"Poter dire a Dio Padre, è il grande dono di Gesù"

Spunti per l’omelia a cura della Congregazione per il Clero per la XVII Domenica del Tempo Ordinario – C

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Qual è l’azione più importante di ogni buon samaritano? Far riconoscere il volto di Dio Padre dietro ad ogni gesto d’amore. Il silenzio di Maria, che muore a se stessa per essere totalmente disponibile all’insegnamento di Gesù, è il silenzio dei figli che possono  dire “Abbà Padre”.

Il Signore Gesù insegna ai suoi discepoli la preghiera. Un dialogo diretto con il Padre e noi, suoi figli. Pregare il Padre, ci apre alla duplice consapevolezza di essere figli e fratelli, ossia di essere i destinatari di un amore che ci precede sempre e, allo stesso tempo, di non esserne i beneficiari esclusivi, perché la figliolanza implica la fraternità. La preghiera non può essere vera senza il “tu” di Dio, come non può essere vera senza il “noi” della comunione.

Poter dire a Dio “Padre”, è il grande dono di Gesù. Siamo figli nel Figlio. Lo Spirito che ci è stato dato grida in noi: “Abbà Padre”. Ogni volta che recitiamo questa preghiera, ricordiamo a noi stessi la nostra vocazione, da dove veniamo e verso dove siamo diretti. Non siamo figli del caos, del nulla, non siamo destinati a vagare per sempre senza meta, veniamo dal Padre e a Lui torniamo.

Poter dire a Dio “Padre”, ci svela la menzogna del serpente, fa saltare la cattedra del nemico che vuole insegnarci la sua melensa dottrina, nella quale Dio viene presentato come invidioso dell’uomo. Per Satana, Dio sarebbe un giudice severo, indifferente verso ciò che ci  affligge, addirittura la causa stessa del male. Il Padre, secondo ciò che suggerisce il nemico, non ascolta, non interviene. La preghiera che Cristo ci ha insegnato, invece, svela che Dio è il Padre della misericordia, il suo sorriso paterno è sempre pronto ad accoglierci quando pentiti ritorniamo a Lui. La vita non è altro che ricerca e desiderio di verità, di bellezza, ricerchiamo e desideriamo il Padre che ci ha disegnati sul palmo della sua mano.

Dio non è invidioso, ma desideroso della nostra felicità, non è un giudice inflessibile ma giusto nella sua misericordia, non è indifferente ma premuroso, non causa il male ma aiuta a superare il male, non è sordo o pigro ma ha sempre in vista un bene maggiore per ciascuno di noi. Il Figlio unigenito e lo Spirito Santo testimoniano che tutto questo è vero!

Quel Dio che nessuno poteva nominare e vedere, ci è stato rivelato dal Figlio, Cristo Gesù, ed ora, destinatari del dono dello Spirito, lo possiamo riconoscere e amare.

Poter dire a Dio “Padre”, ci ricorda che dobbiamo essere piccoli, dobbiamo conservare lo slancio dei bambini che hanno la consapevolezza di non essere nulla senza il genitore, conservare quell’affetto che ci fa essere uniti al Padre e mai distanti.

Poter recitare la preghiera del Padre Nostro conferma ogni giorno la paternità divina e la nostra incancellabile figliolanza di grazia. Poter dire a Dio “Padre”, ci ricorda che Egli lo è sempre, e che per sempre il Figlio unigenito si è fatto come noi e, pertanto, ci è stata data la possibilità di ricevere lo Spirito, amore del Padre e del Figlio.

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ZENIT Staff

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