ROMA, lunedì, 16 novembre 2009 (ZENIT.org).- Suscita una sana attenzione il libro “Gli errori di mamma e papà. Guida per non sbagliare più” (Edizioni Ancora) scritto dal compianto Gianni Astrei, da sua moglie Antonella Bevere e da Diano Pierluigi.
Forse il titolo del libro, giustamente esplicito, può scoraggiare qualche genitore bisognoso di rassicurazione, piuttosto che aperto ad una sincera ricerca di illuminazione nel suo delicatissimo compito. Così potrebbe provocare, nei ragazzi più grandi, un compiaciuto sorrisetto di rivalsa: “Finalmente, anche i miei genitori hanno qualche insufficienza in pagella!”.
Sicuramente attirerà, invece, le mamme e i papà consapevoli di vivere una straordinaria avventura, ontologicamente umana, e tuttavia più grande di loro; intuendo in ogni figlio un mistero che va sempre al di là di ogni prevedibile progetto. Altri potrebbero essere stimolati a leggere il libro soprattutto dalla promessa contenuta nel sottotitolo: “Guida per non sbagliare più”.
Chi può resistere ad un simile invito? Ma questo libro va persino oltre quanto promette in copertina.
Non è, come potrebbe sembrare, soltanto un manuale di pronto soccorso per avere immediate e indefettibili soluzioni ai possibili 136 errori da evitare. Il libro, infatti, è percorso da un’unità di fondo. Un humus culturale, psicologico e spirituale-religioso che riflette una genitorialità in cui amore e gratuità trasudano da ogni gesto; ma che, nel contempo, non fa sconti e risulta tanto più impegnata quanto più alta è la concezione della persona che si deve educare.
Ciò che affascina e convince oltremodo nel libro, oltre alla specifica e multiforme professionalità degli Autori, è la netta percezione di essere immersi, non solo nelle loro parole, ma in una testimonianza di vita talmente coerente, da sentirsi quasi trasportati nell’intimità delle loro famiglie. Non di famiglie disincarnate e perfette; ma realisticamente serene, non solo per la gioia della maternità o della paternità, ma in quanto affrontano, con il coraggio dell’umiltà, gli insuccessi, i sacrifici e le inevitabili tensioni anche tra i coniugi.
Qual è il segreto del loro equilibrato ottimismo? L’umiltà di riconoscere che, da soli, non possiamo portare il peso della formazione integrale dei nostri figli. E quale via è più sicura di quella che ci aiuta a far brillare nei loro cuori e nei loro volti l’Immagine del Creatore? Piuttosto inedite, ma da me profondamente condivise e vissute, sono affermazioni quali: “Possibilmente i genitori e i bambini dovrebbero andare insieme a confessarsi dal medesimo sacerdote… come per la scelta del pediatra, che in genere è lo stesso per tutti i bambini della famiglia, così è per il sacerdote. Il quale, in tal modo, acquisisce la possibilità di conoscerci a fondo e di proporre i consigli più adatti alla nostra specifica condizione”.
Le dinamiche intrafamiliari, che si istaurano fin dalle prime fasi evolutive, sono il luogo della formazione dell’autostima, indispensabile alla realizzazione del bambino, che si sviluppa non tanto nell’accondiscendenza a tutto ciò che il bambino vorrebbe ottenere, ma quando in famiglia si istaurano delle regole e c’è coerenza nel fare e nel chiedere.
Non si conquista l’affetto e la stima del figlio consentendogli di fare cose sbagliate. Al contrario, se i figli sono certi che mamma e papà si vogliono molto bene, che tra loro c’è unità di decisione e sono insostituibili, vivranno la famiglia come il luogo dell’accoglienza, ma anche della verità: ecco allora che accetteranno senza drammi quei “no” che li faranno crescere.
Questo libro può essere visto come un invitante “catechismo pedagogico”, che tutte le giovani famiglie dovrebbero conoscere; in cui la saggezza degli Autori si manifesta, fin dalle primissime pagine (errore n. 2), anche nel sottolineare l’insostituibile carisma dei nonni nei confronti dei loro nipoti. “L’errore da evitare in maniera assoluta è quello di utilizzare i nonni alla stregua di una babysitter.
Per questo quando si prendono cura dei nostri figli, non possiamo dare loro delle indicazioni imperative e ben codificate che esigiamo vengano assolutamente rispettate. E’ evidente invece che il tono deve essere colloquiale, caratterizzato da delicatezza del tratto, dal riconoscimento delle loro qualità e, cosa molto importante, da uno spirito di riconoscenza”.
Più che un libro è un’esperienza di vita entusiasmante; in cui si sente tutto lo spessore affettivo di una mamma, Antonella Bevere, che pur tra mille impegni, non si lascia sfuggire alcun aspetto della vita dei figli e sa intervenire in modo delicato, ma incisivo.
E vi si respira una traccia profondissima di un padre, come Gianni Astrei, che non appagandosi della sicurezza che può vantare un pediatra, ha vissuto in un’alta dimensione del divino, proiettando nell’eterno ogni gesto e ogni pensiero per i suoi figli, nella totale complementarietà coniugale.
Pur essendo stato chiamato improvvisamente ad una Vita migliore, “perché ha avuto un ampio sconto della pena, forse per buona condotta!”, come scrive la moglie “che sente in modo inesprimibile la sua mancanza”, ha lasciato alla sua famiglia la forza e le possibilità infinite di realizzarsi in tutta la sua bellezza.