ROMA, venerdì, 3 giugno 2005 (ZENIT.org).- Sabato 4 giugno avrà luogo ad Assisi un convegno su J.R.R. Tolkien in occasione del 50° anniversario della pubblicazione del suo libro “Il Signore degli Anelli” e del suo viaggio ad Assisi. Al convegno interverranno studiosi cattolici dell’autore inglese, come padre Guglielmo Spirito, Andrea Monda e Paolo Gulisano.
ZENIT ha intervistato Gulisano, autore di volumi su Chesterton e Re Artù e di alcuni fortunati saggi su Tolkien come “Tolkien il mito e la grazia”, “Gli eroi del Signore degli Anelli” e “Tolkienology”.
Cinquant’anni de “Il Signore degli Anelli”, un grande libro che suscita ancora alcuni equivoci che il Convegno di Assisi vuole chiarire.
Gulisano: La cultura ufficiale è rimasta vittima del vecchio pregiudizio illuminista contro tutto ciò che sa di Medioevo, periodo sdoganato solo in parte, e contro la dimensione fantastica della letteratura che, con essa, sembra abdicare al suo ruolo sociale e pedagogico, accontentando i facili gusti di un pubblico di scarse esigenze intellettuali. È proprio la superficialità e la fretta dei critici occidentali di etichettare Tolkien a partire dal loro giudizio sull’invenzione letteraria che non li rende capaci di discernere l’apparenza dalla sostanza. Sostanza fortemente realistica invece, realistica nel senso che parla con verità e profondità della realtà del cuore umano e della storia umana. La cornice letteraria adottata da Tolkien, tipica del Medioevo, ma ricca anche di infiniti rimandi alla cultura ebraico-cristiana, così come alle tradizioni nordiche piene di personaggi eroici, pone molti problemi a chi ritiene che additare il Cielo significhi per forza dimenticare la Terra, o che guardare indietro sia invalidante per andare avanti.
Certamente le intenzioni e la qualità delle opere fantasy differiscono moltissimo da autore ad autore, e Tolkien è unico, soprattutto nel suo modo di concepire la fiaba come strumento per educare il cuore al Mistero. Secondo Tolkien essa ha in sé le qualità per aiutare a rinfrescare lo sguardo, per dirigerlo meglio verso il cuore delle cose. Come diceva C. S. Lewis, suo amico e collega (quello delle Lettere di Berlicche e delle Cronache di Narnia), “il valore del mito consiste nel fatto di prendere tutte le cose che conosciamo e di restituire loro il ricco significato che era stato nascosto dal ‘velo della familiarità’”, cioè dall’abitudine cattiva che ci nasconde la bellezza della realtà, le grazie che costellano la nostra vita.
Chi era J.R.R Tolkien? Un tranquillo professore di Oxford, autore de “Il Signore degli Anelli”, un successo mondiale, definito il libro del secolo appena passato. Quale era la sua visione del mondo?
Gulisano: Tolkien va ormai considerato non solo un autore di successo, ma anche come un autentico classico. Egli ha riproposto, in pieno ventesimo secolo, il genere letterario epico, ridando dignità letteraria all’antichissimo genere della narrativa dell’immaginario. Il professore di Oxford è divenuto così un maestro, un punto di riferimento per generazioni di giovani lettori che si sono commosse ed esaltate alla lettura delle sue pagine epiche – così lontane dal realismo spesso squallido che ha imperato a lungo in letteratura. La sua visione del mondo era quella di un cristiano, di un cattolico inglese, appartenente ad una comunità che aveva conosciuto la persecuzione, la discriminazione e il disprezzo: una fede serena ma ben consapevole di ciò che il mondo può riservare ai discepoli di Cristo. Questa visione cristiana permea “Il Signore degli Anelli”,
determinandone i temi fondamentali: la ricerca, l’eroismo non della forza e della conquista ma del
sacrificio e dell’amore, il perdono.
Tolkien è stato considerato da alcuni un ecologista ante litteram, da altri (specie in Italia) un conservatore. Quali erano le sue idee politiche?
