Retrocede in Occidente la libertà religiosa (parte I)

Intervista all’editore di e-libertadreligiosa.net

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di Inma Álvarez

BUENOS AIRES, lunedì, 2 novembre 2009 (ZENIT.org).- La libertà religiosa retrocede nel mondo e soprattutto in Occidente. È quanto afferma il presbitero spagnolo Pedro María Reyes Vizcaíno, autore di e-libertadreligiosa.net, una pagina che raccoglie notizie e riflessioni da tutto il mondo su tale questione.

Reyes Vizcaíno ha ottenuto la laurea in giurisprudenza presso l’Università autonoma di Madrid e il dottorato in diritto canonico presso l’Università di Navarra. Ordinato sacerdote nel 1992, risiede attualmente in Argentina. È anche autore di Ius Canonicum, una pagina Internet di consultazione su questioni di diritto canonico.

Oltre alla sua attività di canonista, si dedica ad approfondire i temi della libertà religiosa “per interesse personale”: un ambito che, a suo avviso, richiede maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica. Su questi temi ha concesso un’intervista a ZENIT.

In termini generali, secondo lei la libertà religiosa sta retrocedendo nel mondo? Quali fattori influiscono su questo fenomeno?

Pedro Reyes: Appare evidente che negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una retrocessione della libertà religiosa nel mondo. Da una parte ci sono le persecuzioni contro i cristiani, che talvolta sono violentissime, con morti ed espulsioni dai loro territori.

Il XX secolo è stato definito il secolo dei martiri. In occasione del Grande Giubileo del 2000, la Santa Sede ha raccolto in un libro le testimonianze di 12.692 persone dei cinque continenti.

Dall’anno 2000 non sembra che le persecuzioni siano diminuite. Nell’ottobre del 2008 l’organizzazione evangelica Release International ha stimato che nel 2009 vi saranno 300 milioni di cristiani che nel mondo soffriranno di persecuzioni a causa della loro fede. L’Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, lo scorso 21 ottobre ha indicato tale cifra in 200 milioni.

Esistono poi anche altri attentati contro la libertà religiosa, più subdoli anche se non violenti, che si verificano nell’Europa occidentale. In questa regione del mondo si sta diffondendo una dottrina laicista radicale che ha la pretesa di sradicare la fede cristiana – o qualunque altra credenza religiosa – dalla vita pubblica. In nome del laicismo si cerca di vietare qualunque manifestazione pubblica della fede. Vengono banditi i crocifissi dai luoghi pubblici, si vietano celebrazioni religiose per le strade, o, cosa ancor peggiore, si censura l’opinione dei vescovi per il solo fatto di essere vescovi.

Si è arrivati a dei limiti del tutto ridicoli, come la denuncia alla FIFA del luglio scorso contro la squadra del Brasile, perché dopo aver vinto un trofeo ha rivolto una preghiera di ringraziamento a Dio. Oppure il tentativo in Catalogna di cambiare il nome delle vacanze di Natale e di Pasqua, in vacanze d’inverno e di primavera, in questo anno accademico.

Dopo il crollo del Muro di Berlino e la libertà recuperata dei Paesi dell’Est, soprattutto la libertà religiosa, sembrava che il sistema delle libertà dell’Occidente si andasse piano piano consolidando. Non è così?

Pedro Reyes: Effettivamente nel 1989 il mondo intero – e l’Europa in particolare – sembrava essersi risvegliato da un incubo, per iniziare una nuova era di libertà e di pace. Quell’anno ebbi la fortuna di vivere a Roma e ricordo con emozione il passaggio di Gorbaciov su Via della Conciliazione, verso il Vaticano, per incontrarsi per la prima volta con Giovanni Paolo II. Eravamo lì, centinaia di persone, laici sacerdoti, frati e suore, acclamando il leader dell’Unione Sovietica come un liberatore. Chi lo avrebbe detto uno o due anni prima.

Ciò che è avvenuto in Europa orientale è un esempio di come non tutto negli ultimi decenni sia stato negativo. In quei Paesi vivevano decine di milioni di cristiani che praticavano la fede nelle catacombe e che ora possono esprimersi alla luce del giorno. Rimane tuttavia un compito davanti: coniugare la libertà religiosa con il pieno sviluppo della persona, senza cadere per esempio nel laicismo come sta avvenendo nel resto dei Paesi di cultura occidentale.

Da dove nasce politicamente il laicismo attuale? Quali scopi persegue? Perché uno degli obiettivi fondamentali in ogni parte ove si afferma sono i cosiddetti “diritti sessuali e riproduttivi”?

