Intervento della Santa Sede sulla promozione di un'autentica integrazione sociale

All’ONU, alla 48° sessione dell’Ecosoc

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CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 8 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’intervento pronunciato il 4 febbraio a New York dall’Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, in occasione della 48° sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale del Consiglio Economico e Sociale dell’Onu (Ecosoc) sul tema dell’integrazione sociale.

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Signor Presidente,

A nome della mia Delegazione desidero esprimere a lei e al Bureau i migliori auguri per una sessione feconda sul tema prioritario di quest’anno, «Promuovere l’integrazione sociale», e attendo con piacere di lavorare con i membri e le altre parti interessate per affrontare le pressanti sfide dell’integrazione sociale.

Da oltre vent’anni, ormai, la comunità umana sta vivendo e interagendo nel contesto della cosiddetta globalizzazione della società. E tuttavia, la «società  sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli»  (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 19). Tutti i responsabili della promozione dell’integrazione sociale e della coesione sanno fin troppo bene che non possono essere ottenute per mezzo di una semplice, seppure indispensabile, combinazione di buone leggi e di misure sociali e incentivi. C’è sempre il bisogno di andare oltre e prendere in considerazione il bene integrale della persona umana nelle sue diverse dimensioni, compresa quella spirituale.

In un mondo afflitto dalle grandi difficoltà della crisi economica e finanziaria, le deliberazioni sulla promozione dell’integrazione sociale devono tener conto del suo collegamento con lo sradicamento della povertà e la piena occupazione, che comprende un lavoro dignitoso per tutti.

Anche se il sistema finanziario sembra riacquistare stabilità e l’aumento della produzione in alcuni settori è segno di una ripresa economica, in molti luoghi il livello di disoccupazione continua a peggiorare.

In questo contesto, al fine di promuovere la crescita economica e sociale, insieme all’occupazione, sembra che gli schemi di consumo dovrebbero concentrarsi sui beni e i servizi relazionali che favoriscono un maggiore legame tra le persone. Investendo nei beni relazionali, come l’assistenza medica, l’educazione, la cultura, l’arte, lo sport — tutte cose che sviluppano la persona ed esigono un’interazione umana unica piuttosto che una produzione meccanica — lo Stato, attraverso gli interventi pubblici, affronterebbe la questione dello sviluppo alla radice, favorendo al contempo l’occupazione e lo sviluppo a lungo termine.

Lo sviluppo e l’integrazione sociale non si realizzeranno soltanto attraverso soluzioni tecnologiche, poiché riguardano principalmente le relazioni umane.

Concentrarsi sulle relazioni umane esige un’apertura alla vita che è un contributo positivo allo sviluppo sociale ed economico. In questa luce, troppo spesso la crescita demografica è vista come causa della povertà mentre invece è un mezzo per superarla, poiché solo nella forza lavoro si può trovare la soluzione alla povertà. È pertanto indispensabile che i Paesi concentrino i loro sforzi sulla ricerca di modi e mezzi per far sì che le persone ricevano la necessaria preparazione, formazione ed educazione affinché l’ingegno umano possa essere utilizzato in un modo che promuova lo sviluppo e i diritti umani. Similmente, laddove i tassi di crescita economica sono diminuiti, le risposte non stanno nel cercare di chiudere la società agli altri e nel fare pressione per una diminuzione della popolazione, bensì nel creare una società che sia aperta alla vita e la incoraggi. Promuovere la vita e la famiglia e trovare modi per integrare il contributo di tutte le persone permetterà alle società di realizzare il loro pieno potenziale e ottenere lo sviluppo.

Per questa ragione la famiglia occupa un posto centrale. La famiglia è il primo contesto in cui i bambini acquisiscono certe capacità, atteggiamenti e virtù che li preparano come forza lavoro e quindi permettono loro di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. L’educazione e la formazione sono un investimento a lungo termine. Ciò esige che le politiche che promuovono la famiglia non si basino solo sulla ridistribuzione, ma soprattutto sulla giustizia e sull’efficienza, e che si assumano la responsabilità delle necessità economiche e del giusto trattamento fiscale delle famiglie.

Signor Presidente, mentre promoviamo l’integrazione sociale nel mondo attuale, non possiamo ignorare la crescente attenzione che occorre rivolgere alla migrazione, e in particolare alla migrazione irregolare.

Sempre più spesso si osservano intolleranza e attriti reciproci tra i cittadini e i nuovi arrivati nei paesi in cui vi è un’immigrazione intensa. Questo fenomeno esige una grande attenzione per i due percorsi dell’accettazione dei migranti e del rispetto della legge, nei quali si possono trovare le soluzioni al problema. Anche in questo campo l’integrazione e la coesione sociale sono i parametri che ci consentono di trovare soluzioni adeguate alle complesse questioni legate all’immigrazione.

L’integrazione richiede molto tempo e generalmente viene realizzata nelle generazioni successive. Si fonda sulla premessa di una visione proattiva della cittadinanza nazionale e dei meccanismi di interazione, che implica il pieno rispetto dei diritti fondamentali di tutti — dei cittadini come pure dei nuovi arrivati — e una cultura di giustizia sociale.

Nei programmi di integrazione sociale, che includono gli sforzi per superare il divario nell’educazione, nell’assistenza sanitaria e nella cura per l’ambiente, un ruolo importante viene svolto dalla società civile e dalle organizzazioni confessionali, poiché contribuiscono ad assicurare il coinvolgimento delle comunità locali e promuovono la cooperazione e la partecipazione di tutti i popoli.

[Traduzione del testo in inglese a cura de L’Osservatore Romano]

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ZENIT Staff

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