La vera storia della pillola abortiva Ru486 (II)

Intervista a Cesare Cavoni, coautore di un libro sull’argomento

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di Antonio Gaspari 

ROMA, martedì, 3 febbraio 2009 (ZENIT.org).- La partita per impedire che la Ru486 venga messa in libera vendita in Italia si giocherà tutta sull’informazione. Ne è convinto Cesare Cavoni, giornalista di SAT 2000 e coautore del volume “La storia vera della pillola abortiva RU 486” (Edizioni Cantagalli; pp. 288, Euro 21,00).

A questo proposito, Cavoni denuncia la strategia messa in atto attraverso i mezzi di comunicazione mondiali per far passare l’idea che l’aborto e i metodi contraccettivi siano del tutto legittimi.

La prima parte dell’intervista è stata pubblicata il 2 febbraio.

Secondo lei esiste una congiura del silenzio sugli effetti della Ru486 sulla salute delle donne? Quali sono i fatti e le storie che non si vogliono rendere pubbliche?

Cavoni: Più che di congiura del silenzio si tratta di una vera e propria strategia che da decenni cerca di far apparire tramite i mezzi di comunicazione mondiali la bontà della pianificazione familiare, dell’aborto, dei metodi contraccettivi per l’economia mondiale, per le risorse del pianeta e così via.

La pillola abortiva è nata col desiderio non di essere abortiva ma, ancor peggio, di cercare di inibire sul nascere la gravidanza: i ricercatori hanno iniziato la ricerca su di essa con la speranza di trovare un contraccettivo talmente efficace da inibire il ciclo mestruale a comando ed eventualmente riprenderlo quando la donna si sentisse pronta per una gravidanza.

Nello stesso tempo, si cercava di incidere sul linguaggio, evitando di presentare la pillola come lo strumento per un atto cruento e magari difficile da digerire da tutte le coscienze nella società; si preparava insomma a perorare la causa di un “aborto non aborto”, non ritenendo giusto definire come abortiva un’early option pill, una pillola che contrasta all’inizio, anzi anticipa, una gravidanza.

Ecco allora che Baulieu, l’endocrinologo che si dedicò anima e corpo alla pillola abortiva, inventò un nuovo termine; la pillola non sarebbe stata abortiva ma “contragestativa”: mezza contraccettiva e mezza abortiva, fino a farla diventare quasi esclusivamente “preventiva”: se presa ogni mese, per inibire eventualmente le mestruazioni.

Non a caso subito dopo la pubblicazione del primo studio sull’Ru486 all’accademia delle scienze francese nel 1982, i giornali francesi titolarono che l’Ru486 significava la fine della pillola quotidiana e si auguravano che a breve la contraccezione sarebbe divenuta mensile: basterà prendere la pillola alla fine del ciclo scrivevano.

E, fin da subito, puntualizzavano che per gravidanze di sei o otto settimane, l’Ru486 non è un abortivo miracoloso e l’interruzione di gravidanza resta un aborto con i rischi che vi sono associati, quale che sia il metodo utilizzato. Insomma a mettere in evidenze i rischi, i limiti e gli obiettivi dell’Ru486 sono sempre stati in primis proprio coloro che agognavano da decenni un nuovo metodo di pianificazione familiare.

Di tutti questi problemi si è sempre discusso dall’82 a oggi in Europa, quando partì la sperimentazione in Francia, e nel ’94 negli Stati Uniti quando si decise di avviare la prima sperimentazione dell’Ru486. Anche se negli anni precedenti negli Usa si era provato un po’ di tutto: anche l’aborto con un antitumorale, il Methotrexate, disponible per uso ospedaliero e dunque più facile da reperire.

L’ipotesi fu scartata per la bassa percentuale di successo negli aborti e per le pesanti controindicazioni. Fa sorridere che in Italia in questi anni di dibattito si sia ritirato fuori, come opzione, anche questa dell’uso del Methotrexate.

Andiamoci a leggere allora ciò che scrive in un lancio l’agenzia AGI (il 7 luglio 2006 quando qualche genio della medicina si fece largo nel dibattito proponendo appunto l’utilizzo di un ‘nuovo’ farmaco per l’aborto): «La Cgil e la Funzione pubblica Cgil Lombardia hanno offerto, nel caso in cui si rendesse necessaria, tutela legale a Umberto Nicolini, primario dell’ospedale Buzzi di Milano. Il medico ha reso noto venerdì che negli scorsi mesi ha somministrato una pillola abortiva, utilizzata normalmente per gravidanze extrauterine, a donne con gravidanze normali. La notizia ha provocato la reazione del direttore dell’ospedale e del presidente della Regione, che hanno detto: “Questo tipo di utilizzo deve essere subito interrotto”. Sulla questione la Cgil attacca: “Si tratta dell’ennesimo tentativo di negare alle donne il diritto di scegliere di interrompere la gravidanza in sicurezza, senza ulteriori rischi e ulteriore dolore”. Poi polemizza anche con Roberto Formigoni: “È davvero singolare la solerzia con cui il presi dente della Regione si impegna a contrastare applicazioni sperimentali della legge, che possono favorire il progresso scientifico in favore della salute delle donne”».

