Etica e finanza: le sfide che il nuovo Pontefice dovrà affrontare

Intervista con il dottor Ettore Gotti Tedeschi

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ROMA, giovedì, 21 aprile 2005 (ZENIT.org).- Tra globalizzazione, lotta alla povertà, limiti etici alla finanza e alla speculazione economica, il nuovo Pontefice dovrà affrontare sfide notevoli per convertire i cuori e rendere fruibile il bene comune.

Sul contributo in tale ambito di Giovanni Paolo II e quale saranno i problemi che il prossimo Pontefice dovrà affrontare in campo di dottrina sociale, ZENIT ha intervistato uno specialista di problemi economico-finanziari, il dottor Ettore Gotti Tedeschi, Presidente del ramo italiano di una delle banche più grandi d’Europa, il Banco Santander Central Hispano, autore fra l’altro del libro “Denaro e Paradiso: L’Economia Globale e il Mondo Cattolico” (ed. Piemme).

Quali sono i principali problemi nel rapporto tra finanza e dottrina sociale che il prossimo Pontefice dovrà affrontare?

Gotti Tedeschi: Credo che non debba far altro che proseguire ciò che ha già fatto Giovanni Paolo II, non mi pare ci sia altro da scoprire o affrontare nel rapporto tra finanza e dottrina sociale, Wojtyla ha già affermato l’essenziale, c’è “solo” da farlo sempre più applicare e questo si può realizzare affermando sempre più l’Autorità Morale della Chiesa cattolica, eroicamente. Il costo umano e sociale della mancanza di etica in economia è troppo grande perché il prossimo Pontefice non ne faccia oggetto di specifica riflessione.

Ma se è vero che non basta scoprire i vantaggi dell’etica perché l’uomo economico, o il finanziere, si decida ad applicarla, perché altrimenti rischia di trasformarla in pura etica sociale, credo che il Pontefice prossimo debba porsi il problema di come continuare ad affermare l’autorità morale della Chiesa con forza e coraggio, come fece Giovanni Paolo II, continuandone la missione, come peraltro tutto il mondo con visione morale ( ebrei e buoni laici inclusi) si aspetta.

Ora è difficile credere che la morale cattolica sia imponibile alla collettività e applicabile per legge o come regola scelta dalla collettività, la morale cattolica è vivibile e applicabile solo individualmente, come individuale è la ricerca della salvezza, come l’acquisizione dei meriti.

Se, avendo dimostrato che la morale cattolica genera la migliore forma di economia, venisse imposta per legge, che merito avremmo nell’applicarla? No, la scelta di applicarla fa parte della risposta individuale alla chiamata alla santità. Ma che può fare il prossimo Pontefice per sostenerla, per mantenerla in vita e crescerla? Chiamando a voce alta alla conversione e alla sua “materializzazione”.

Credo che il rapporto tra uomini e Dio si fondi sulla conoscenza della Verità attraverso il Verbo ed è compito del Pontefice assicurarlo senza farsi confondere dal cosiddetto falso progresso del mondo moderno che ritorna a volere una religiosità personale e privata, sommessa e non attiva e un ruolo del Papa silenzioso e non interferente con le riforme sociali.

Credo che la Chiesa sia operante, sia per la salvezza delle anime, che affinché tutti gli uomini siano una sola cosa nel regno di Dio. Se tutto il mondo, pertanto, va salvato, tutto il mondo deve poter ascoltare la voce e le proposte del Papa, perciò la Chiesa, come è stato per il pontificato di Wojtyla, deve continuare a farsi sentire sempre più, sempre più forte, su tutti i temi che riguardano l’uomo, economia inclusa, quale Autorità morale.

Deve stare nel mondo come la forma sta alla materia, deve trasformare il mondo, altrimenti la salvezza stessa delle singole anime rischia di esser impossibile, altro che ricchezza o benessere, l’etica applicata in finanza o economia ne conseguirà.

In che modo l’insegnamento sociale di Giovanni Paolo II ha influito sulla economia reale, e in che misura il Santo Padre è stato critico nei confronti del sistema capitalistico?

Gotti Tedeschi: Giovanni Paolo II si è occupato del bene dell’uomo, conscio dell’influenza dell’economia sulla vita umana , indicando criteri etici da applicare in economia. Ora, per un cattolico l’etica da applicare è solo quella insegnata da Papa e così non può lasciarsi tentare da criteri etici differenti , mentre per il non cattolico, molto spesso, l’etica applicata è quella opportunistica del fine che giustifica i mezzi .

Poiché l’economia è solo uno strumento neutrale in mano agli uomini , il senso che questo le danno spiega l’influenza che l’insegnamento del Papa può aver avuto sull’economia reale. Giovanni Paolo II ha perciò cominciato a insegnare etica economica distinguendo i fini dai mezzi attraverso, principalmente, due encicliche: la Centesimus Anno e la Sollecitudo Rei Socialis .

Nella Centesimus, cent’anni dopo la Rerum Novarum di Leone XIII, Papa Wojtyla chiarisce cosa è il Capitalismo etico, per i tempi attuali, niente affatto critico, bensì realista. Egli riconosce la bontà della libertà di mercato e l’utilità del Capitalismo (soprattutto verso altri sistemi, quale quello socialista, di cui Egli aveva avuto triste esperienza) in quanto incoraggiante la libertà e la responsabilità dell’uomo. E coglie questa occasione per riaffermarne la centralità nell’era cosiddetta globale.

Ma non basta, riconoscere che l’uomo ha bisogno della libertà anche in economia per potersi affermare, per poter esprimere le sue potenzialità, esaltare i suoi talenti, fare del bene agli altri, il Pontefice chiarisce ancor meglio cosa vuol dire in pratica mettere l’etica nel Capitalismo: vuol dire finalizzarlo, dargli un senso.

Papa Wojtyla scopre che il profitto è necessario per produrre maggior” bene”, perché per distribuire la ricchezza a chi ne ha bisogno, è necessario prima produrla e poi – ecco l’insegnamento sul senso da darle –, impiegarla opportunamente.

Non solo, egli apprezza sì il Capitalismo, perché produce libertà e beni materiali, ma suggerisce di correggere i rischi derivanti dal suo mal utilizzo, cioè di attaccamento eccessivo agli stessi e ai consumi, con l’esigenza di saggezza e conoscenza, per dare a questi beni un senso, per indirizzarli meglio ed evitare quei danni che possono produrre per l’uomo e lo stesso ambiente in cui vive.

Nella Sollecitudo Rei Socialis, il Pontefice richiama la responsabilità degli uomini nella gestione dei meccanismi economici che rischiano di sfuggire al loro controllo e funzionare autonomamente, rendendo così difficile la gestione dell’economia per il bene di tutti.

In conclusione, l’insegnamento di Giovanni Paolo II è che il Capitalismo deve essere un mezzo al servizio dell’uomo e non fine a se stesso, il suo governo etico si realizza solo quando il bene dell’uomo è l’obiettivo, il fine, mentre il suo governo dissennato è conseguenza di scelte di politica economica che, prescindendo da prospettive morali, fanno diventare l’uomo un mezzo, mezzo di produzione e di consumo. Mezzo non rispettato, ma utilizzato per fare politica economica fine a se stessa, o peggio, per gestire il potere.

Che ruolo svolge la finanza nel processo di generazione delle merci?

Gotti Tedeschi: La finanza è solo un mezzo, più o meno sofisticato, a disposizione dell’imprenditore, per generare ricchezza. L’uso che se ne fa la può rendere pericolosa o opportuna.

Nel capitalismo globale la crescita dell’impresa è praticamente obbligatoria e questa richiede sempre più finanza, capitali cioè, di rischio o di finanziamento, che necessariamente poi influenzano le strategie e le scelte dell’impresa, spesso accentuando l’esigenza di risultati a breve scadenza o di strutture di costi riconosciute ottimali.

In sintesi, la finanza è necessaria al processo di generazione della ricchezza ma qualche volta è esigente, ogni tanto persino di
ttatoriale.

Quali sono i danni all’economia reale generati dalle speculazioni economiche?

Gotti Tedeschi: Le speculazioni che generano danni sono quelle dove si usano mezzi leciti (di mercato) applicati in modo distorto, barando cioè, per produrre illeciti risultati . Molti strumenti cosiddetti speculativi( finanziari, borsistici, societari..) di per sé possono esser anche opportuni, è sempre l’uso che se ne fa che li rende dannosi, creando normalmente rischi ingestibili o non prevedibili e facendo così cadere la fiducia verso gli strumenti e il mercato stesso. Questo è il maggior danno prodotto oltre alle perdite causate. Ma le conseguenze delle speculazioni e persino gli scandali che possono derivarne, non sono sintomo di crisi del capitalismo bensì sintomo di crisi morale di parte della classe dirigente.

Come realizzare un sistema di finanza etica?

Gotti Tedeschi: Insegnando a viverla. La responsabilità è sempre personale, l’etica è personale, la sua gestione è personale. Una Etica dichiarata, come un codice, affissa al muro d’ingresso ma non vissuta dalle persone, viene creduta solo se è forzata nella sua applicazione da controlli rigidi, ma l’efficacia del controllo dipende da quanto i controllori ci credono.

Il tutto si fonda sulla libertà, ma si regge sulla responsabilità. E la responsabilità si fonda solo sulla morale dell’individuo che, piaccia o meno, è il solo fondamento che ispira e guida l’uso degli strumenti che sono a disposizione per assicurare il bene dell’uomo.

Per realizzare questa responsabilità, l’etica famosa, di cui molti si riempiono la bocca in lezioni e conferenze, va vissuta anzitutto, e per viverla bisogna formarsi a viverla sempre e praticarla con unità di vita.

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ZENIT Staff

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