La famiglia naturale alla base dello sviluppo sostenibile (Seconda Parte)

L’Arcivescovo Francis Assisi Chullikatt spiega lo sviluppo sostenibile dal punto di vista della Santa Sede

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di Antonio Gaspari

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 28 giugno 2012 (ZENIT.org).- Da un paio di decenni c’è chi equivoca sul significato dello sviluppo sostenibile. Per alcuni la sostenibilità si raggiunge imponendo crudeli programmi di riduzione e selezione della nascite. Altri si rifanno al significato originario di “sviluppo durevole”.

La Santa Sede ha elaborato un punto di vista più avanzato e lo ha presentato alla Conferenza internazionale Rio+20. In questa seconda parte dell’intervista l’Arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, Osservatore Permanente della santa Sede presso Le Nazioni Unite, spiega il punto di vista della Chiesa Cattolica.

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Come e perchè la famiglia è rilevante per lo sviluppo sostenibile?

E nella famiglia dove la vita, la crescita e lo sviluppo cominciano e dove i bambini vengono educati ad accettare a vivere con un atteggiamento professionale e etico. Questo significa assumere liberamente un atteggiamento responsabile in un contesto di autentica solidarietà tra le persone e con il creato. L’unicità di un’istituzione come la famiglia, l’obbligo legale di proteggerla, la sua importanza per lo sviluppo sostenibile, l’eliminazione della povertà e l’opportunità definita come economia verde possono essere riassunte come segue:

La famiglia è una comunità che promuove la solidarietà

La famiglia è una comunità in cui convivono amore, armonia e solidarietà. Fondata sul legame duraturo di comunione tra marito e moglie. Un legame particolarmente adatto per sua natura a far nascere i bambini, insegnare il rispetto, la distinzione e la complementarità tra i due sessi, insegnare e trasmettere i valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo integrale e il benessere dei bambini, di estese relazioni familiari e della società. (Preambolo E, Carta dei Diritti della Famiglia).

La famiglia è un’istituzione sociale unica

<p>La famiglia è un’istituzione sociale unica che coltiva nei suoi membri un senso profondo della dignità intrinseca di ogni persona, da cui derivano i diritti e i doveri.

In questo modo ogni membro della famiglia sviluppa il senso della dignità acquisita, che giunge a compimento con una personalità pienamente sviluppata e armoniosa, educata e formata in autentica libertà e vita responsabile

La famiglia si arricchisce grazie alle relazioni inter e intra-generazionali

La famiglia arricchisce ed estende la solidarietà tra le generazioni. Contribuisce alla trasmissione dei valori che aiuta a far crescere le persone in saggezza, per promuovere una gestione sostenibile dell’ambiente, delle risorse naturali, e della destinazione universale dei beni, garantendo al tempo stesso che la dignità della persona non venga violata nel tentativo di preservare l’ambiente.

La famiglia è la principale agente di pace

La famiglia è un protagonista di pace in quanto testimonia l’amore che nutre i suoi membri, crea e mantiene l’unità e l’armonia ed è fondamentale per la costruzione della pace nella società.

La famiglia è un’unità economica fondamentale

La famiglia è un’unità economica che genera e forma il capitale umano. In questo modo alimenta i lavoratori, i consumatori e i fornitori di servizi, soprattutto per quanto riguarda i membri più vulnerabili della società.

E’ deplorevole che il ruolo della famiglia, così come la Santa Sede lo ha indicato, non è stato pienamente riconosciuto nel documento finale, pur essendo stato proposto più volte dalla delegazione della Santa Sede.

Quali sono state le vostre principali preoccupazioni per quanto riguarda il documento finale?

Il documento finale è il risultato di una serie di complessi negoziati multilaterali che è durato quasi un anno. Non è un documento perfetto. Tuttavia, se la comunità internazionale disporrà della necessaria volontà politica e si impegnerà all’attuazione rigorosa delle misure indicate, potrà renderlo fecondo.

I negoziati e le discussioni per arrivare al documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, hanno fornito un’occasione unica alla Santa Sede e ai membri della comunità cattolica riuniti a Rio, di articolare un buon messaggio per la comunità internazionale.

La buona novella nasce dalla carità e dalla preoccupazione per i nostri fratelli e le nostre sorelle impegnate in relazioni di amore profondo e di autentica solidarietà per tutte le persone al mondo..

Durante i negoziati per giungere al documento finale, sono emerse tensioni profonde tra realtà economiche e finanziarie. Le disuguaglianze tra le diverse regioni , soprattutto nel contesto dell’Africa, hanno fatto emergere pressioni esercitate dai paesi sviluppati su alcune delegazioni. E’ risultato evidente come la solidarietà potrebbe essere decisiva per sradicare la fame e la povertà.

Il documento finale avrebbero dovuto adottare misure volte a trasferire tecnologie appropriate per lo sviluppo locale, al fine di promuovere un mercato più equo e inclusivo, nel rispetto degli impegni assunti per fornire aiuti allo sviluppo e per trovare nuovi modi per mettere la dignità umana, il bene comune e la salvaguardia del creato al centro della vita economica.

Inoltre, vi è preoccupazione per quanto riguarda il significato e l’applicazione di alcuni concetti. Mentre nozioni come “green economy” potrebbero fornire l’opportunità di indicare e praticare nuove strade per una maggiore cura dell’ambiente, dobbiamo riconoscere che le soluzioni puramente tecnologiche non accompagnate da adeguate e giuste considerazioni di responsabilità etica, senza il coinvolgimento delle comunità locali, non aiutano i poveri.

