In questi dieci mesi di pontificato e di Messe mattutine a Santa Marta, Papa Francesco non era mai stato così duro in un’omelia. Il Pontefice torna a parlare di scandali nella Chiesa e, come sempre, privilegia l’altare della Cappellina per comunicare al mondo la sua vigorosa denuncia contro corruzioni e debolezze che infangano, ma non scalfiscono, la Barca di Pietro
“Tanti scandali – afferma Francesco – che io non voglio menzionare singolarmente, ma tutti ne sappiamo… Sappiamo dove sono! Scandali, alcuni che hanno fatto pagare tanti soldi: sta bene! Si deve fare così…”. Il Papa esorta ad un esame di coscienza e domanda: “Ma ci vergogniamo?”. Questa “vergogna della Chiesa” di cui parla non è però la stessa “benedetta vergogna” con cui invitava i fedeli, qualche omelia fa, a chiedere il perdono di Dio. Bensì un monito interiore che deve fungere da memoriale e punto di partenza per non cadere ancora negli stessi peccati. Aggiunge, infatti: “Ma ci siamo vergognati di quegli scandali, di quelle sconfitte di preti, di vescovi, di laici?”.
Ascoltando le parole del Santo Padre, la mente torna istintivamente alle vicende che hanno angosciato la Chiesa sotto il pontificato di Benedetto XVI, non molto tempo fa: Vatileaks, casi di pedofilia e abusi, vicissitudini dello Ior. Situazioni che sembrano ora ricordi sbiaditi, ma che a detta del Papa continuano a reiterarsi. E perché certe debolezze continuino ancora a persistere lo spiega sempre Francesco: perché è assente “un rapporto vivo con Dio e la sua Parola”. È questo il punto focale di tutta la questione: in quegli scandali, sottolinea il Pontefice, “la Parola di era rara; in quegli uomini e in quelle donne la Parola di Dio era rara! Non avevano un legame con Dio! Avevano una posizione nella Chiesa, una posizione di potere, anche di comodità. Ma la Parola di Dio, no!”.
Sembra di essere tornati al tempo descritto dalla lettura e dal salmo responsoriale di oggi, in cui gli israeliti subiscono una dura sconfitta da parte dei filistei, proprio perché avevano abbandonato il Signore e la Sua Parola. In quell’epoca, il vecchio sacerdote Eli era un “tiepido” – spiega il Papa – e i suoi figli “corrotti” che “spaventavano il popolo e lo bastonavano”. Il popolo d’Israele, minacciato dai filistei, lo combatte utilizzando l’arca dell’alleanza, ma la utilizzano come una cosa “magica”, “una cosa esterna”. Per questo vengono sconfitti: “Non c’è fede vera in Dio, nella sua presenza reale nella vita”.
Infatti, solo dopo che accade la “tragedia”, gli israeliti rivolgono gli occhi al cielo e con un certo stupore, misto a risentimento, pregano: “Ma, Signore, che è successo? Hai fatto di noi il disprezzo dei nostri vicini. Lo scherno e la derisione di chi ci sta intorno. Ci hai reso la favola delle genti! Su di noi i popoli scuotono il capo”.
Allo stesso modo, attori e protagonisti dei suddetti scandali si nascondono dietro un dito dicendo: “Ma, io porto una medaglia”; “Io porto la Croce”. “Sì, come questi portavano l’arca! – dice Francesco – Senza il rapporto vivo con Dio e con la Parola di Dio! Mi viene in mente quella Parola di Gesù per quelli per i quali vengono gli scandali… E qui lo scandalo è venuto: tutta una decadenza del popolo di Dio, fino alla debolezza, alla corruzione dei sacerdoti”.
Il rammarico più grande del Santo Padre è ciò che, così facendo, viene restituito al popolo di Dio: “Povera gente! Povera gente! – esclama – Non diamo da mangiare il pane della vita; non diamo da mangiare, in quei casi, la verità! E persino diamo da mangiare pasto avvelenato, tante volte!”. Allora, sollecita il Papa, preghiamo e “chiediamo al Signore di non dimenticare mai la Parola di Dio, che è viva, che entri nel nostro cuore e non dimenticare mai il santo popolo fedele di Dio, che ci chiede pasto forte”.