Testimonianze all'incontro dei nomadi con Benedetto XVI

ROMA, domenica, 12 giugno 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le testimonianze che si sono alternate questo sabato durante l’incontro nell’Aula Paolo VI di Benedetto XVI con i rappresentanti delle diverse etnie di Zingari e Rom provenienti da tutta Europa.

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[Carlo Mikic, giovane italiano appartenente al gruppo dei Rom Rudari]

Santo Padre, sono molto contento ed emozionato di essere qui oggi con lei e di prendere la parola! Mi chiamo Carlo, ho 18 anni e sono un rom e un cittadino pienamente europeo: ho genitori venuti dalla Jugoslavia e sono nato e ho sempre vissuto a Roma. Sono cresciuto in quelli che chiamano campi nomadi e non è stato semplice. Quando sei un bambino che vive in un campo, a scuola non sei considerato come tutti gli altri. Quando cresci e cerchi un lavoro e nei documenti vedono nell’indirizzo “campo nomadi”, ti dicono “no! grazie!. Lo so ci sono dei rom che sbagliano, che si comportano male, ma la responsabilità è sempre personale e la colpa non è mai di un’etnia o di un popolo.

Noi rom, soprattutto giovani, pensiamo al futuro e sogniamo di poter studiare, lavorare, abitare in una casa, di avere dei documenti. Sembrano cose banali e scontate, ma per troppi zingari non lo sono ancora. Io sono nato a Roma, anche se purtroppo non sono ancora cittadino italiano, qui ho studiato, ho tanti amici, e qui sto cercando un lavoro, vorrei mettere su famiglia e vivere la mia vita.

Quando penso al futuro, penso a città e paesi dove ci sia posto anche per noi, a pieno titolo, come cittadini come tutti gli altri, non come un popolo da isolare e di cui avere paura.

Credo che tutti abbiamo la responsabilità di costruire questo futuro nuovo; rom e gage’ insieme! Ringrazio la Chiesa che insegna a tutti a essere fratelli e sorelle e il Papa che oggi ci ha voluto qui con lui a San Pietro! Grazie!

[Pamela Suffer, donna cattolica italiana appartenente al gruppo dei Sinti]

Beatissimo Padre,

La ringrazio per questo invito eccezionale! Mi chiamo Pamela, ho 28 anni sono italiana e appartengo alla comunità dei Sinti. La mia famiglia è in Italia da molti secoli. Oggi ho anch’io una mia famiglia, un marito e due bellissimi bimbi. E’ sempre a loro che penso, al loro futuro, a come cresceranno e a come vivranno. I bambini sono la speranza delle nostre famiglie e del nostro popolo, ma sono anche molto fragili. Vorrei per i miei figli e per tutti i bambini Rom e Sinti un futuro di pace e serenità, in cui possano crescere e vivere insieme agli altri bambini d’Europa e del mondo senza essere esclusi e discriminati.

Anche se ho sempre vissuto in un campo, mi ritengo fortunata, ho potuto studiare e sono cittadina, quindi ho documenti e diritti. Quando sono in città nessuno si accorge che sono sinta. E succede anche che qualcuno mi parla male dei “gli zingari”! Santo Padre, sono stata educata alla fede dai miei genitori e ho fatto il catechismo e la comunione con i miei amici della Comunità di Sant’Egidio. Sinceramente davanti al Signore Gesù non mi sono mai sentita diversa, estranea. Io so che l’uomo guarda l’apparenza, ma il Signore guarda il cuore e Lei oggi ce lo dimostra.

So che il beato Zeffirino, un gitano come noi, è riuscito a vivere una vita buona, pur essendo un uomo semplice e mite: credo che dobbiamo ancora imparare tanto da lui. Padre Santo, voglio ringraziarla per questa occasione con un nostro antico augurio: “Kon lacipè kerel, arakhel les o Del. “/ (Colui che fa del bene, è protetto da Dio)

Grazie.

