Cardinal Ratzinger: i movimenti ecclesiali, portatori dello “slancio missionario degli inizi”

“Possono incoraggiare la vita del Vangelo nel mondo”

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ROMA, martedì, 26 aprile 2005 (ZENIT.org).- Nel 1999, l’allora cardinal Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, intevenendo ad un seminario organizzato dal Pontificio Consiglio per i laici aveva additato nei movimenti ecclesiali i veri portatori dello “slancio missionario” della Chiesa dei primi secoli.

Protagonista di un animato dibattito, e rispondendo per ben due ore alle domande poste da un’assemblea di oltre cento Vescovi e Cardinali giunti da tutto il mondo per prendere parte al Seminario su: “Movimenti ecclesiali e nuove comunità nella sollecitudine pastorale dei Vescovi” (Roma, 15-19 giugno 1999), il porporato aveva cominciato con il raccontare dei suoi primi contatti con dei Movimenti ecclesiali risalenti agli inizi degli anni Settanta.

In una sintesi offerta dalla rivista “Tracce” (cfr. N. 7 > luglio/agosto 1999), si legge che in quell’occasione Ratzinger aveva parlato in particolare dell’incontro con i Focolarini, e con i Neocatecumenali, di cui apprezzava la centralità data al sacramento del Battesimo “fondamento della nostra fede, in un tempo in cui la famiglia e la scuola sono sempre meno una iniziazione alla fede”; e di come avesse conosciuto “Comunione e Liberazione” (Cl).

“Abbiamo trovato don Giussani e i suoi nelle università; nell’epoca della rivoluzione marxista non rispondevano in forma reattiva o con un atteggiamento conservatore, ma con una rivoluzione più fresca e più radicale, quella della fede cristiana”, affermava l’allora porporato che in seguito si sarebbe trovato a pronunciare l’omelia al funerale del Fondatore di Cl.

Avvenne poi l’incontro col Rinnovamento nello Spirito, e di questo il Cardinale ricordava “la gioia e la grazia di vedere giovani cristiani toccati dalla forza dello Spirito Santo”. Fu così che “in un momento di fatica nel quale si parlava di ‘inverno della Chiesa’, lo Spirito Santo creava una nuova primavera”, affermava.

“Era una risposta anche di fronte a due esperienze negative vissute in Germania: nel mondo accademico, dove la teologia si allontanava sempre più da una fede entusiasta, per essere totalmente uguale alle altre discipline, diventando così ‘freddamente scientifica’, ridotta a fenomeno di oppressione della fede da parte di una ragione unilaterale; e una crescente burocratizzazione della Chiesa”.

Il Cardinale aveva quindi toccato un tema, divenuto caro in molte sue riflessioni successive, quello del secolarismo: “Ora dobbiamo riformulare le nostre ragioni per arrivare di nuovo alla coscienza dell’uomo di oggi e dobbiamo accettare un conflitto di valori per cui dobbiamo difendere l’uomo, non solo la Chiesa” .

“Di fronte alla secolarizzazione, per essere contemporanei all’uomo d’oggi non bisogna tuttavia perdere la contemporaneità con la Chiesa di tutti i tempi. Per questo occorre avere una identità di fede molto chiara, ispirata da una gioiosa esperienza della verità di Dio. E così torniamo ai movimenti, che offrono questa gioiosa esperienza”, sosteneva.

“I movimenti hanno questa specificità: in questa società di massa, aiutano a trovare, in una Chiesa che può apparire come una grande organizzazione internazionale, una casa dove si trova la familiarità della famiglia di Dio e nello stesso tempo si rimane nella grande famiglia universale dei santi di tutti i tempi”.

“Nel nostro tempo notiamo una certa prevalenza di spirito protestante in senso culturale, perché la protesta contro il passato sembra essere moderna e rispondere meglio al presente – osservava allora –. Per questo, da parte nostra, occorre fare vedere che il cattolicesimo porta l’eredità del passato per il futuro, anche se lo fa controcorrente in questi tempi”.

Rivolgendosi in particolare ai Vescovi, Ratzinger li aveva quindi richiamati alla responsabilità “di non spegnere lo Spirito” ma “di discernere e aiutare i movimenti a purificare quanto è necessario”, “a trovare la strada giusta per la pacifica unità e di aiutare i parroci ad aprirsi” e “a lasciarsi sorprendere da queste forme suscitate dallo Spirito”.

Aveva quindi continuato ad argomentare sulla presenza dello Spirito al di fuori della Chiesa, facendo appello ai Vescovi affinché si impegnassero “a non mostrare solo il lato giuridico istituzionale, ma anche il lato del mistero che continua l’umiltà del Signore che si degna di essere presente come voce viva, presenza viva”.

“Nel mondo c’è desiderio di una voce che non parli per sé, ma in nome della fede in Dio, che obbedisca alla presenza di Dio nel mondo: il Papa è questo, continua l’umiltà del Signore che parla con strumenti, come siamo noi, che possono essere inadeguati”, affermava.

Nell’affrontare quindi le sfide poste davanti alla Chiesa contemporanea, Ratziger aveva parlato della necessità di non circoscrivere la fede “in gruppi chiusi”, richiamando come esempio la Chiesa dei primi secoli: “I cristiani erano pochi, ma hanno suscitato ascolto, perché non erano un gruppo chiuso, ma portavano una sfida generale per tutti che toccava tutti”.

“Il Vangelo è per tutti e i movimenti possono essere di grande aiuto perché hanno lo slancio missionario degli inizi, pur nella piccolezza dei numeri, e possono incoraggiare la vita del Vangelo nel mondo”.

“Anche oggi abbiamo una missione universale: rendere presente la vera risposta all’esigenza di una vita corrispondente al Creatore”, aveva poi concluso.

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ZENIT Staff

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