Riprendiamo di seguito il testo dell’intervento di monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, pronunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione del Convegno internazionale “I Diritti della Famiglia e le sfide del mondo contemporaneo”, svoltasi questa mattina nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede.
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Il Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia nel mondo contemporaneo del 1980, che aveva ben presente le difficoltà in cui la famiglia si trovava già allora, concepì l’idea di redigere una Carta dei diritti della famiglia. Giovanni Polo II raccolse immediatamente tale richiesta avanzata dai padri sinodali e incaricò il Pontificio Consiglio per la Famiglia di realizzare il progetto che fu portato a termine nel 1983. L’intento era audace: non si trattava solamente di ripetere una dottrina, quanto di elaborare attraverso una riflessione anche di ordine giuridico un impianto organico dei diritti della famiglia concepita come soggetto giuridico autonomo.
La famiglia soggetto di diritti
Nella Lettera alle Famiglie Giovanni Paolo II sosteneva la soggettività giuridica della famiglia. Questo è il testo: “Come comunità di amore e di vita, la famiglia è una realtà sociale saldamente radicata e, in modo tutto proprio, una società sovrana, anche se condizionata sotto vari aspetti. L’affermazione della sovranità dell’istituzione-famiglia e la constatazione dei suoi molteplici condizionamenti inducono a parlare dei diritti della famiglia”. Tali diritti “sono strettamente connessi con i diritti dell’uomo: infatti, se la famiglia è comunione di persone, la sua autorealizzazione dipende in misura significativa dalla giusta applicazione dei diritti delle persone che la compongono. Alcuni di questi diritti riguardano immediatamente la famiglia, come il diritto dei genitori alla procreazione responsabile e all’educazione della prole; altri diritti invece riguardano il nucleo familiare solo in modo indiretto: tra questi, di singolare importanza sono il diritto alla proprietà, specialmente alla cosiddetta proprietà familiare, ed il diritto al lavoro” (Lettera alle Famiglie, 17). Come la famiglia non è solo la somma delle persone che la costruiscono, ma anche una comunità di persone (communio personarum), è il “noi” umano creato al modello del “Noi” divino, cosi “i diritti della famiglia non sono (…) semplicemente la somma matematica di quelli della persona, essendo la famiglia qualcosa di più della somma dei suoi membri presi singolarmente” (Ivi).
Quale futuro per la Carta dei Diritti della Famiglia
Nel corso di questi 30 anni, purtroppo, la Carta è restata un documento poco conosciuto. Il Pontificio Consiglio ha però ritenuto opportuno riprenderne la prospettiva e riproporla, perché si tratta di principi presenti anche in altri testi della Chiesa che conservano tutta la loro attualità. Per questo ha pensato a riproporre il testo nelle lingue: italiana, inglese, francese, spagnola e portoghese, con un mio approfondito commento.
L’originalità della Carta sta nel fatto che con essa la Chiesa presenta in modo organico e traduce in formule espresse in termini tecnico-giuridici il dover essere intrinseco al progetto divino sulla famiglia. Nella Presentazione si legge: “I diritti proposti devono essere compresi secondo il carattere specifico di una “Carta”. In alcuni casi essi enunciano vere e proprie norme giuridicamente vincolanti; in altri casi, esprimono postulati e principi fondamentali per una legislazione da attuare e per lo sviluppo della politica familiare. In tutti i casi sono un appello profetico in favore dell’istituzione familiare, la quale deve essere rispettata e difesa da tutte le usurpazioni”. E proprio in quanto universali, queste affermazioni sono rivolte non solo ai governi civili, per avere adeguata attuazione nelle legislazioni e nelle politiche familiari, ma anche “a tutti i membri e le istituzioni della Chiesa”: anzi, si può dire, che la comunità ecclesiale deve essere il luogo privilegiato in cui riconoscere e proteggere i diritti fondamentali della famiglia.