Gulisano: E’ riduttivo guardare ad un genio letterario come Tolkien pensando di piantarvi una bandierina ideologica, e questo perché ciò che ispirò e che diede significato alla sua vita e alla sua opera non è riconducibile ad una ideologia, ma ad una visione della vita, come detto prima, ad una concezione dell’essere, dell’uomo, della storia che è ben di più che una ideologia: è una filosofia. Tolkien possiede addirittura quella che potremmo definire una visione teologica della storia. Certo nello scrittore inglese c’è anche un grande amore per la natura, e una critica nemmeno troppo nascosta all’industrialismo devastatore, ma non si tratta di una posizione ideologica, quanto dell’amore che un cristiano non può non portare per la creazione uscita dalle mani di Dio.
Le sue “idee politiche” dunque non possono essere ricondotte alle categorie, a mio avviso davvero misere, di “destra” o “sinistra”, conservazione o progressismo: era un cristiano che amava la libertà, contro ogni totalitarismo, contro ogni oppressione dello spirito di verità, contro il Potere che schiaccia la persona, e anche questo tema è ritrovabile nel suo capolavoro.
Nel suo libro “Il Mito e la Grazia” lei afferma che “Il Signore degli Anelli” ha evidenti radici religiose, in particolare cristiane. Vuole spiegarci questa affermazione?
Gulisano: Tolkien stesso scrisse che la sua doveva essere considerata un’opera cattolica, ma oltre a questa pur ineludibile valutazione dello stesso autore, ci sono numerosi elementi che ci possono far dire che “Il Signore degli Anelli” è un’epica religiosa: il libro è la storia del conflitto tra verità e menzogna, dove l’Anello del Potere, un potere che è male, corruzione, inganno, deve essere distrutto. Tolkien sembra dirci che col male non si può venire a compromesso, senza tuttavia cadere nella tentazione del manicheismo: non ci sono nel romanzo i “buoni” e i “cattivi”, ma il combattimento contro la seduzione del male è personale e di ogni personaggio. Gli eroi di Tolkien, infine, non sono modellati sui guerrieri antichi, ma sono piccoli, umili, dotati di virtù cristiane che li
accompagnano nella grande impresa, la rinuncia al potere, che è l’obiettivo della Cerca.
Lei ha intitolato il suo libro “Il Mito e la Grazia”. Perché? Quali sono le radici cristiane dei personaggi di Tolkien?
Gulisano: Tolkien aveva scritto in una lettera a un lettore che nulla lo commuoveva di più che il processo di nobilitazione dal brutto anatroccolo a Frodo; cosa significa nobilitazione? Significa trasformazione della nostra natura decaduta, la nobilitazione dell’umile, dal brutto anatroccolo a Frodo; questo è il cammino da intraprendere.
Siamo tutti brutti anatroccoli, ci siamo dimenticati chi siamo, ci siamo dimenticati che siamo dei cigni, che siamo fatti belli, che siamo fatti per una bellezza, che siamo fatti per una grazia, che siamo fatti per uno splendore, come lo splendore del cigno, tutto questo ce lo siamo dimenticati, ma occorre qualcuno che ce lo ricordi. Il brutto anatroccolo è una fiaba, ma le fiabe sono miti antichi decaduti, che l’illuminismo ha ridotto a fiabe per bambini, che veicolano in sé una grande saggezza: il mito del brutto anatroccolo è il mito della natura decaduta dell’uomo. Tolkien non ha una visione pessimistica dell’uomo, ha una visione realistica: l’uomo è creato da Dio, è creato a immagine e somiglianza di Dio, è creato buono, ma va incontro a una decadenza, volta le spalle alla luce, volta le spalle alla verità, può diventare come Saruman, può diventare come Boromir, oppure può diventare come Gandalf e come Frodo. La Grazia è dunque ciò che porta a perfezione la natura, è ciò che rende possibile il cambiamento. Tolkien parte dal Mito, inteso come dimensione di ricerca, di domanda di significato, per arrivare alla Grazia, che è ciò che conduce l’uomo alla Risposta. “Il Signore degli Anelli”, vale la pena ribadirlo, è una gr
ande epica religiosa, che fa del suo autore l’Omero cristiano del ‘900.