Marcel Van: l'incontro tra Oriente e Occidente

Intervista al sacerdote domenicano Gilles Berceville

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di Marine Soreau

PARIGI, lunedì, 1° febbraio 2010 (ZENIT.org).- Marcel Van, giovane redentorista vietnamita, nacque nel 1928 in un villaggio cattolico del nord del Vietnam. Fratello spirituale di Santa Teresa di Lisieux, scoprì con lei che la santità era per tutti.

Teresa gli rivelò la sua vocazione: non sarebbe stato sacerdote; imparò alla sua scuola ad essere l’Apostolo nascosto dell’amore, con il grande desiderio di rendere presente Dio dove non c’era. Morì a 31 anni in un campo comunista, dov’era stato condannato a 15 anni di lavori forzati.

Padre Gilles Berceville, domenicano francese autore di “Marcel Van ou l’infinie pauvreté de l’Amour” (“Marcel Van o l’infinita povertà dell’Amore”) (Ed. de l’Emmanuel/Les Amis de Van, 2009), evoca per ZENIT la figura di questo giovane vietnamita nel quale Oriente e Occidente si incontrano.

Si può separare Marcel Van dalla figura di Santa Teresa del Bambin Gesù, oggi considerata un po’ come la sua grande sorella spirituale?

Gilles Berceville: Van era un ragazzo molto credente che ebbe sempre una relazione intima con Cristo, una pratica eucaristica regolare, la convinzione che Dio è amore e un grande legame con la Santissima Vergine.

A 14 anni scoprì la “Storia di un’anima” di Santa Teresa e poco dopo sentì che la santa gli parlava. Questo scambio misterioso durò fino alla fine del suo noviziato.

Che cosa ha scoperto con lei?

Gilles Berceville: Con Teresa scoprì che il suo desiderio di santità si poteva realizzare perché era anche il desiderio di Dio.

Dio è “condiscendente”: non è un Dio che ci punisce con rigore esigendo ciò che non siamo in grado di fare, ma un Dio che pensa come aiutarci e in qualche modo si adatta a ciò che siamo perché noi ci adattiamo a come Egli è.

Quando Van lesse “Storia di un’anima”, si sentì unito a ciò che aveva vissuto. Venne liberato dalla sua paura di Dio.

Alla scuola di Teresa, imparò anche un nuovo modo di pregare: come un figlio parla al padre. Tutto ciò che vive un bambino interessa a un padre come a Dio.

Teresa gli rivelò anche la sua vocazione: non sarebbe stato sacerdote. Dovette allora rinunciare al progetto di vita che aveva avuto fino a quel momento.

Conobbe questo ideale di essere l’apostolo dell’Amore in una vita nascosta agli occhi del mondo: una vita di preghiera, di intercessione per i sacerdoti e per i peccatori, per i bambini, per la Chiesa.

Condivise poi con Dio, secondo la sua espressione, “l’infinita povertà dell’Amore”.

Marcel Van era redentorista. Che cosa ci dice sul mistero della redenzione?

Gilles Berceville: Marcel Van aveva un grande desiderio di rendere Dio presente dove non c’era. Questa era un’intuizione forte.

Durante il noviziato, i suoi confratelli gli chiesero scherzando se gli sarebbe piaciuto vivere con i comunisti. Disse di sì. I suoi compagni lo presero in giro.

Marcel però non stava scherzando: voleva realmente amare Dio con i comunisti perché ci fosse almeno una persona che amava Dio con i “senza Dio”.

Si unì nella fede all’opera redentrice di Cristo, provando spesso una grande solitudine.

Negli anni di postulato e noviziato conobbe una grande intimità con Cristo, e dovette poi attraversare le tentazioni, l’asprezza e la notte.

Van si unì anche ai peccatori dove si trovavano. Visse le sue notti, ma le visse nell’amore.

Sentiva che questo gli avrebbe permesso di trasmettere l’amore di Gesù ad altri. Era il suo ingresso nel cuore di Cristo redentore.

Si è unito a Cristo nell’opera di salvezza che dura ancora oggi e partecipa alla comunione dei santi.

Durante la sua vita, Van ricevette la missione di pregare per la Francia. Il suo Paese viveva una fase turbolenta con la fine dell’Indocina francese. Che rapporto aveva con la Francia e con i francesi?

Gilles Berceville: Van aveva un rapporto complesso con la Francia. Solidale con i suoi compatrioti umiliati dalla colonizzazione, era spontaneamente antifrancese, ma non dimenticava che la sua Chiesa era nata e si era sviluppata grazie ai missionari francesi (a nord c’era anche l’azione degli spagnoli).

La Francia è il Paese di Teresa, ed egli ricevette la missione – come si vede nei suoi scritti – di pregare perché la Francia si mettesse al servizio dell’amore di Gesù.

Credo però che questo non riguardi solo il destino della Francia. Si tratta del destino di tutte le Nazioni: ogni popolo ha valore agli occhi di Dio.

C’è qualcosa di simbolico in ciò che Van dice delle relazioni tra Vietnam e Francia. Riguarda la relazione tra tutti i popoli, le Nazioni e le culture. E’ un messaggio di pace.

E un messaggio universale?

Gilles Berceville: L’universalità non è un ideale astratto. Nell’amore c’è un arricchimento concreto di tutti per tutti. E’ un po’ quello che Van ci permette di vivere. Ci fa scoprire, grazie al Vangelo, quello che dovrebbe essere l’incontro tra Oriente e Occidente.

Il suo messaggio è fortemente attuale. Per la prima volta, si scopre un cristiano dell’Estremo Oriente che vive intensamente la sua fede, il cui messaggio è originale e di tale ampiezza che un teologo francese come me si mette a studiare il vietnamita per imparare qualcosa in più sul Vangelo.

Nel XVII secolo, Papa Innocenzo XI, beatificato da Pio XII, ha detto: “L’Oriente ci ha dato il Vangelo. Oggi l’Occidente deve restituirlo”.

Con Van, l’Oriente dice di nuovo qualcosa del Vangelo all’Occidente. E’ un magnifico esempio di scambio tra due Chiese.

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ZENIT Staff

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