BARCELLONA, venerdì, 27 novembre 2009 (ZENIT.org).- Il sacerdote Josep Samsó i Elias, martirizzato nel 1936, sarà beatificato il 23 gennaio 2010 nella basilica di Santa Maria a Mataró (Spagna), città di cui fu parroco.
Il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il Cardinale Angelo Amato, assisterà alla cerimonia insieme a moltissimi ecclesiastici e fedeli.
Sarà la prima beatificazione celebrata nell’Arcidiocesi di Barcellona seguendo le disposizioni di Benedetto XVI, secondo le quali le beatificazioni si celebrano nelle Chiese locali in cui hanno vissuto le persone beatificate, ha reso noto a ZENIT l’Arcivescovado di Barcellona.
La beatificazione del presbitero “è un avvenimento soprattutto spirituale e siamo tutti chiamati a viverlo come azione di grazie a Dio e come un invito a imitare oggi le sue virtù, l’apostolato e la testimonianza di fede – portata fino al culmine del martirio – che ci ha lasciato questo santo sacerdote”.
Lo hanno segnalato i Vescovi della provincia ecclesiastica di Barcellona in una lettera pubblicata in occasione della beatificazione, in cui sottolineano la sua dedizione alla catechesi e alla confessione, alla direzione spirituale e alla promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose.
Allo stesso modo, hanno indicato il “ricordo indimenticabile tra i suoi compagni di carcere” lasciato durante i mesi in cui rimase prigioniero, quando scoppiarono la Guerra Civile spagnola e la persecuzione contro la Chiesa, per la sua condizione di sacerdote.
Mataró e Ars
I presuli hanno paragonato Samsó a San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, il cui 150° anniversario della morte ha portato alla celebrazione dell’Anno Sacerdotale in tutta la Chiesa.
Entrambi “sono stati parroci di comunità cristiane, pieni di zelo per portare l’amore di Dio agli uomini e per condurre gli uomini all’accettazione della misericordia divina”, indica la lettera dei Vescovi, datata 22 novembre.
“Entrambi sono stati evangelizzatori fedeli, in opere e parole, pieni di carità, e ci invitano a dedicarci all’opera di evangelizzazione”.
Josep Samsó i Elias nacque a Castellbisbal il 17 gennaio 1887. Come frutto della buona educazione cristiana ricevuta in famiglia, studiò nel Seminario di Barcellona, “con una condotta esemplare e grande dedizione allo studio”.
Per questo motivo, i suoi superiori gli chiesero di laurearsi in Teologia alla Pontificia Università di Tarragona, e come seminarista, nel 1909, il Vescovo di Barcellona Josep Laguarda lo prese come segretario particolare.
Venne ordinato sacerdote il 12 marzo 1910 ed esercitò il suo ministero in varie parrocchie, l’ultima delle quali fu quella di Santa Maria di Mataró, dove verrà beatificato.
Fu un modello di sacerdote dedito totalmente al ministero di parroco. I Vescovi dicono che era affabile e dotato di grande bontà.
Era anche “severo con se stesso, per temperamento e per virtù, ma comprensivo con gli altri e dotato delle qualità di governo per reggere le comunità che gli erano state affidate”.
Il primo catechista della Diocesi
Padre Samsó spiccò nel ministero della carità e della catechesi. La sua opera più nota in questo senso è la Guida per catechisti, preparata già nel marzo 1936 ma che non venne pubblicata fino al 1940.
Il Vescovo di Barcellona Manuel Irurita ha affermato in varie occasioni che Samsó era “il primo catechista della Diocesi”.
Monsignor Daniel Llorente, che fu Vescovo di Segovia ed esperto di catechesi, ha dichiarato che “il dottor Samsó aveva nella sua parrocchia di Santa Maria di Mataró il catechismo meglio organizzato di tutta la Spagna”.
La sua direzione spirituale spinse molte persone a seguire la prorpia vocazione sacerdotale o religiosa, promosse la puntualità all’ora delle Messe, cercava la perfezione negli atti liturgici per raggiungere il massimo splendore del culto. Il presbitero lavorò intensamente alla decorazione interna della chiesa di Santa Maria, che nel 1928 ottenne il titolo di Basilica Minore.
Nell’ottobre 1934, un gruppo di uomini armati entrò nella canonica di Santa Maria, minacciando il rettore e le persone che erano con lui. Li costrinsero ad andare nella navata centrale e a impilare sedie, ordinando al rettore di prenderle. Samsó si rifiutò, nonostante le minacce.
Gli uomini incendiarono un altare e alcuni oggetti. Il parroco li perdonò e non volle rivelare la loro identità quando l’autorità giudiziaria lo invitò a farlo.
Da quel giorno fino al suo arresto nel 1936, il sacerdote disse varie volte che si avvicinava una persecuzione sanguinosa. Il pericolo per la sua condizione di sacerdote e rettore lo portò ad accettare generosamente la possibilità del martirio, con un atteggiamento di speranza.
Perdono per i suoi assassini
Nel 1936 venne arrestato perché era un presbitero. In carcere seguì un programma rigoroso che gli permetteva di leggere il breviario, di meditare e organizzare turni per recitare il rosario di modo che le guardie non se ne rendessero conto.
Confessò anche alcuni detenuti, diventando catechista e apostolo per tutti, mostrandosi sempre gentile e condividendo con gli altri prigionieri le cose che gli portavano quanti andavano a fargli visita.
La sua prigionia terminò con il suo assassinio nel cimitero di Mataró il 1° settembre 1936. Samsó offrì la sua vita a Cristo con serenità e morì pronunciando parole di perdono per i suoi aguzzini.
Le guardie lo chiamarono al mattino perché la colonna di miliziani aveva chiesto che, prima di andare al fronte, morisse il rettore di Santa Maria.
Si congedò dai suoi compagni di prigionia con la sua frase abituale, “Dio sopra a tutto”, e venne portato con le mani legate al cimitero di Mataró.
Dopo aver salito le scale, chiese che lo slegassero e volle abbracciare coloro che lo avrebbero ucciso.
Disse loro che li perdonava come Gesù aveva fatto con quelli che lo avevano inchiodato sulla croce.
Quando cercarono di coprirgli gli occhi chiese che non lo facessero, perché voleva morire guardando la città in cui vivevano i fedeli che tanto amava.
Il desiderio di promuovere la sua beatificazione è stato vivo fin dalla sua morte, soprattutto a Mataró.
“In particolare – scrivono i Vescovi nella loro lettera –, ci sembra che il perdono con cui è morto ci chieda di essere sempre, e soprattutto nelle attuali circostanze del nostro Paese, promotori di quello spirito di perdono e di riconciliazione che ha caratterizzato i migliori seguaci di Gesù Cristo”.
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