Pedro Reyes: La laicità positiva ha in realtà radici cristiane. Già nel lontano anno 494, Papa Gelasio I spiegava in una lettera all’imperatore Anastasio I che “sono due le autorità che reggono principalmente questo mondo: la sacra autorità dei vescovi e la potestà regale”. E gli ricordava che, così come l’imperatore deve obbedire ai sacerdoti nelle questioni spirituali, così “nelle cose temporali, invece, riguardanti lo Stato, anche i preposti al culto di Dio prestano obbedienza alle tue leggi, perché sanno che per divino potere ti fu data la potestà imperiale affinché nelle cose temporali ogni resistenza venisse esclusa”.

Un altra questione è quella del laicismo radicale che adesso si diffonde nel mondo. Le sue origini si trovano nell’Illuminismo e nella Rivoluzione francese, che vedeva il Cattolicesimo come un nemico e che cercò di riorganizzare la Chiesa cattolica, richiedendo ai sacerdoti persino un giuramento di fedeltà alla nuova organizzazione.

Da allora, in una forma o in un’altra, i poteri pubblici troppo spesso hanno avuto la tentazione di intervenire nelle questioni della Chiesa cattolica. Sembra che uno dei grandi desideri dei laicisti radicali sia di dire alla Chiesa cosa deve predicare dai pulpiti, come se le omelie o le dottrine religiose dovessero essere approvate nei parlamenti. È curioso che chi si scandalizza per un vescovo che critica una legge, lo fa in nome della piena autonomia dello Stato dalla Chiesa. Non si sopporta che una religione consideri peccato certi comportamenti.

L’insistenza sui cosiddetti diritti riproduttivi e sessuali deriva dalle correnti che sono emerse dalla rivoluzione del maggio 1968, il Maggio francese. Da allora si cerca di introdurre questi concetti nell’ordinamento giuridico. A quell’epoca il quadro delle dichiarazioni internazionali dei diritti umani era già stato completato con la Dichiarazione universale approvata dalle Nazioni Unite nel 1948. Per questo i promotori di questi presunti diritti stanno cercando di ridefinire il contenuto stesso dei diritti umani, secondo il loro pregiudizio.

Dal punto di vista della libertà religiosa, sembra chiaro il tentativo di limitare la libertà dei credenti di esprimere le proprie convinzioni sui temi morali (che è un diritto riconosciuto dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e da tutti i trattati internazionali in materia) per tutelare un diritto che non è neanche riconosciuto.

Che peso ha avuto, nella Chiesa, la dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa? È possibile che l’abbia preparata per i tempi attuali?

Pedro Reyes: Penso che la migliore risposta l’abbia data Joseph Ratzinger nel 1965. In quell’anno affermò: “Verrà il tempo in cui il dibattito sulla libertà religiosa sarà annoverato tra gli eventi più rilevanti del Concilio (…). In questo dibattito era presente nella basilica di San Pietro ciò che chiamiamo la fine del Medioevo, anzi, dell’era costantiniana. Poche cose degli ultimi 150 anni hanno inferto alla Chiesa un danno così ingente come la persistenza ad oltranza su posizioni proprie di una Chiesa statale, abbandonate nel corso della storia.” (Joseph Ratzinger, Resultados y perspectivas en la Iglesia conciliar, Buenos Aires 1965).

Ancora non abbiamo una prospettiva storica sufficientemente ampia per avvertire l’importanza della dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa. Se si avverano le previsioni, si potrà dire che con questa dichiarazione è stata inaugurata una nuova tappa nei rapporti tra la Chies
a e lo Stato, basati sul rispetto reciproco e sull’autonomia di entrambe le realtà.

Penso che la Dignitatis humanae contenga in realtà anche un invito ai cattolici. In effetti, questo documento conciliare, oltre a dichiarare l’immunità dalla coazione in materia di libertà religiosa, proclama anche l’obbligatorietà per ogni uomo di seguire i dettami della propria coscienza.

Dal momento in cui i cristiani hanno assunto il dovere di trasformare in senso cristiano le strutture della società – compito proprio dei fedeli laici – diventa fuori luogo delegare questo compito a un’istituzione politica come lo Stato. Gli Stati devono rispettare la legge naturale, ma sono i fedeli cristiani che devono fare in modo che la società sia ogni giorno più cristiana.

[La seconda parte di questa intervista sarà pubblicata il 3 novembre]

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ZENIT Staff

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