idea di creatura che ha una dignità incancellabile. E la carità non è mai riducibile, l’amore verso l’altro è una sfida che la Chiesa pone alla società politica”.

Di fronte al relativismo morale e religioso che sembra prevalere nella società, il religioso ha sottolineato che il problema si pone quando “il Cristianesimo non propone più la verità dall’interno di ciò che vive, ma accetta la propria descrizione dall’esterno”.

“Da questo punto di vista, il sacerdozio delle donne, o le tematiche della sessualità e della procreazione, non sono che aspetti secondari di tale fenomeno”.

“Il dramma che la Chiesa vive oggi, – ha aggiunto Camisasca – è la distruzione della storicità di Cristo e della Chiesa, la cancellazione della permanenza di Cristo in mezzo agli uomini, nonché l’eliminazione dell’idea di Cristo come Verbo e infine l’idea stessa di Dio”.

“Al centro non è più l’evento cristiano come fatto a noi contemporaneo – ha concluso don Massimo – ma la serie infinita di interpretazioni dell’evento via via fornite, in ultima analisi, dal potere”. Mentre il principio sintetico dell’educazione “è quello che consiste nell’invito a guardare a Cristo come punto originale di ciò che noi siamo”.

“L’educazione alla cultura, alla carità e alla missione – ha concluso il Superiore Generale della Fraternità dei missionari di San Carlo Borromeo – sono tre dimensioni che maturano in noi e nelle persone che stanno con noi quanto più si realizza l’uomo nuovo di cui parla San Paolo”.

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ZENIT Staff

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