ROMA, venerdì, 3 settembre 2004 (ZENIT.org).- La notizia diffusa il 31 agosto secondo cui la magistratura olandese avrebbe autorizzato la clinica universitaria della città di Groningen (Azg) a praticare l’eutanasia su bambini sotto i 12 anni di età, inclusi i neonati, ha scatenato in Italia un acceso dibattito.
Il ministro della salute Girolamo Sirchia, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (Fnom) e un gran numero di associazioni tra cui il Movimento italiano genitori (Moige), l’Osservatorio sui Diritti dei Minori, l’Associazione nazionale tumori (Ant), il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) il centro di Bioetica dell’Università Cattolica di Roma, hanno respinto con indignazione la decisione olandese.
Per cercare di chiarire le implicazioni ed i limiti di quella che sembra un’ulteriore discesa verso forme di “pratica eugenetica”, ZENIT ha intervistato padre Gonzalo Miranda, L.C., Preside della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma.
“Purtroppo – ha affermato da subito padre Miranda – tutte le preoccupazioni sollevate in merito alla legislazione olandese sull’eutanasia si stanno tragicamente verificando”.
Cosa intende dire?
Padre G. Miranda: Questo provvedimento che permette l’applicazione dell’eutanasia a tutti i nati é una dimostrazione che la famosa teoria del “pendio scivoloso” era corretta.
Una volta che si stabilisce il principio che puoi uccidere un essere umano perché soffre, allora logicamente lo estendi a tutti quelli che soffrono. Se uccidi un essere umano che lo chiede, lo puoi applicare a tutti gli esseri umani che lo chiedono, anche se non soffrono.
Quando si è cominciato a discutere di eutanasia in Olanda ed in altri Paesi, molti hanno sollevato il pericolo di scivolare verso il peggio, e i difensori del provvedimento hanno detto che non sarebbe accaduto, e invece…. molti hanno poi iniziato nel 1993 con la depenalizzazione dell’Eutanasia, ed in seguito è venuta la legge che è stata estesa ai bambini di 12 anni in su.
Nonostante l’opposizione dell’opinione pubblica, ad appena due anni da quella legge siamo già all’applicazione a tutti i nati senza nessun tipo di consenso informato da parte dell’interessato.
Vorrei sottolineare che si tratta dell’uccisione volontaria di un essere umano che non si può pronunciare. Uccisione volontaria di un essere umano che non può dire che cosa pensa.
Il Pontefice Giovanni Paolo II è intervenuto spesso per mettere in guardia la comunità internazionale dai pericoli della “cultura della morte”. Che cosa è questa cultura della morte?
Padre G. Miranda: Non si tratta di dire che la nostra società è assetata di sangue e di morte, non è questo, piuttosto è una cultura dove la morte è vista come la soluzione, per problemi che non sappiamo gestire altrimenti.
Problemi che non sappiamo gestire perché abbiamo perso la generosità, la capacità di accompagnare chi soffre.
In questo caso è evidente: si dà la morte come soluzione ai bambini che soffrono. L’alternativa sarebbe quella di accompagnare questi bambini, aiutarli a non soffrire e questo costa sia economicamente che emotivamente.
Ma la sofferenza estrema può portare le persone a chiedere la morte?
Padre G. Miranda: Un conto è dire, in momenti di disperazione, che uno desidera la morte, e questo è un sentimento umano. Un’altra cosa è decidere di ucciderlo.
Chi può decidere che la tua vita non vale la pena di essere vissuta, che la cosa migliore che si possa fare è che tu muoia? Qui non si tratta di un’invocazione della morte, ma dell’uccisione volontaria dell’altro.
Il desiderio emotivo, psicologico della morte lo troviamo anche nella Sacra Scrittura. Anche Geremia e Giobbe, stravolti dalla sofferenza, maledicono il giorno della propria nascita “…perché non mi fece morire nel grembo materno; mia madre sarebbe stata la mia tomba per sempre. Perché mai sono uscito dal seno materno, per vedere tormenti e dolore e per finire i miei giorni nella vergogna?” (Ger 20,14-18).
E ancora: “…perché dare la luce a un infelice e la vita a chi ha l’amarezza nel cuore, a quelli che aspettano la morte e non viene, che la cercano più di un tesoro, che godono alla vista di un tumulo, gioiscono se possono trovare una tomba” (Gb 3,20-22).
