ROMA, martedì, 23 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il “Consiglio dei Leader delle Chiese cristiane” in Iraq, un nuovo organo di coordinamento che riunisce i capi di 14 Chiese cristiane del paese, ha espresso dolore per le recenti violenze ai danni dei cristiani di Mossul ed ha incoraggiato una vasta mobilitazione della Chiese a livello internazionale.
Nell’ultima settimana sono stati uccisi, infatti, 5 cristiani nella città irachena di Mossul. L’ultima vittima in ordine di tempo è stato un cristiano-ortodosso di 57 anni rapito una settimana fa nel quartiere settentrionale di Al-Habda e ritrovato morto il 20 febbraio.
Il Segretario Generale del Consiglio, mons. Avak Asadourian, Arcivescovo della Chiesa ortodossa armena, ha dichiarato all’agenzia Fides: “Condanniamo i conflitti e gli atti di violenza contro le comunità cristiane presenti in Iraq, soprattutto quelli che in questi giorni si stanno abbattendo contro i fedeli di Mossul”.
“In questo momento di sofferenza – ha continuato – chiediamo con forza al governo di fare il proprio dovere nel mantenere la pace e garantire la sicurezza per tutti i cittadini dell’Iraq. Chiediamo a tutte le Chiese nel mondo e a tutti gli uomini di buona volontà di alzare la voce e di mettere in atto tutti mezzi pacifici e diplomatici per aiutarci”.
L’Arcivescovo ha poi ricordato che “i cristiani in Medio Oriente hanno dato un notevole contributo alla cultura e al progresso di questa terra, dove vivono da millenni”, come “espressione di carità, di testimonianza cristiana, di passione umana”.
Nei giorni scorsi i Vescovi cristiani di Mossul hanno scritto e consegnato al governatore locale un accorato appello firmato da mons. Gregorios Saliba, Arcivescovo siro ortodosso, mons. Basile Georges Casmoussa, Arcivescovo dei siro-cattolici di Mossul, e dall’Arcivescovo caldeo cattolico, Emile Nona.
“Abbiamo parlato con lui e con il capo della polizia sulla situazione dei cristiani, in particolare a Mossul – ha detto ai microfondi della Radio Vaticana, mons. Basile Georges Casmoussa –. Siamo stati molto determinati nell’identificare le responsabilità delle autorità locali e centrali in merito alla sicurezza dei cittadini, in particolare dei cristiani. Siamo stati ascoltati con disponibilità”.
“La sera stessa dell’incontro la televisione locale ha trasmesso un ampio programma su questo problema – ha continuato –. Il governatore ha parlato pubblicamente del nostro incontro e ha fatto un’ottima dichiarazione. Sappiamo anche che in sede di governo ci sono stati dibattiti proprio sulla situazione dei cristiani”.
“Il problema – ha continuato l’Arcivescovo dei siro-cattolici – è che a Mossul non c’è un quartiere specifico nel quale vivono i cristiani. I cristiani e le loro case sono sparsi in tutta la città! Quello che è veramente necessario è che il governo punisca chi commette queste azioni, perché l’unica forza che noi abbiamo è il diritto. E in questo momento il diritto non c’è! Tutti gli uomini politici e tutti i partiti politici sono impegnati nella campagna elettorale”.
Intervenendo in questo clima di paura e incertezza che domina in Iraq, mons. Shlemon Warduni, Vicario patriarcale caldeo di Baghdad, ha detto sempre alla Radio Vaticana: “Noi facciamo del nostro meglio per difendere l’Iraq. Siamo pronti a compiere i nostri doveri e per questo chiediamo i nostri diritti. Chiediamo di essere protetti, nient’altro”.
A circa due settimane dalle prossime elezioni politiche irachene, fissate per il 7 marzo, ha continuato mons. Shlemon Warduni, “noi vogliamo che tutti partecipino alle elezioni, perché questo è un diritto ed è un dovere per tutti noi se vogliamo veramente costruire il nostro Paese”.
“Poi si devono eleggere le persone adatte: non si deve badare alla religione, ai partiti o alle etnie ma si deve anteporre il bene dell’Iraq – ha osservato –. Perciò, chiediamo di non politicizzare la questione dei cristiani, perché noi siamo con tutti quelli che vogliono il bene dell’Iraq, che vogliono costruire l’Iraq”.
“Siamo pronti a fare tutto per questo, anche a chiedere a tutti quelli che lanciano questi attacchi di guardare al cielo, di aver timore di Dio, perché il Signore non vuole che nessuno uccida l’altro – ha concluso –. La vita viene da Dio e torna a Lui, quindi noi siamo per un Paese che viva in pace e in sicurezza”.