Cardinale Pell: quello del Papa, “uno dei più straordinari funerali della storia”

Intervista all’Arcivescovo di Sydney

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ROMA, lunedì, 11 aprile 2005 (ZENIT.org).- Il cardinale George Pell, Arcivescovo di Sydney, giunto a Roma per prendere parte al Conclave, nell’osservare la vasta presenza di leader politici e di fedeli che hanno voluto porgere il loro estremo saluto al Pontefice defunto, ha parlato del funerale di Giovanni Paolo II come di “uno dei più straordinari funerali della storia”.

In una intervista concessa a ZENIT, il porporato nel dirsi per nulla stupito della vasta eco prodotta dalla sua morte, ha sottolineato il profondo segno lasciato dietro di sé da Karol Wojtyla con il suo mettere in luce da subito i pericoli rappresentati dal dilagare del relativismo etico, e i vantaggi prospettati dal capitalismo e dalla democrazia.

Qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo della morte di Giovanni Paolo II?

Cardinal G. Pell: Ho avuto diverse reazioni. Mi trovavo con un gruppo di capi neocatecumenali e rettori di seminari in Terra Santa presso la meravigliosa Domus Galileae sulla Montagna delle Beatitudini, da cui si domina con lo sguardo il lago di Galilea, ed eravamo da una parte rattristati della perdita di una guida così straordinaria, e dall’altra confortati che le sue sofferenze fossero terminate e coscienti in quanto Cristiani di essere uniti nella fede di una vita dopo la morte.

Chiaramente provavamo tristezza ed avevamo la coscienza di una grande perdita.

In Australia, che si trova a metà per così dire fra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna in termini di religiosità e pratica della fede, cosa ha significato Giovanni Paolo II per la gente e per i cattolici?

Cardinal G. Pell: Le questioni qui sono due. Mentre guidavo per dirigermi dove mi trovo al momento a Trastevere, su una delle strade principali ho visto dei grandi poster con delle foto del Papa di quando era già anziano, con sopra una semplice scritta: “Un bravo uomo”; credo che la stragrande maggioranza degli australiani direbbe la stessa cosa: un buon uomo e un grande cattolico.

Mentre a riassumere benissimo il sentimento dei cattolici che hanno una pratica regolare della religione, credo sia stata Peggy Noonan, una delle autrici dei discorsi del Presidente Reagan, che cura attualmente una rubrica per il Wall Street Journal.

In un articolo scritto due o tre anni fa raccontò come Giovanni Paolo II aveva fatto sentire sia lei, che moltissimi altri cattolici, sicuri del fatto che la Chiesa fosse in buone mani – e che loro erano al sicuro. Al sicuro non da una minaccia esterna o da una disavventura, da scandali o crisi, ma nella coscienza che il Papa avrebbe sempre mantenuto una presa salda.

Questo è esattamente ciò che ho provato io sin dal primo momento, quando ho ascoltato la sua omelia inaugurale.

Lei ha detto di aver provato tristezza per la sua morte e al contempo sollievo per il fatto che le sue sofferenze fossero terminate. E i suoi ultimi anni e mesi, in particolare, erano stati imbevuti di sofferenza. Ora, tra i giovani che hanno seguito la Veglia di preghiera in piazza San Pietro nella notte della sua morte, tantissimi hanno affermato che questa era stata la sua ultima lezione: come soffrire. Qual è stato il significato della sofferenza nel pensiero di Giovanni Paolo?

Cardinal G. Pell: Qualcuno mi ha detto di recente che i suoi ultimi anni di sofferenza sono stati probabilmente la sua migliore omelia e che una delle differenze radicali fra l’approccio cristiano alla sofferenza e quello laico, è che coloro che non hanno fede in Dio tendono a fuggire dalla sofferenza e fanno finta che essa non esista. A volte ci sono cose come l’aborto o l’eutanasia che provano addirittura a negarla con fermezza.

Noi, in quanto cattolici, ci confrontiamo con la sofferenza e tentiamo di aiutare coloro che soffrono ma crediamo altresì che attraverso la sofferenza e la morte, prima di tutto, di Cristo, siamo stati redenti e salvati…in altre parole, dalla sofferenza può venire fuori del bene.

Tutto ciò che c’è nel mondo non è però costituito da bene. Dobbiamo riconoscere la sofferenza quando dobbiamo confrontarci con essa e seguire la bellezza dell’insegnamento di Gesù, secondo cui qualsiasi cosa facciamo per l’ultimo dei nostri fratelli o sorelle al fine di assisterli nella sofferenza, la facciamo a Cristo stesso.

Quali sono le questioni più importanti che Giovanni Paolo II ha affrontato nella seconda metà del suo pontificato e a cui forse la stampa non sta prestando la dovuta attenzione?

