Capitalism is so gay

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La crisi della famiglia è colpa del capitalismo?

Secondo il filosofo Diego Fusaro, il sistema economico oggi dominante si serve di una finanza selvaggia e di una cultura che, col pretesto dei “nuovi diritti”, abbatte ogni comunità solidale che si oppone alla logica mercantile

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È opinione diffusa che la famiglia si trovi oggi a vivere, per mutuare papa Francesco, “una seria crisi culturale”. Le cause del dissesto della cellula fondante d’ogni società sono oggetto di studio e di ricerca da parte di pensatori d’ogni risma. Secondo il giovane filosofo Diego Fusaro, volto noto dei talk show televisivi che ama descriversi come “intellettuale dissidente e non allineato”, il depotenziamento della famiglia va letto nella recente logica di sviluppo del capitale, che consiste in un progressivo superamento “d’ogni limite reale e simbolico in grado di opporsi all’estensione della forma merce a ogni ambito della realtà e del pensiero”. 

Di qui l’idea secondo cui la difesa delle istanze dei movimenti omosessuali, che propongono modelli affettivi multiformi in alternativa al rapporto stabile con l’altro sesso e alla formazione di un nucleo familiare, ha il proprio baricentro nell’avversione capitalistica nei confronti della famiglia tradizionale. ZENIT ha intervistato Fusaro per meglio sviscerare il suo punto di vista.

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Nel suo libro Il futuro è nostro (ed. Bompiani, 2014) parla di “distruzione capitalistica della famiglia”. Quale vantaggio ne trae il capitale dalla scomparsa di questa istituzione?

Il capitale cerca di distruggere ogni ostacolo che freni l’allargamento illimitato della merce. Tra questi ostacoli, senz’altro, c’è anche la famiglia, in quanto fondamento di ogni società e comunità solidale di individui che si rapportano secondo criteri opposti alla logica mercantile del do ut des. Ecco allora che il capitale mira a eliminare la famiglia, così come ogni altra comunità ancora esistente, sostituendola con atomi che si relazionano tra loro secondo le leggi del consumo. E per farlo, utilizza la retorica dei “diritti”. In realtà si tratta meramente di un pretesto per imporre la logica del capitale.

Cos’è cambiato rispetto a quando Friedrich Engels e Karl Marx, di cui Lei si definisce allievo, descrivevano la famiglia come luogo dove si perpetua l’oppressione e la subalternità, un veicolo di valori borghesi strumentale agli interessi delle classi dominanti?

È ovvio che nella famiglia possano esistere logiche di conflitto, di oppressione, di subalternità. Ma delegittimare la famiglia con queste argomentazioni, equivale a gettare via il bambino con l’acqua sporca. Queste logiche di conflitto sono presenti in ogni comunità, non le crea la famiglia in quanto tale. Io sottoscrivo di Marx l’opposizione al capitalismo e la ricerca di una società di individui liberi e solidali, tuttavia non condivido alcuni punti fondamentali della sua analisi: per esempio la tesi della fine della filosofia e la tesi della fine della famiglia…

Del resto nell’Ottocento il capitalismo era diverso rispetto a quello odierno…

Certo. Ai tempi in cui scriveva Marx eravamo in una fase di capitalismo di stampo borghese, basato su valori quali la famiglia e lo Stato. Dal 1968, invece, siamo entrati in una nuova fase, che io chiamo post-borghese o addirittura anti-borghese. Il capitalismo, infatti, non coincide più con i valori borghesi come la famiglia e lo Stato, anzi vuole metterli in congedo. Le forze di sinistra non hanno colto questo mutamento, per cui pensano ancora che capitalismo e borghesia siano due facce della stessa medaglia. Di qui questa avversione della sinistra ai valori borghesi che altro non è, paradossalmente, che una battaglia a favore del capitale.

La recente comparsa dei cosiddetti “nuovi diritti”, agitati dai movimenti Lgbt e sostenuti dalle forze politiche progressiste, va inscritta in questo processo di delegittimazione da parte del capitale nei confronti della famiglia?

Siamo al cospetto di un uso di questi movimenti non per riconoscere legittimi diritti, bensì per distruggere la famiglia. Se davvero queste battaglie che lei ha citato fossero contro il capitale, ci sarebbe da chiedersi il motivo per cui tutti i colossi della finanza finanziano questi movimenti. Io sono d’accordo con il pieno riconoscimento dei diritti di ogni individuo, ma se si comprende la logica di sviluppo oggi in atto, non è difficile capire che con il pretesto dei diritti si vuole piuttosto distruggere la comunità familiare.

E la categoria dell’omofobia come si colloca?

È una categoria da Grande Fratello di George Orwell. Se per omofobia intendiamo la discriminazione o, peggio ancora, la violenza ai danni degli omosessuali, siamo tutti d’accordo nel condannarla. Il problema è che oggi l’omofobia è diventata una categoria per silenziare chiunque osi pensare che c’è la famiglia e che esistano uomini e donne secondo natura. E allora sì che siamo nell’ambito di uno psicoreato da Grande Fratello. Oggi si ha quasi paura a dire qualcosa di banale, ossia che si nasce uomini e donne, che il sesso non si può scegliere e che la razza umana si riproduce attraverso la differenza sessuale. Dunque ribadisco: credo proprio che siamo in un clima orwelliano…

Lei si descrive come un intellettuale “al di là di destra e sinistra”. Il neocapitalismo oggi dominante è di destra o di sinistra?

Sono convinto che destra e sinistra, pur avendo un valore storico fondamentale, oggi siano categorie superate. Se però vogliamo mantenere questa dicotomia, dobbiamo riconoscere che il capitalismo, in quanto totale, è insieme di destra, di sinistra e anche di centro. È di destra nell’economia (e lo vediamo nelle privatizzazioni selvagge, nella competitività, nella distruzione del bene comune…), è di centro nella politica (basti pensare che siamo ormai abituati a una dialettica tra partiti di centro-destra e di centro-sinistra, che dicono però le stesse cose) ed è di sinistra nella cultura, di stampo anti-borghese e ultracapitalistico. Pertanto, il capitalismo è oggi come un’aquila a doppia apertura alare: la destra che chiamo “del denaro” mira a creare il paradigma del consumatore isolato e la sinistra “del costume” contrappone il diritto individualistico alla famiglia come comunità.

Papa Francesco è un avversario del neocapitalismo oggi dominante?

Pur provenendo da una formazione culturale diversa, guardo oggi con grande interesse al mondo della Chiesa. Reputo papa Francesco l’unica voce non omologata rispetto alla dominazione capitalistica, il solo rimasto a pronunciare, contro il sistema dominante, parole come “dignità del lavoro”, “diritti sociali” e “sfruttamento”. L’Enciclica Laudato Si’ si pone in linea di continuità con il pensiero del bonum commune di Tommaso d’Aquino. E questo lo rende rivoluzionario rispetto all’ideologia del capitale. Dunque ben vengano, si moltiplichino i messaggi di opposizione come quello di papa Francesco.

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Federico Cenci

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