Annunciazione, il sì che ha cambiato la storia

Il concepimento di Maria segna l’inizio del mistero cristiano

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di P. Alfonso M. A. Bruno, FI

ROMA, venerdì, 23 marzo 2012 (ZENIT.org) – L’Ave Maria e l’Angelus, le preghiere più popolari rivolte alla Madonna, sono il riferimento diretto al mistero dell’Incarnazione che trova il suo momento incipiente nell’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele alla Beata Vergine Maria: “et Verbum caro factum est” (cf. Gv 1,14).

 Se la Chiesa prega ciò che crede, è evidente che l’importanza teologica attribuita all’evento incarnativo è confluita nella pietà popolare affinché gli uomini lo rendessero operante nelle ore e nei giorni della loro esistenza.

L’Incarnazione del Verbo, infatti è il preludio alla realizzazione delle promesse di Dio, alla sua fedeltà per la Nuova ed Eterna Alleanza.

Il Signore è annunciato alla Vergine e in Lei all’umanità intera. Da Cristo alla Chiesa, grazie a Maria.

Nell’evento dell’Annunciazione c’è la manifestazione di due volontà che aderiscono alla Volontà del Padre:  quella di Cristo e quella di Maria.

Entrando nel mondo Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio, né offerta, un corpo invece mi hai preparato (…) ecco io vengo a fare la tua volontà” (Eb 10, 4-10).

Acconsentendo al volere del Padre, il Figlio risponde alle attese di salvezza dell’umanità: si consegna a Maria e, per mezzo di Lei, a tutti i figli di Adamo.

Questa volontà “offertoriale” del Verbo inizia sin dal suo concepimento e si consumerà sulla Croce, nell’Ora della Madre, per attualizzarsi in ogni Eucarestia.

Tutta la vita di Gesù è stata “un’incarnazione in atto” di totale spogliamento e donazione agli uomini .

All’eccomi pronunciato dal Figlio nel segreto arcano della Trinità, seguirà l’eccomi di Maria. 

E’ una risposta modellata alla sua che riconcilia l’umanità intera nell’amore di Dio. 

Prima di essere chiamata a dare, la Vergine è chiamata ad accogliere un dono.

Il Verbo di Dio si dona all’umanità in Maria e Maria gli offre un’accoglienza assoluta e incondizionata proprio perché vergine.

“La vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele” (Is 7,10-14) è quanto presagiva Isaia su quanto accaduto effettivamente all’Annunciazione nel Messaggero di Dio che dice a Maria: “concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1,31).

Colui che nascerà sarà il primogenito dell’umanità nuova.

La fede di Maria si contrappone all’incredulità di Acaz in cerca di un segno.

Il “segno” è la vergine partoriente che con la sua obbedienza si contrappone al non serviam luciferino che tentò Eva per generare una spirale di sterilità e morte nella separazione della creatura dal Creatore.

L’unione di queste due volontà: divina e umana, Cristo e Maria, segnano l’inizio della redenzione e la Chiesa rivive il mistero in cui riconosce la propria origine.

L’annuncio dell’Angelo, la Chiesa lo rivive ora nell’Eucarestia (anamnesis) poiché dal verbo della formula consacratoria viene generato il Verbo. Da questa grammatica dell’assenso all’imitazione con compiacimento nella vita dei credenti.

Se Cristo vive in loro, non possono comportarsi in maniera contraddittoria al suo volere. Maria rivive in loro nella misura in cui ne imitano la fede, la speranza e la carità (mimesis). 

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ZENIT Staff

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