Cardinal G. Pell: Beh, mi viene da pensare alle grandi Encicliche morali come la “Evangelium Vitae” e la “Veritatis Splendor”….voglio dire che se non avesse scritto nient’altro durante il suo pontificato, sarebbe stato considerato uno straordinario maestro per aver sottolineato che non sono solamente le dottrine particolari ad essere minacciate all’interno della nostra società, ma anche la base fondamentale della moralità. E oltre a ciò anche il fatto che nel mondo post moderno si fa spazio l’idea secondo cui non vi è alcuna base morale e tutto ciò che noi dovremmo essere in grado di raggiungere è un semplice consenso temporaneo.

Il Papa ha criticato per lungo tempo l’ingiustizia sociale, ma ci sono anche altre due cose che noi dobbiamo comprendere, in special modo da un punto di vista occidentale, e che sono:

1) Il fatto che, a mio avviso, è stato il primo Papa ad avere affrontato in modo adeguato i vantaggi derivanti dal capitalismo. Il capitalismo ha sì creato difficoltà all’interno della vita familiare, del matrimonio, ma ha portato anche ad una diffusione della prosperità e non solamente in Occidente ma anche in molte parti della Cina, per esempio, cosa questa assolutamente senza precedenti. E il Papa, nelle sue ultime Encicliche, lo ha ammesso apertamente.

2) Il fatto che abbia esplicitamente riconosciuto l’importanza della democrazia. Da una parte egli ha messo sì in guardia le maggioranze democratiche sul pericolo di poter scadere in sistemi totalitari non riconoscendo i diritti umani, ma dall’altro ha anche appoggiato la democrazia come una forma di governo altamente auspicabile in modo molto più esplicito di quanto non avesse fatto ogni altro Papa in passato. E credo che in questo abbia agito molto bene.

Un’ultima domanda circa il funerale di Giovanni Paolo II e la lista di personalità che vi hanno preso parte. Fra i leader politici presenti in quell’occasione alcuni non hanno seguito alla lettera gli insegnamenti di questo Papa, mentre molti altri hanno mostrato delle chiare mancanze su ciò che il Papa insegnava in fatto, per esempio, di aborto, diritti umani, etc. Come spiegherebbe la vasta eco internazionale riscossa da questo funerale?

Cardinal G. Pell: Tanto per cominciare, credo che egli sia stato uno dei più straordinari, o probabilmente il più straordinario Papa in duemila anni di storia della cristianità. Ora può sembrare un’affermazione un po’ pesante ma è qualcosa che non faccio con molta leggerezza, e questo poiché grazie ai moderni mezzi di comunicazione e ai suoi viaggi, egli è stato portato ad un livello assolutamente gigantesco.

Voglio dire, se parliamo di Leone Magno a metà del V secolo e di Gregorio Magno alla fine del VI secolo, le tele su cui essi si muovevano – la penisola italiana; i territori al di là del Alpi; o il Nord Africa fino a comprendere parte della Grecia – formavano un mondo che era molto più limitato in confronto a quello di oggi.

E chiaramente molti capi politici, come è stato messo in luce dai diversi commentatori laici, hanno capito che il suo ruolo nel capovolgimento del comunismo, nel portare la pace alle genti dell’Europa orientale e alla Russia è stato importantissimo. È stata la sua visita in Polonia nel 1979 a far veramente risvegliare il popolo polacco. E quando la Polonia cominciò a muoversi,
tutto il castello di carte cominciò a cadere.

Molti dei capi comunisti compresero cosa stava avvenendo in particolar modo durante il suo viaggio, e provarono ad impedire alla gente di andare a Messa. Un Vescovo inglese raccontò una volta che si trovava in un hotel, situato in un villaggio a circa 20 km da Cracovia, quando venne svegliato nelle prime ore del mattino dal suono dei passi sulla strada.

Decine di migliaia di polacchi avevano fermato gli autobus molti chilometri prima e stavano ora camminando di notte.

Wojtyla disse loro che stavano vivendo una menzogna. E attraverso una congiunzione di forze altamente inusuale, vi era da una parte un uomo come Reagan alla guida degli Stati Uniti, dall’altra l’assistenza anche di una Margaret Thatcher nel Regno Unito. Avere un Papa e un Presidente americano pronti ad abbattere il regime comunista, allora barcollante, è stata una cosa straordinariamente singolare.

Poi, grazie alla Provvidenza, abbiamo avuto un uomo come Gorbaciov che rifiutò di fare uso della violenza pur di rimanere al potere. Quello fu un miracolo e penso sia stato proprio il Presidente della Polonia a dire di recente: senza questo Papa oggi noi non saremmo liberi.

Perciò, fondamentalmente, non credo sia sorprendente il fatto che si sia parlato di un milione e mezzo di polacchi giunti per il funerale. E’ stato uno dei più straordinari funerali della storia.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione