Quando la Chiesa tedesca scomunicò il nazismo

Rilevante scoperta fatta dalla Pave the Way Foundation

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di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 1° ottobre 2009 (ZENIT.org).- Altro che Papa di Hitler. Altro che volenterosi collaboratori del nazismo. Alcuni documenti trovati in Germania dalla Pave the Way Foundation (PTWF) provano che già dal settembre del 1930 i Vescovi cattolici scomunicarono il Partito Nazista di Hitler.

Dai documenti trovati da Michael Hesemann, collaboratore della PTWF, risulta che nel settembre del 1930, tre anni prima che Adolf Hitler salisse al potere, l’arcidiocesi di Magonza condannò in forma pubblica il Partito Nazista.

Secondo le norme pubblicate dall’Ordinariato di Magonza era “vietato a qualsiasi cattolico iscriversi nelle fila del partito nazionalsocialista di Hitler”.

“Ai membri del partito hitleriano non era permesso prendere parte in gruppo a funerali o altre simili funzioni cattoliche”. Inoltre, “finchè un cattolico rimaneva iscritto al partito hitleriano non poteva essere ammesso ai sacramenti”.

La denuncia dell’arcidiocesi di Magonza venne riportata in prima pagina da “L’Osservatore Romano” con un articolo pubblicato l’11 ottobre del 1930.

Il titolo dell’articolo è “Il partito di Hitler condannato dall’autorità ecclesiastica”.

Allora, venne dichiarata l’incompatibilità della fede cattolica con il nazionalsocialismo. Nessuna persona che si dichiarava cattolica poteva diventare membro del Partito Nazista, pena l’esclusione dai sacramenti.

Nel febbraio del 1931 fu la diocesi di Monaco a confermare l’incompatibilità della fede cattolica on il partito nazista.

Nel marzo del 1931 anche le diocesi di Colonia, Paderrborn e delle province renane, denunciarono l’ideologia nazista, vietando in forma pubblica ogni contatto con i nazisti.

Indignati e furiosi per la scomunica emessa dalla Chiesa cattolica, i nazisti inviarono Hermann Göring a Roma con la richiesta di udienza al Segretario di Stato Eugenio Pacelli. Il 30 aprile del 1931, il Cardinale Pacelli si rifiutò di incontrare Göring, il quale fu ricevuto dal Sottosegretario monsignor Giuseppe Pizzardo con l’incarico di prendere nota di ciò che i nazisti chiedevano.

Nell’agosto del 1932, la Chiesa cattolica scomunicò tutti i dirigenti del Partito Nazista. Tra i principi anticristiani denunciati come eretici, la Chiesa cattolica tedesca menzionò esplicitamente le teorie razziali ed il razzismo.

Sempre nell’agosto del 1932, la Conferenza Episcopale Tedesca pubblicò un dettagliato documento in cui dava istruzioni su come relazionarsi con il Partito Nazista.

Nel documento è scritto che era assolutamente vietato per i cattolici diventare membri del Partito nazionalsocialista. Chi disobbediva veniva immediatamente scomunicato.

Nel documento della Conferenza Episcopale trovato dalla PTWF è scritto che “tutti gli Ordinari hanno dichiarato illecito l’appartenere al Partito Nazista”, perchè “le manifestazioni di numerosi capi e pubblicisti del partito hanno carattere ostile alla fede” e “sono contrarie alla dottrine fondamentali ed agli indirizzi della Chiesa cattolica”.

Nel gennaio del 1933 Adolf Hitler giunse al potere e le organizzazioni cattoliche tedesche diffusero un volantino intitolato “Un appello serio in un momento grave”, in cui consideravano la vittoria del Partito nazionalsocialista “un disastro” per il popolo e per la nazione.

Il 10 marzo del 1933, la Conferenza Episcopale Tedesca riunita a Fulda scrisse un appello al Presidente della Germania, il generale Paul L. von Beneckendorff und von Hindenburg, per esprimere “le nostre preoccupazioni più gravi che sono condivise da ampi settori della popolazione”.

I Vescovi tedeschi si rivolsero a von Hindenburg manifestando il timore che i nazisti non avrebbero rispettato “il Santuario della Chiesa e la posizione della Chiesa nella vita pubblica”.

Per questo chiesero al Presidente una “urgente protezione della Chiesa e della vita ecclesiastica”.

Tuttavia, i Vescovi cattolici non furono ascoltati.

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ZENIT Staff

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