[Atanazia Holubova, donna zingara slovacca divenuta suora basiliana]

Santo Padre,

la ringrazio per questa storica occasione di essere qui con Lei, insieme a molti zingari provenienti da tutta Europa. Il mio nome è Atanazia Holubova e sono una suora dell’Ordine di San Basilio Magno. Con il cuore colmo di gratitudine e umiltà ringrazio Dio Padre di avermi chiamato. Penso che Dio abbia adempiuto le sue parole scegliendo il “debole per confondere i forti”. Vengo da un piccolo villaggio, da una grande famiglia di zingari della Slovacchia orientale. I miei genitori credevano in Dio, ma non prendevano parte regolarmente alle celebrazioni in chiesa, eccetto che durante la Pasqua. Nei miei anni da adolescente ho conosciuto un prete e un gruppo di giovani cristiani. C’incontravamo segretamente sotto il totalitarismo. Per la prima volta sperimentai la gioia e la comunione fondata su Gesù Cristo. A loro non interessava che fossi una zingara. Andavamo a Messa ogni giorno e incontrare delle suore per la prima volta mi aveva fatto sentire che Dio mi stava chiamando per servirlo da suora. Sentii che mi stava chiamando per aiutare gli zingari a trovare la loro via a Lui e scoprire la vera gioia.

Così dopo aver terminato la scuola medica secondaria mi unii segretamente all’Ordine per divenire una suora. Sono stata benedetta da Dio durante la mia vita in famiglia e fra gli zingari dove mi aveva mandato. Spero realmente che il Vangelo e l’amore di Gesù possano raggiungere presto molti dei nostri fratelli e sorelle zingari che non lo conoscono ancora e che possiamo essere testimoni fedeli ed ardenti di ciò che abbiamo visto e ricevuto dalla madre Chiesa. Grazie.

[Traduzione dall’inglese a cura di ZENIT]

[Ceija Stojka, superstite austriaca dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau e Bergen-Belsen]
Santo Padre! Mi chiamo Ceija Stojka. Quando sono nata in Austria la mia famiglia contava più di 200 persone. Solo sei di noi sono sopravissuti alla guerra e allo sterminio. Quando avevo 9 anni fui deportata con la mia famiglia prima ad Auschwitz, poi a Ravensbrück ed a Bergen-Belsen. Ero bambina e dovevo vedere morire altri bambini, anziani, donne, uomini; e vivevo fra morti e i quasi morti nei campi. E mi chiedevo: perché? Che cosa abbiamo fatto di male? Sento gli strilli delle SS, vedo le donne bionde, le “Aufseherinnen” (guardie/sorveglianti) con i loro cani grandi che ci calpestavano, sento ancora l’odore dei corpi bruciati.Come posso vivere con questi ricordi?! Come posso dimenticare quello che abbiamo vissuto?!

Non è possibile dimenticarlo! E l’Europa non deve dimenticarlo!

Oggi Auschwitz e i campi di concentramento si sono addormentati, e non si dovranno mai più svegliare. Ho paura però, che Auschwitz stia solo dormendo.

Per dire la verità: non vedo un futuro per i Rom. L’antigitanismo e le minacce in Ungheria, ma anche in Italia ed in tanti altri posti mi preoccupano molto e mi rendono triste triste!

Ma vorrei dire che i Rom sono i fiori in questo mondo grigio. Hanno bisogno di spazio e di aria per respirare.

Se il mondo non cambia adesso, se il mondo non apre porte e finestre, se non costruisce la pace — la pace vera! — affinché i miei pronipoti (il quarto nascerà fra alcuni mesi) abbiano una chance a vivere in questo mondo, allora non so spiegarmi il perché sono sopravissuta ad Auschwitz, Bergen-Belsen e Ravensbrück.

Oggi vedo qui riuniti tante sorelle e fratelli Rom e Sinti da tutta Europa insieme al Papa: questa è un’immagine di gioia e di speranza per il futuro!

Grazie Santità!

[Fonte: “Il sismografo”]

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ZENIT Staff

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