Signoraggio bancario concausa della crisi? (Seconda parte)

Gli effetti del clima da “Farwest” che ha dominato l’intermediazione finanziaria degli ultimi anni

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Ciò ha un’ulteriore non trascurabile conseguenza: la moneta in circolazione nell’ambito dei paesi aderenti al sistema dell’euro (e quindi anche in Italia) non sarebbe di proprietà della collettività dei cittadini di quei paesi, con la conseguenza che ciascuno di costoro potrebbe eventualmente rivendicarne, pro quota, il reddito derivante dalla stampa e dalla circolazione di detta massa monetaria, oggi invece percepito dalla Banca Centrale Europea e poi ridistribuito tra le diverse Banche centrali nazionali.   

La Banca Centrale, infatti, acquista titoli comprandoli dai privati e pagandoli con emissione di moneta. L’emissione avviene in funzione dei compiti suoi propri che non sono che quelli che gli vengo attribuiti dal Trattato istitutivo, ovvero, di conservare il potere d’acquisto della moneta circolante.  Bene precisato quanto segue,  penso sia sgombrato il campo da ogni dubbio circa la pretesa che, in tale fase storica, il signoraggio sia causa della crisi. La crisi attuale che, infatti, origina dalle banche ha forse avuto in  un freno nella organizzazione attuale del sistema monetario, che ha imposto agli stati, privati del potere si stampare moneta  una politica di freno alla spesa pubblica.   

Ma ragioniamo ancora. Approfondiamo il tema del signoraggio nell’ipotesi in cui il potere, invece che essere attribuito ad un istituto indipendente, cosi come avviene oggi per l’Euro, venga invece conferito al Governo (o da esso in qualche modo venga a dipendere), come avviene negli Usa o, ad esempio, per la Gran Bretagna. In tal modo vediamo se il signoraggio abbia invece costituito in altri paesi il problema, e da lì sia stato la causa dell’esplosione della crisi. Prendiamo ad esempio due paesi: Usa e Gran Bretagna.   

Muoviamoci per affrontare il tema da una premessa: quello che a tutti interessa è certamente il potere di acquisto della moneta che, in termini matematici può essere scritto come  un rapporto tra M, la quantità di moneta esistente e P, il livello generale dei prezzi (in formule M/P). Adesso, se un governo è in grado di controllare il numeratore (M cioè la creazione di nuova base monetaria), non è però certo in grado di controllare il denominatore (ovvero, l’indice generale dei prezzi) che cresce al tasso di inflazione. Per valori bassi dell’inflazione, il finanziamento di una piccola quota del deficit statale  tramite emissione di moneta, fa aumentare il valore reale del signoraggio; ma per livelli crescenti del tasso di inflazione il valore reale del signoraggio aumenterà sempre meno finché inizierà a diminuire, invertendo la tendenza. Questo livello massimo di signoraggio reale corrisponde ad una soglia massima di tolleranza che il sistema economico è disposto a subire senza avvitarsi in una spirale iperinflazionista: se il governo tenterà di oltrepassare questa soglia l’inflazione andrà fuori controllo. Nella sostanza, anche il signoraggio è controllabile, ed esiste una misura oltre il quale stampare moneta non ha altra conseguenza che accendere l’inflazione.   

Allora, per tirare le fila del discorso fatto, se andiamo a vedere la dinamica dei tassi d’interesse seguita dagli Usa e dalla Gran Bretagna, vediamo come la lunga gestione di Alan Greenspan alla Fed ha garantito tassi di interesse molto bassi, e conseguentemente ha tenuto basso il signoraggio. Completiamo la sintetica analisi, con un’altra questione spesso confusa con il signoraggio. Quella in cui un paese finisce per adottare una moneta diversa, non emessa dalle proprie autorità monetarie, e che quindi rinuncia totalmente ad un qualsiasi reddito da signoraggio. Il caso può somigliare a quello dei paesi dell’Euro che hanno scelto di rinunciare alla sovranità monetaria delegando alla Banca centrale europea la politica monetaria e, tale similitudine si rafforza quando si osserva come il modello della Bce sia in effetti ritagliato sulle esigenze della Germania.

Nel mondo esistono diverse situazioni del genere, e gli economisti hanno studiato la questione, con particolare riferimento con la c.d. “dollarizzazione”, ovvero la sostituzione della moneta locale con il dollaro statunitense. Le conseguenze di una tale politica espone a due tipi di perdite relative al signoraggio: da un lato a mano a mano che si ritira dalla circolazione la moneta nazionale cambiandola con la divisa straniera, le autorità monetarie devono ricomprare la massa di moneta di proprietà del pubblico e delle banche, restituendo i diritti di signoraggio che si erano accumulati con il tempo. Inoltre le autorità monetarie perdono i guadagni relativi al signoraggio nel futuro. Nel contempo, lo stato di cui si è adottata la moneta (gli Stati Uniti nel caso della dollarizzazione) aumenta le proprie entrate relative al signoraggio.  

Per l’Euro la questione è stata risolta con la retrocessione degli utili alle banche nazionali, ma nel mondo esistono diversi precedenti. Ad esempio, gli accordi sottoscritti tra il Sudafrica e altri tre stati africani che utilizzano il rand come valuta avente corso legale (Lesotho, Namibia e Swaziland). Gli Stati Uniti, invece, non hanno sottoscritto fino a oggi alcun accordo simile con Panama o con altri paesi in cui il dollaro ha corso legale. Ciononostante, al Senato degli Stati Uniti sono state presentate proposte legislative relative al rimborso dei diritti di signoraggio. Come si vede, nulla di nuovo sotto il sole!

La crisi attuale genera, in definitiva, da tutt’altro comportamento. Lo sfrenato avventurismo finanziario che, complici una politica monetaria di denaro facile, ha caratterizzato il comportamento delle banche dell’Occidente. Da qui l’origine di una crisi che ha messo in discussione molte delle verità che stavano a caposaldo delle scelte dei politici. Prima tra tutte l’orgia della deregolamentazione. Ma di questo mi consentirete un rinvio al mio vecchio libro: Crack Finanziario, edito da Pagine. 

(La prima parte è stata pubblicata ieri, domenica 7 luglio)

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Enea Franza

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