Come la religione combatte l’odio e la violenza

di padre John Flynn, LC

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ROMA, domenica, 22 agosto 2010 (ZENIT.org).- La religione non solo è una follia, ma è anche un male, secondo molti nuovi atei che negli ultimi anni si sono fragorosamente scagliati contro Dio e la religione. Molti di loro accusano la religione di essere fonte di divisione, odio e violenza.

Non è cosi, replica David Brog nel suo libro: “In Defense of Faith: The Judeo-Christian Idea and the Struggle for Humanity”, (Encounter Books). Brog è un autore ebreo, nonché direttore dell’organizzazione Christians United for Israel. Secondo Brog, la tradizione giudaico-cristiana ha rappresentato il maggiore baluardo contro le pericolose tendenze della natura umana verso la violenza.

Certamente vi sono stati momenti nel passato, in cui la fede tendeva verso l’intolleranza, ma bisogna guardare oltre le imperfezioni della nostra tradizione religiosa e riconoscere i grandi benefici che derivano dal nostro patrimonio spirituale, spiega l’autore. L’uomo non nasce puramente buono, osserva. Nel passato l’umanità era divisa in tribù, razze e nazioni, ciascuna rivolta contro l’altra.

Il cambiamento radicale apportato dalla tradizione giudaico-cristiana, sottolinea l’autore, è dato dall’idea che tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio e che sono chiamati ad amare il prossimo senza eccezione.

Brog la considera “un’idea giudaico-cristiana”, che non solo rappresenta un’innovazione in Occidente, ma che continua ad ispirare la nostra etica più alta anche ai giorni nostri.

La compassione che proviamo per le vittime del terremoto di Haiti, o per le vittime dell’AIDS in Africa, è un altruismo eccezionale nella storia dell’umanità, e di questo dobbiamo ringraziare la tradizione giudaico-cristiana, aggiunge Brog.

Crociate e Inquisizione

Uno dei capitoli del libro approfondisce ciò che Brog considera come espressione del mito. Si tratta principalmente delle Crociate e dell’Inquisizione spagnola: argomenti che inevitabilmente riaffiorano quando si attacca il Cristianesimo. Non c’è dubbio che entrambi gli episodi storici raccontano di atrocità che sono state commesse, ma dobbiamo considerare quegli avvenimenti nella loro corretta prospettiva, sostiene Brog.

Le Crociate si sono svolte in un’epoca di guerre continue tra le potenze cristiane e quelle musulmane. In queste battaglie i musulmani erano solitamente gli aggressori e anche i vincitori. Secondo Brog, quindi, non è corretto dipingere le Crociate come una sorta di sanguinaria intolleranza cristiana. Piuttosto si è trattato di alcune battaglie, nell’ambito di un più ampio conflitto tra due civiltà. Le forze cristiane hanno commesso atrocità durante le Crociate, ammette Brog, ma la leadership ecclesiastica era in prima linea nel cercare di fermare le violenze ingiustificate.

Per quanto riguarda l’Inquisizione, Brog spiega che la Chiesa, lungi dall’incitare alla violenza delle persecuzioni, ha rappresentato un argine e un freno nei confronti degli eccessi.

È vero che nel 1478 Papa Sisto IV ha emanato la bolla che autorizzava l’Inquisizione spagnola, ma appena il Vaticano ha appreso degli eccessi dell’Inquisizione è intervenuto per cercare di fermarla, sostiene Brog. I Papi che si sono succeduti hanno inoltre preso provvedimenti diretti a contenere l’Inquisizione, aggiunge l’autore.

Concludendo questa sezione del libro, Brog afferma che la Chiesa cattolica non è stata la forza propulsiva della violenza antisemita delle Crociate e dell’Inquisizione, e che al contrario ha tentato di limitare tale violenza. Questi due episodi storici non dimostrano, quindi, che la religione sia fonte di conflitti umani. Tuttavia essi confermano la necessità di essere vigilanti per evitare che la fede venga distorta dai limiti della natura umana.

La vita umana

Un altro capitolo del libro approfondisce la questione della sacralità della vita umana. Brog ricorda, a tale proposito, la pratica dell’infanticidio, diffusa nell’Impero romano. Il diritto romano permetteva l’uccisione di ogni maschio nato deforme o debole, nonché di ogni neonata femmina a prescindere dal suo stato di salute. Sia gli ebrei che i cristiani erano fortemente contrari a questa pratica, affermando l’illiceità di uccidere un innocente. L’unico motivo, sostiene Brog, per cui in Occidente oggi si riconosce la sacralità e l’eguaglianza di ogni essere umano, è dato dal nostro patrimonio giudaico-cristiano.

