ROMA, venerdì, 14 novembre 2007 (ZENIT.org).- I Centri di Aiuto alla Vita (CAV) di tutta Italia si ritroveranno a Roma, presso il Centro congressi Grand Hotel Carpegna (ex Domus Mariae), dal 23 al 25 novembre per discutere i risultati di “Trent’anni di legge 194”.
La XXVII edizione del convegno intende far riflettere sull’approvazione della legge che nel 1978 ha introdotto l’aborto volontario in Italia e che ha impedito la nascita di 4milioni e 800mila tra bambini e bambine.
I lavori saranno aperti da un messaggio del Cardinale Camillo Ruini, Vicario di Roma, e dalla prolusione di monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.
Quattro le tavole rotonde (http://www.mpv.org/joomla/index.php?option=com_content&task=view&id=89&Itemid=9): la prima vedrà diverse realtà del mondo associativo italiano discutere su come contrastare la piaga dell’aborto; la seconda sarà dedicata alle donne e tratterà il tema “Sindrome post aborto e riconciliazione”; la terza cercherà di sensibilizzare la politica unendo i cattolici, mentre la quarta avrà per protagoniste le diverse realtà associative dei giovani nati dopo il 1978.
Il convegno si concluderà domenica, con la partecipazione all’Angelus recitato da Papa Benedetto XVI.
Per capire come la legge e la liberalizzazione dell’aborto abbiano cambiato la cultura, ZENIT ha intervistato Pier Giorgio Liverani, già direttore di “Avvenire” e attuale direttore responsabile di “Sì alla Vita”. Liverani ha pubblicato diversi volumi sul tema della vita, tra cui la “Società multicaotica”, (Ares) che in appendice riporta l’edizione aggiornata del “Dizionario dell’antilingua”.
Secondo il direttore di “Sì alla Vita”, “l’aborto ha sostanzialmente escluso, fatto sparire il Bene Comune dall’orizzonte sociale, politico, culturale della società”. Il “seno della madre”, da luogo più sicuro, “è diventato il luogo più rischioso del mondo”, perché “solo tenendo conto degli aborti legali viene soppresso un concepito su cinque”.
Liverani ha ricordato che la Dottrina Sociale della Chiesa indica il bene comune come “dimensione sociale e comunitaria del bene morale”, che “il primo bene comune è la persona” e che quindi la legge 194 ha inferto una ferita profonda al corpo sociale, con “figli non nati, madri e padri automutilatisi della maternità e della paternità”.
Il direttore di “Sì alla Vita” ha criticato quella che ha chiamato “antilingua”, e cioè uno strumento per diffondere la cultura della morte senza che le persone se ne accorgano.
A questo proposito, Liverani ha spiegato che l’aborto è diventato “interruzione volontaria di gravidanza”, alimentando una cultura che “ha cancellato la speranza”.
Il relativismo etico, osserva, ha ridotto l’umano e ha ghettizzato i cattolici, indicando l’opposizione all’aborto come una questione religiosa.
“In realtà – ha sottolineato Liverani – la cultura abortista nega la persona”. “Una simile cultura produce valori rovesciati e introduce nella vita civile una tale crudezza che permette il sacrificio umano dei più deboli e dei più piccoli”.