Questo Pontificio Consiglio ha voluto indire questo incontro internazionale, assieme alla Associazione dei Giuristi Cattolici Italiani, che ringrazio sentitamente a partire dal Cardinale Francesco Coccopalmerio che è qui con noi e dal Presidente prof. Francesco D’Agostino, per riprendere le ispirazioni di quei principi. E’ vero che ci troviamo in un nuovo contesto culturale che mette in questione l’istituto familiare in maniera ancor più radicale che in passato. Ma quei principi che la Carta raccoglie e ordina rimangono saldi in tutta la loro validità. Semmai, rileggendoli, sorge un impulso a spingere i credenti ad una nuova audacia. E i cultori del Diritto, tra i credenti, sono chiamati a raccogliere la sfida per difendere la Famiglia dagli attacchi violentissimi a cui è sottoposta, e soprattutto ad aiutarla perché possa esprimere la sua straordinaria ricchezza per far crescere quel “noi” che diviene scuola di convivenza. La famiglia è un “patrimonio dell’umanità”, amava sottolineare Benedetto XVI, e papa Francesco ne fa uno dei cardini della sua missione apostolica.
La famiglia, insomma, deve essere riportata anche nel cuore della riflessione giuridica. Non spetta a me entrare in questo campo. E’ compito anzitutto degli intellettuali cattolici studiosi di Diritto. Questo nostro convegno internazionale già in corso, vuole essere uno stimolo in tal senso. Il mio augurio è che da questi giorni si sviluppi una riflessione sulla famiglia nel contesto della globalizzazione. Tale riflessione, che si colora delle diverse latitudini degli studiosi deve avvenire sia sul piano del diritto civile che sul piano del diritto canonico. In quest’ultimo, infatti, mi pare ancora del tutto assente un diritto di famiglia. La nuova condizione richiede una urgente riflessione. Ma è indispensabile anche una corresponsabilità dei giuristi cattolici sia a livello nazionale, sia continentale che internazionale. Il fatto di convergere in questi giorni di giuristi di varie parti del mondo, è un piccolo- grande segno, ma anche molto chiaro, della via che deve essere intrapresa.
E’ grande la responsabilità che grava anche sulle spalle dei giuristi cattolici. In passato – sia quello antico che quello recente – il pensiero giuridico dell’umanità è stato arricchito in maniera determinante dall’apporto del pensiero giuridico dei cattolici. Se penso al dialogo strettissimo che c’è stato nei secoli passati tra diritto romano, diritto canonico e pensiero umanista, come non lamentare una latitanza nel tempo contemporaneo? Penso sia giunto il momento di ricollocarci tutti sulla prospettiva globale, anche gli studiosi del diritto. La globalizzazione ha notevoli riflessi anche sul piano giuridico. Per questo i giuristi cattolici sono chiamati ad un nuovo impegno culturale che interessi trasversalmente l’intero pianeta. Non possiamo lasciare i diversi paesi e le diverse sedi internazionali – ove si decidono le sorti dei popoli e delle famiglie – agire senza il contributo specifico del pensiero giuridico di ispirazione cattolica ed anche umanistica. Sappiamo tutti quanto i processi legislativi siano di fatto inficiati da pregiudizi ideologici o da lobbies che portano avanti interessi di parte. E’ urgente alzare il livello culturale del dibattito anche nella sfera del diritto, in questo caso, del diritto della famiglia.
Nel ringraziarvi ancora per la vostra presenza, lasciate che riprenda il sogno che aveva Giovanni Paolo II al momento di lanciare la Carta dei Diritti della Famiglia. Il suo sogno era che questa Carta potesse ispirare – come del resto è avvenuto in maniera analoga sia nella formulazione della Carta dei Diritti dell’Uomo che in quella dei Diritti dei Fanciulli – alla redazione di una Carta Internazionale dei Diritti della Famiglia.
E questo è anche nei nostri auspici.