“In generale, le civiltà che si sono succedute nella storia umana, non sono mai arrivate a questa visione”, aggiunge l’autore.

Sebbene alcuni filosofi illuministi abbiano fatto proprio questo concetto di sacralità della vita umana, è difficile attribuirne a loro la paternità, sostiene Brog, poiché il principio era lì, nella Bibbia, un testo che avevano letto e conosciuto.

Il pericolo di oggi, afferma l’autore, è che la scienza rischia di scalfire quel muro che separa l’umanità dal regno animale, per considerare l’uomo alla stregua di ogni altro animale. Spesso si mette in guardia dal rischio che la religione si intrometta in campi che non gli appartengono, osserva Brog, ma quando si tratta di morale, la scienza deve riconoscere la sua mancanza di competenza.

“Quando la scienza si avventura oltre le proprie aree di competenza, entrando nell’ambito della morale, spesso lascia vittime sulla strada”, avverte Brog.

La stessa avvertenza si applica alla filosofia, prosegue l’autore. Senza negare i benefici di cui godiamo, derivanti dalla tradizione classica e dai filosofi dell’Illuminismo, occorre anche riconoscere i limiti a ciò che la filosofia ci può insegnare.

La tradizione giudaico-cristiana attribuisce all’essere umano un valore che va al di là delle sue capacità e dei suoi contributi. Purtroppo, afferma l’autore, troppo spesso la filosofia secolare ha cercato di scomporre questa realtà e di assoggettare l’uomo a criteri di valutazione assai meno benigni.

Tra questi pericoli Brog evidenzia l’eugenetica, affermatasi negli anni Venti e Trenta, che per esempio giustificava la sterilizzazione delle persone considerate inferiori, una pratica che è stata dichiarata legittima persino dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. Per non pensare che si tratti solo di una anomalia storica, Brog ricorda che anche oggi ci sono filosofi come Peter Singer che argomentano in favore dell’infanticidio e dell’eutanasia.

Egoismo

Nel capitolo intitolato “Transcending Our Selfish Genes” (“trascendere i nostri geni dell’egoismo”) l’autore cerca di mostrare come, sia la religione ebraica, che quella cristiana, riservino grande importanza all’amore per il prossimo. Questo principio si basa sul primo capitolo del primo libro della Bibbia, la Genesi, in cui si racconta che Dio ha creato l’uomo a sua immagine. Secondo Brog, questa potrebbe essere ben considerata come l’idea più rivoluzionaria di tutta la storia dell’umanità.

Credere in questa somiglianza significa accettare l’idea che ci è stato dato un valore superiore rispetto a tutte le altre creature. Da questa idea discende, poi, tutto l’insieme dei diritti umani, perché essa non solo stabilisce il valore supremo di ogni vita umana, ma afferma anche l’eguaglianza tra tutti gli uomini.

In una parte interessante del libro, Brog spiega che l’amore per gli altri è al centro della tradizione ebraica, e rigetta l’idea che ai tempi di Gesù, l’Ebraismo fosse ridotto alla fredda osservanza di leggi e riti.

Esistono, certamente, significative differenze tra il Cristianesimo e l’Ebraismo, ammette. Ma mettendo da parte le molte questioni teologiche che li separano, quando si tratta di morale si riscontra una sorprendente affinità, osserva Brog.

Come l’Ebraismo, il Cristianesimo pone l’accento sulla necessità di agire in nome dell’amore che si predica. In questo senso, osserva l’autore, l’esempio più emblematico di un amore messo
in atto è quello della crocifissione di Gesù.

Arrivando ai tempi nostri, l’autore sottolinea il fatto che Papa Benedetto XVI abbia scelto, come argomento della sua prima enciclica, proprio il tema dell’amore.

Possiamo non essere d’accordo sull’esistenza di Dio, osserva Brog, ma non possiamo negare che la tradizione giudaico-cristiana è stata lo strumento principale che ci ha consentito di compiere enormi progressi nel campo dell’etica. Il rifiuto della religione può solo portare ad un aumento della sofferenza umana e della cattiveria.

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ZENIT Staff

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