Cosa vengono prima: le buone leggi o le buone famiglie?

Intervista a padre Raniero Cantalamessa

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di Mercedes de la Torre

ROMA, lunedì, 16 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Secondo il Predicatore della Casa pontificia, i cristiani di oggi dovrebbero cercare di seguire l’esempio dei loro primi predecessori: cambiare la società con la propria testimonianza, piuttosto che concentrarsi per cambiare le leggi.

In questa intervista rilasciata a ZENIT padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., illustra le sfide che interpellano le famiglie cristiane.

Uno dei principali problemi della famiglia dei nostri tempi – come lei sostiene – è la carenza di amore. Quali soluzioni ci offrono le Sacre Scritture per le famiglie afflitte dai problemi di oggi?

Padre Cantalamessa: Il matrimonio nasce dall’umiltà, da un atto di umiltà. In esso, ciascuno riconosce la propria dipendenza, la necessità dell’altro. Senza umiltà, il matrimonio non riesce a rimanere in vita e in salute. La superbia è il nemico n. 1 del matrimonio e dell’amore stesso.

Io credo che oggi, più che difendere il matrimonio cristiano nella società e nella cultura, si debba cercare di migliorare la qualità della famiglia cristiana e lavorare affinché le famiglie cristiane siano veramente un luogo in cui il progetto iniziale di Dio sia realizzato, ovvero che l’uomo e la donna vivano nella coppia un amore che li porti a desiderare quell’Amore eterno e infinito.
 
Durante la conferenza all’Incontro Mondiale delle Famiglie in Messico, lei ha sostenuto che i cristiani dovrebbero impegnarsi nel mondo più con i fatti che con le parole, così come fu nei primi secoli della Chiesa. Ci può indicare allora quegli elementi che possiamo trovare nel messaggio biblico e che ci aiutano a dare nuovamente testimonianza in favore del Vangelo, della vita e della famiglia?

Padre Cantalamessa: Ho affermato – e ne sono convinto – che i primi cristiani, soprattutto nei primi tre secoli, sono riusciti a cambiare le leggi dello Stato con il loro comportamento. Oggi non possiamo pretendere di fare l’opposto, ovvero cambiare il comportamento attraverso le leggi dello Stato. Come cittadini dobbiamo fare tutto il possibile perché lo Stato adotti leggi buone, positive, che non siano contrarie alla vita, ma questo non è sufficiente. Non è sufficiente perché in una società pluralistica come quella di oggi, i cristiani di certi Paesi rappresentano già una minoranza e pertanto ci troviamo più vicini ad una situazione simile a quella dei primi secoli, piuttosto che a quella del Medioevo, in cui i cristiani non erano difesi dallo Stato, ma dalla loro vita e dalla loro testimonianza.

Qual è l’attuale processo di decostruzione della famiglia e in che modo questo si contrappone al progetto di Dio?

Padre Cantalamessa: Ci troviamo in situazioni estreme. È come se si volesse reinventare l’uomo, la donna, il matrimonio… con risultati “dis-umani”. Per esempio, il progetto di abolizione dei sessi, in cui non vi sarebbe un’identità sessuale definita, ma in cui ognuno può costruire la sua vita a seconda del proprio desiderio di mascolinità, femminilità o di qualcosa di più variabile. Questo è inaccettabile: va contro la natura umana.

Il decostruttivismo propone per esempio di abolire la maternità, perché la vede come una schiavitù. La donna è resa schiava dalla maternità e per questo è stata trovata la maniera di far nascere i bambini in un altro modo, in un modo più artificiale. Queste sono le prospettive veramente pericolose, “dis-umane”.

Ho molta fiducia nel buon senso della gente e nell’istinto: nel desiderio del sesso opposto che Dio ha instillato nella persona, e nel desiderio di maternità e paternità, che sono valori che Dio ha posto nel cuore umano.

Ma credo che queste proposte possano creare molti danni, come lo è stato per il Marxismo. Il Marxismo è stato riconosciuto come un grande male per la società, che ha fatto molte vittime. Allo stesso modo, questa rivoluzione – la rivoluzione del genere – prima che la si riconosca come “dis-umana”, avrà tempo di procurare danni enormi.

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ZENIT Staff

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