È grottesco: la CGIL che si inalbera a difesa della salute delle donne proponendo il diritto di scegliere un farmaco scartato negli Usa, perché inefficace e tossico, dodici anni prima!

E’ vero che la Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha dato parere favorevole all’immissione in commercio della Ru486?

Cavoni: La procedura del mutuo riconoscimento è una sorta di corsia preferenziale per raggiungere nuovi Stati quando un farmaco ha già ricevuto l’approvazione da un’autorità competente di uno degli Stati dell’Unione Europea. Il mutuo riconoscimento si avvia su richiesta dell’azienda e si basa sullo scambio di informazioni tra gli organismi nazionali coinvolti.

Dunque come per ogni farmaco l’azienda produttrice chiede che il prodotto venga immesso sul mercato, produce un dossier scientifico sulla sperimentazione ed eventuali effetti collaterali, oppure può scegliere la strada del mutuo riconoscimento, visto che è già in vendita in altri Paesi dell’Unione Europea. Una volta presentata la richiesta, questa viene esaminata dalla Cuf, che valuta l’eventuale tossicità del farmaco e il prezzo richiesto.

Il fatto singolare è che le autorità italiane che avrebbero dovuto muovere obiezioni ed eventualmente rigettare la richiesta dell’azienda, abbiamo fatto finta di non vedere le sedici morti di donne che in precedenza avevano assunto la pillola abortiva.

I dati riportati dalla letteratura scientifica internazionale ci sono; per molto meno in alcuni Paesi europei è stato ritirato di recente un noto antidolorifico. Solo per fare un esempio negli anni 2001-2005 la letteratura ha segnalato cinque casi di morte in donne (quattro statunitensi ed una canadese) che avevano fatto uso di mifepristone e la prostaglandina.

Prima di essere distribuita e venduta nelle farmacia la Ru486 manca dell’autorizzazione all’uso ospedaliero e poi manca l’esame da parte della Commissione prezzi e rimborsi ed il parere finale del Consiglio di Amministrazione dell’AIFA. Il prossimo consiglio di amministrazione dell’AIFA si riunirà a febbraio del 2009. Lei pensa che l’opinione pubblica, i mass media, le associazioni per la difesa della salute delle donne nonché il popolo della vita, possano fare qualche cosa per impedire che la Ru486 venga messa in libera vendita?

Cavoni: Credo che stando così le cose sia molto difficile impedire che l’Ru486 venga immessa sul mercato italiano. Di fronte alla indifferenza delle autorità preposte, dei politici che non si sporcano le mani sui temi etici perché fanno perdere voti, il popolo delle vita può e deve in primo luogo continuare a gridare e a scendere in piazza e poi, in secondo luogo, può pretendere e fare in modo che raggiunga l’opinione pubblica una informazione capillare su questi temi.

Non dimentichiamoci che l’Ru486 è sbarcata in Francia negli anni ‘80 grazie unicamente all’
appoggio dei mass media. Senza di essi probabilmente essa sarebbe rimasta una delle tante ricerche  nei cassetti di qualche ricercatore vanaglorioso e poco rispettoso della vita umana.

Lo stesso Baulieu scrive: “Ero stupito di tanto clamore. Non avevo pensato alle ripercussioni mediatiche; fintanto che l’effetto dell’Ru486 non fosse stato dimostrato meglio il suo utilizzo pratico non poteva essere immediato, per molte ragioni. Bisognava verificare, ampliare gli studi, procedere alle formalità amministrative. Di solito si sente parlare di un nuovo farmaco al momento del suo lancio sul mercato. Noi ne eravamo lontani: non si trattava che di una comunicazione scientifica. Sembra che l’importanza del tema e l’evidenza dei risultati abbiano accelerato il percorso. Senza dubbio la storia dell’Ru486 di questi giorni è stata influenzata dall’eco mediatica che ha suscitato”.

E va detto, infine, che Baulieu ha avuto senza dubbio un ruolo da protagonista nella vicenda, tanto che oggi tutti lo definiscono il padre della pillola Ru486, benché nel brevetto dell’Ru486 il suo nome non compaia mentre vi compaiono i nomi degli scienziati che, probabilmente sotto la guida di Baulieu, hanno messo a punto la molecola.

Così come lo studio presentato all’accademia delle scienze di Francia nel 1982 che diede il via alla storia della pillola è il seguente: W. HERMANN, R. WYSS, A. RIONDEL ET AL., Effet d’un stéroide antiprogesterone chez la femme: interruption du cyclemenstruel et de la gros esse au début, in «C.R. Acad. Sci.», Pa rigi 1982, 3, 294, pp. 933-938.

Probabilmente per presentare lo studio all’Accademia, occorreva che uno degli autori ne fosse membro. Baulieu lo era diventato qualche mese prima. Un po’ per questo e un po’ perché egli era stato da sempre, in qualità di professore di endocrinologia, uno degli studiosi più noti nel settore, il suo nome comparve in coda all’articolo.

È dunque sull’informazione che si gioca la partita: non a caso non dimentichiamoci mai che Baulieu cambiò i termini della questione: pillola contragestiva e non abortiva. Perché l’aborto fa paura a tutti. Anche a chi vi si sottopone. Perché dietro l’aborto c’è la morte di una vita umana.

 

 

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ZENIT Staff

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