Mons. Moraglia: “Torniamo a guardare il Bambino del presepe, lasciamoci convertire da Lui”

Il Patriarca di Venezia invita a vedere in Gesù nascente il “segno vivo della Misericordia di Dio”

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Un invito forte a tornare a guardare, senza paura, il Bambino Gesù raffigurato nel presepe e che è il segno “vivo” della misericordia di Dio: lo esplicita il Patriarca Francesco Moraglia nelmessaggio per il Natale 2015 che ha affidato alle pagine del settimanale diocesano Gente Veneta oggi in uscita.

“Proprio il Bambino che giace, povero e accogliente, nel presepe – afferma mons. Moraglia – sta all’inizio di una storia che in questi 2000 anni ha generato i valori dell’accoglienza, dell’attenzione ai deboli, del perdono e della riconciliazione.  Così anche chi non è credente o non è cristiano è portato a riconoscere che la cultura dell’accoglienza, della prossimità e della riconciliazione ha nel Bambino del presepe la sua radice più importante. Viene da chiedersi: perché chi è beneficiario o portatore di tale cultura dovrebbe temere il presepe?”.

Per il Patriarca “il simbolo del presepe non mette in gioco la laicità dello Stato, se parliamo di vera laicità. Infatti, il presepe, in sé, non impone nessun credo religioso ed esposto dove si vive e si costruisce la società di oggi e di domani diventa richiamo – oggi più che mai conveniente – in vista d’una cultura dell’accoglienza, dell’attenzione dei deboli e della riconciliazione, in opposizione a quella dell’individualismo e della performance che crea divisione e – come ricorda sempre Papa Francesco – scarto.  Inoltre è contro ogni logica azzerare la storia e la cultura di un popolo. In realtà, la società civile con la sua storia e cultura – e nel pieno rispetto delle leggi dello Stato – non mortifica ma arricchisce la convivenza, impedendo proprio allo Stato di assurgere al ruolo di padre e padrone del cittadino”.

Ecco, allora, l’esortazione a sostare “volentieri in raccoglimento, magari insieme ai più piccoli, dinanzi al presepe allestito in casa o nelle chiese o in altri spazi, anche pubblici. Di fronte a questo Bambino non si può rimanere indifferenti e insensibili. Il Natale, infatti, ci indica la strada per un’umanità nuova, sia che in Lui vediamo la presenza stessa del Figlio di Dio sia che in Lui riconosciamo i valori dell’accoglienza, della solidarietà e della riconciliazione. E, allora, ritorniamo a guardare il Bambino del presepe e lasciamoci guardare e anche convertire da Lui: è questo il migliore augurio di Natale che possiamo farci. L’annuncio cristiano del Natale, in fondo, è molto semplice e, da oltre duemila anni, è lo stesso: la salvezza non è il risultato del fare e non coincide neppure con una migliore organizzazione dell’esistente presente e futuro. Siamo allietati e salvati dall’irruzione potente e dolce di Dio nella nostra storia”.

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ZENIT Staff

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