Si tratta di un sentimento umano che può venire in mente a chiunque. Mentre qui è Caino che decide l’assassinio del fratello.
Adesso il medico insieme ai genitori potrà decidere di eliminare i bambini, che secondo loro non devono vivere.
Diversi articoli pubblicati dalla stampa hanno riportato le dichiarazioni di un medico olandese il quale sostiene che si tratta di una procedura che sarà svolta con molto rigore. Qual è il suo giudizio?
Padre G. Miranda: La cosa è molto pericolosa, perché si parla di un rigore tecnico, non di un rigore morale. Significa applicare procedure tecniche rigorose. Anche i nazisti procedevano a praticare l’eutanasia con estremo rigore.
Nei primi anni Novanta fui invitato ad una riunione mondiale di neurochirurghi per discutere su cosa fare quando nasce un bambino con una malattia che si chiama mielomelingocele. Una malattia neurologica molto grave.
Dal dibattito emersero due posizioni contrapposte. Da una parte un medico israeliano che interveniva chirurgicamente sui bambini con risultati eccellenti. I pazienti dovevano essere seguiti nel tempo ma conducevano una vita piuttosto normale.
Dall’altra parte un medico olandese che ha spiegato come nella clinica dove lavorava i bambini affetti da questa malattia venivano eliminati con la somministrazione di una sostanza letale.
Solo dopo aver ascoltato una relazione su che cosa è la persona umana, quest’ultimo medico confessò che forse bisognava mettere in discussione tale pratica.
Di fronte alla stessa malattia, alcuni medici intervenivano e guarivano ed altri invece decidevano per l’uccisione, che ora è anche legale.
L’aspetto più raccapricciante di questa storia è vedere con quale superficialità e banalità si decida di uccidere dei bambini.
Da un punto di vista civile e morale come si può valutare questa decisione presa dalla magistratura olandese?
Padre G. Miranda: Si stanno comportando come si faceva a Sparta, uccidono i bambini con criteri selettivi. Le battaglie fatte per secoli sulla rivendicazione dei diritti umani sembrano cancellate di fronte a queste decisioni.
Siamo di fronte alla negazione del pensiero giudaico-cristiano. Nella tradizione del pensiero occidentale una persona ha un valore intrinseco per il semplice fatto di essere un essere umano.
La dichiarazione dei Diritti dell’Uomo sostiene all’articolo 2 che i diritti vengono applicati a tutti senza nessuna distinzione e condizione di sorta; qui invece l’essere umano “vale” a secondo delle sue condizioni fisiche e psichiche.
Nel momento in cui si considera che per le sue condizioni “non vale”, allora viene eliminato, insomma, qualcuno decide di ucciderlo.
In molti hanno sollevato l’accusa di un riemergere della mentalità eugenetica
Padre G. Miranda: Questa mentalità eugenetica è già applicata con la pratica dell’aborto. Se ci fosse stata una diagnosi che avesse scoperto la malattia durante la gravidanza, probabilmente il bambino non sarebbe mai nato.
Siccome è sfuggito a quel controllo allora si fa l’eutanasia dopo la nascita. Si tratta di una pratica con cui vengono eliminati gli esseri umani considerati “non validi”. Esattamente una pratica eugenetica di eliminazione di quello che alcuni valutano come “difettoso”.
Il quotidiano romano “La Repubblica” (31 agosto 2004) sostiene che quella olandese “sarebbe una s
ituazione ben diversa dall’eugenetica nazista” perché “i medici hitleriani sopprimevano a forza con iniezioni letali bimbi sani perché ebrei o zingari”…
Padre G. Miranda: Purtroppo l’articolo pubblicato da “La Repubblica” riporta informazioni errate. Anche in Olanda si sopprimono bambini con iniezioni letali. Inoltre l’autore dell’articolo forse non sa che il programma di eutanasia di Hitler era rigorosamente riservato ai tedeschi, e solo più tardi venne esteso alle altre etnie.
<br> Il programma nazista era finalizzato ai bambini nati con malattie che, secondo il loro punto di vista, ne minacciavano l’integrità fisica.
Il primo caso di eutanasia fu praticato su un bambino che aveva il labbro leporino. Avvenne su richiesta dei genitori, i quali, temendo che avrebbe avuto una vita infelice, chiesero aiuto ai dottori del regime hitleriano, che consigliarono l’Eutanasia.