Coloro che intenderanno dare seguito al documento finale di Rio + 20 devono mettere il benessere della persona al centro dello sviluppo sostenibile. Tale approccio permetterà di evitare, i rischi di riduzionismo e di sterili approcci di tipo neo-malthusiano, che vedono gli esseri umani quali ostacolo allo sviluppo. Una visione quella neo-malthusiana che pur essendo intrinsecamente imperfetta, ha visto alcune delegazioni delle nazioni sviluppate impegnate a introdurla nel documento finale.

Non c’è conflitto tra esseri umani e il loro sviluppo. Al fine di sradicare la povertà e la fame abbiamo bisogno di sostenere e promuovere le persone Dobbiamo incoraggiare i popoli e le nazioni di plasmare il proprio futuro, “un futuro di cui hanno bisogno”, coerentemente con la loro dignità, le loro convinzioni religiose, le loro culture e tradizioni popolari.

C’è da dire, con tristezza, che alcune delegazioni si sono impegnate a promuovere il discutibile concetto di “diritti sessuali e riproduttivi”. Grazie al cielo, queste espressioni non compaiono nel documento finale. Questo approccio allo sviluppo sostenibile avrebbe minato il primo principio di Rio, e cioè: che l’essere umano è al centro dello sviluppo sostenibile. L’essere umano è sempre un fine in sé, e lo sviluppo sostenibile è il mezzo che serve tal fine. Ogni programma contrario alla vita è anti-sviluppo. Qualsiasi politica che intenda promuovere l’interruzione volontaria di gravidanza o l’utilizzo di sostanze abortive mascherate da contraccettivi è fallimentare. Si tratta di politiche che minacciano il diritto alla vita proprio nel luogo più sicuro e cioè nel ventre materno, minacciando la salute della donna che ha generato il santuario e la casa per il bambino.

E’ evidente che un tale politica non è al servizio della salute, né dei bambini, né delle loro madri né delle famiglie, ma sfocia in violenza contro le donne i bambini e la famiglia.

La Santa Sede ha espresso in maniera chiara il suo punto di vista, mettendo in discussione la formulazione vaga e ambigua di “salute riproduttiva” contenuta nel documento. Per la Santa Sede, il termine “salute sessuale e riproduttiva,” dovrebbe essere applic
ata ad un concetto olistico di salute che abbraccia la persona nella sua totalità di mente e corpo, che favorisce il raggiungimento della maturazione personale nella sessualità e nell’amore reciproco e il processo decisionale che caratterizza il rapporto coniugale secondo le norme dell’ordine morale naturale.

Con rammarico dobbiamo rilevare che il documento finale ha trascurato il ruolo fondamentale che le organizzazioni religiose svolgono nella promozione dello sviluppo sostenibile. Le istituzioni religiose, come quelle della Chiesa cattolica, svolgono un ruolo fondamentale per educare le persone sulla necessità di amare e curare i più bisognosi con amore e solidarietà. Inoltre, le istituzioni religiose forniscono l’istruzione a milioni di bambini in tutto il mondo in modo che possano essere membri produttivi e responsabili della società e del futuro dei nostri paesi.

Inoltre, le organizzazioni religiose svolgono un ruolo fondamentale di solidarietà con le persone più vulnerabili, per dare voce ai senza voce. Il mancato coinvolgimento delle istituzioni religiose nel promuovere l’umanità come centro dello sviluppo sostenibile è un fallimento nel riconoscimento della vera natura della persona la cui dimensione spirituale è innata sia nel singolo individuo che nella società.

E’ importante capire che i Paesi poveri e in Via di Sviluppo sono arrivati alla Conferenza con tante aspettative. Hanno chiesto aiuto, solidarietà e competenza, a livello sociale, economico e finanziario, ai loro fratelli e sorelle delle nazioni sviluppate. Molti sono rimasti delusi dal documento finale. I governi devono mantenere le loro promesse, altrimenti un futuro prospero e migliore rimarrà sempre un sogno per le persone più vulnerabili del mondo.

In conclusione, nuovi modelli di sviluppo creati e promossi a seguito della Conferenza appena conclusa devono essere rispettosi della persona umana al fine di promuovere una più giusta e solidale comunità internazionale. Tali modelli dovrebbero essere guidati dai principi indicati dalla Santa Sede. Il dibattito politico è importante, la volontà di vivere e lavorare in solidarietà con i nostri fratelli e sorelle di tutto il mondo è necessario, altrimenti lo sviluppo sostenibile rimarrà per sempre un sogno lontano e non realizzate.

Il mondo è cambiato molto dopo la prima Conferenza di Rio, ma nonostante i progressi, troppi bambini sono ancora senza cibo, troppe famiglie sono vittime di catastrofi artificiali e ambientali, troppe persone sono depresse, deluse e rassegnate. E’ tempo che i governi riconoscano che lo sviluppo sostenibile inizia con la persona umana e la famiglia. Questo è il modo di costruire “il futuro di cui abbiamo bisogno.” Questa è la strada per un vero progresso. Questa è la strada per un mondo più giusto ed equo per tutti.

(La prima parte dell’intervista è stata pubblicata ieri, mercoledì 27 giugno, con il titolo: Non c’è sviluppo sostenibile senza promozione della persona e della famiglia)

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ZENIT Staff

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