Dall’intrattenimento alla comunione: sale cinematografiche in parrocchia

Intervista con la professoressa Mariagrazia Fanchi dell’Università Cattolica di Milano

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MILANO, giovedì, 3 marzo 2005 (ZENIT.org).- In seguito ai rapidi sviluppi di questi anni e agli scenari aperti dalla cultura dei media la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) sta rilanciando il progetto culturale e pastorale delle Sale della Comunità, mirato a potenziare la formazione e l’intrattenimento attraverso il cinema.

Già nel 1982 la Commissione Episcopale per le Comunicazioni Sociali della CEI era intervenuta con uno specifico documento per indicare il ruolo della sala della comunità nella pastorale delle comunità ecclesiali

La professoressa Mariagrazia Fanchi, Ricercatrice e Docente di Analisi e Ricezione dei Media, che si occupa insieme ad altre persone di questo progetto, ha rivelato a ZENIT la sintonia esistente fra cinema e mondo giovanile.

In aprticolare, la Fanchi incoraggia la formazione dei giovani attraverso le sale cinematografiche parrocchiali, che in Italia sarebbe più di un migliaio.

Coautrice insieme ad Alberto Bourlot del volume intitolato “La sala della comunità”, edito in Italia dalla Effatà, la professoressa Fanchi spiega che queste sale, chiamate un tempo“cinema parrocchiali”, continuano a svolgere tuttora un ruolo molto importante sebbene la loro sopravvivenza sia messa in serio pericolo.

Non crede anche lei che, poiché i giovani amano tanto il cinema, sarebbe auspicabile che la pastorale giovanile si muovesse in questa direzione?

Mariagrazia Fanchi: Il cinema rappresenta senz’altro un’occasione preziosa di comunicazione con il mondo giovanile. Anche al di là del censimento sul pubblico delle sale della comunità, il profilo degli spettatori di cinema tout court si caratterizza per una presenza consistente delle fasce dei giovani e dei giovani adulti. Questi dati attestano una sintonia fra il medium cinema e i giovani che può essere opportunamente sfruttata come occasione di formazione e di catechesi.

Il progetto culturale delle Sale della Comunità si muove proprio in questa direzione, nello sforzo di trasformare un’esperienza puramente intrattenitiva in un momento di crescita e di comunione (penso ai cicli tematici, cioè alla scelta di pellicole anche in seconda visione o riprese) come parte, tappe di un percorso di presa di consapevolezza di un problema o di un aspetto particolare della realtà sociale e culturale.

Come spiegare ad un giovane il divario fra realtà e finzione?

Mariagrazia Fanchi: Questo è un nodo fondamentale e che richiede un progetto educativo nel campo della cultura delle immagini, capace di spiegare il funzionamento dei testi audiovisivi (e filmici nello specifico): come comunicano, quali strategie narrative e enunciazionali adottato, come prefigurano un percorso di visione all’interno del loro dispositivo comunicativo e poi che cosa significa verosimiglianza e quale rapporto sussiste fra verità e verosimiglianza, quanto pesano le determinazioni di genere nei processi di messa in forma della realtà e così via.

Sno competenze che gli spettatori più giovani possono facilmente acquisire attraverso anche l’istituzione di un’opportuna “cornice” intorno all’evento filmico (non necessariamente la presentazione e il dibattito, ma anche un testo che evidenzi alcuni e fondamentali punti, proponendoli alla riflessione individuale e di gruppo).

A suo avviso i giovani sono pronti a vedere qualsiasi film?

Mariagrazia Fanchi: Occorrerebbe precisare a quale età specifica ci si riferisce con il termine giovane. Vi sono strutture narrative complesse (ellissi, flash back, sviluppi non lineari dell’intreccio) che presuppongo competenze nello spettatore che il pubblico più giovane (in età prescolare ad esempio) non possiede e che naturalmente compromettono l’esperienza di visione. In termini di contenuti, invece, direi che valgono i principi del buon gusto e del buon senso, per altro estendibili a tutte le fasce d’età.

Si parla di film di valori, ma si assiste al fatto che film, spesso veicolo di contro-valori, riescono a fare molto presa sui giovani. Come approfittare di questa loro preferenza per formarli con criteri giusti?

Mariagrazia Fanchi: Anche in questo caso è risolutivo un progetto di educazione all’immagine che formi una coscienza critica, di carattere etico ed estetico, e che consenta di sfruttare l’esperienza di visione cinematografica (che continua a possedere un valore aggiunto in termini di attenzione, di coinvolgimento e di salienza rispetto alla fruizione di altri media audiovisivi, come ad esempio la televisione) come occasione formativa per acquisire la sensibilità e le competenze atte a relazionarsi in modo progettuale e positivo, per sè e per la propria crescita come persona, con i testi e i prodotti dell’industria culturale.

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ZENIT Staff

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