Chi ha il diritto di eleggere il nuovo Papa?

Per il momento voteranno nel Conclave 115 Cardinali dei cinque continenti

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 13 aprile 2005 (ZENIT.org).- Provenienti dai cinque continenti, 117 Cardinali della Chiesa cattolica hanno in questo momento il diritto di eleggere il successore di Giovanni Paolo II – poiché il giorno prima della morte del Papa non avevano compiuto ottant’anni –, anche se due di loro, per motivi di salute, si asterranno e non saranno presenti in Vaticano per partecipare al Conclave che inizierà il 18 aprile.

Le norme relative all’elezione del Papa, contenute nella Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo Ii “Universi Dominici gregis” del 22 febbraio 1996 (UDG), raccolgono la prassi millenaria della Chiesa, confermando che possono eleggere il Sommo Pontefice solo i “Padri Cardinali di Santa Romana Chiesa”.

In essi “s’esprimono, quasi in mirabile sintesi, i due aspetti che caratterizzano la figura e l’ufficio del Romano Pontefice”.

“Romano – ha spiegato Giovanni Paolo II nel documento –, perché identificato nella persona del Vescovo della Chiesa che è in Roma e, quindi, in rapporto stretto con il Clero di questa Città, rappresentato dai Cardinali dei titoli presbiterali e diaconali di Roma, e con i Cardinali Vescovi delle Sedi suburbicarie”.

“Pontefice della Chiesa universale – ha aggiunto – perché chiamato a fare visibilmente le veci dell’invisibile Pastore che guida l’intero gregge ai pascoli della vita eterna”.

In base alla UDG, che conferma quanto stabilito nel 1970 dal Papa Paolo VI, sono esclusi dal Conclave per l’elezione del Papa i porporati che “prima del giorno della morte del Sommo Pontefice” “abbiano già compiuto l’80° anno di età” (UDG, n. 33).

“La ragione di tale disposizione infatti è da cercare nella volontà di non aggiungere al peso di così veneranda età l’ulteriore gravame costituito dalla responsabilità della scelta di colui che dovrà guidare il gregge di Cristo in modo adeguato alle esigenze dei tempi”, ha spiegato Giovanni Paolo II (UDG, Introduzione).

Se si presentasse il caso, non avrebbero diritto ad eleggere il Papa nemmeno (UDG n. 36) “i Cardinali canonicamente deposti o che abbiano rinunciato, col consenso del Romano Pontefice, alla dignità cardinalizia”. Durante la Sede Vacante il Collegio dei Cardinali non potrebbe riammetterli o riabilitarli.

La UDG esclude assolutamente “il diritto di elezione attiva da parte di qualsiasi altra dignità ecclesiastica o l’intervento di potestà laica di qualsivoglia grado o ordine”.

L’elezione del Papa cominciò ad essere prerogativa esclusiva del Collegio dei Cardinali, inteso come organo collegiale rappresentante simbolicamente la Chiesa locale di Roma, e perciò deputato ad eleggere il proprio Vescovo, solo a partire dal 1059.

Mentre nei primi secoli l’elezione contemplava l’intervento della comunità dei fedeli, del clero locale, e dei Vescovi circonvicini.

Anzi quella di chiamare i fedeli in causa nell’elezione dei Vescovi sembra una pratica adottata fin dagli albori della Chiesa: “Aumentando ogni giorno il numero dei seguaci a Gerusalemme gli Apostoli convocarono la moltitudine dei fedeli e dissero: ‘Cercate, fratelli, tra di voi, sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo questo incarico” (Atti degli Apostoli 6,3).

Nella Costituzione Apostolica Giovanni Paolo II ha constatato che “l’universalità della Chiesa è” “ben raffigurata nella composizione stessa del Collegio Cardinalizio”, formato da 183 “Porporati di ogni continente”. Provengono da 66 Paesi – 52 dei quali hanno Cardinali elettori –: 95 Cardinali (58 dei quali elettori) vengono dall’Europa, 18 (14 elettori) dall’America del Nord, 31 (21 elettori) dall’America Latina, 16 (11 elettori) dall’Africa, 18 (11 elettori) dall’Asia e 5 (2 elettori) dall’Oceania.

Nessuno dei Cardinali elettori – in possesso cioè dei requisiti suddetti – “potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto”, afferma l’UDG (n 35).

Potrebbe, però, “autoescludersi “ dal Conclave un Cardinale con diritto di voto che si “rifiutasse di entrare nella Città del Vaticano per attendere ai lavori dell’elezione o in seguito, dopo che essa è cominciata, si rifiutasse di rimanere per adempiere al suo ufficio, senza manifesta ragione di malattia riconosciuta con giuramento dai medici e comprovata dalla maggior parte degli elettori”.

Questi, a quel punto (UDG, n. 40), “procederanno liberamente alle operazioni dell’elezione”, senza riammettere il Cardinale che si è assentato.

“Se, invece, un qualche Cardinale elettore è costretto ad uscire dalla Città del Vaticano per sopraggiunta infermità, si può procedere all’elezione anche senza chiedere il suo voto; ma se egli vuole rientrare nella suddetta sede dell’elezione, dopo la guarigione od anche prima, deve esservi riammesso”, chiarisce la norma.

“Inoltre – aggiunge –, se qualche Cardinale elettore esce dalla Città del Vaticano per qualche ragione grave, riconosciuta dalla maggioranza degli elettori, può ritornarvi, per riprendere parte all’elezione”.

Convocati dal Decano del Collegio Cardinalizio, tutti gli elettori “sono tenuti, in virtù di santa obbedienza, ad ottemperare all’annuncio di convocazione e a recarsi” in Vaticano.

E’ prevista un’eccezione per quanti siano “trattenuti da infermità o da altro grave impedimento” – che dovrà comunque essere riconosciuto dal Collegio dei Cardinali –, com’è attualmente il caso (per malattia) dei cardinali Jaime L. Sin, Arcivescovo emerito di Manila (Filippine), ed Alfonso Antonio Suárez Rivera, Arcivescovo emerito di Monterrey (Messico), che hanno comunicato di non poter prendere parte al Conclave.

“Se però dei Cardinali elettori arrivassero re integra, cioè prima che si sia provveduto ad eleggere il Pastore della Chiesa, essi saranno ammessi ai lavori della elezione, al punto in cui questi si trovano”, specifica il numero 39 della UDG riferendosi ai porporati che, giungendo in ritardo al Conclave, conservano il diritto di partecipare ai suoi lavori.

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ZENIT Staff

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