di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 22 aprile 2010 (ZENIT.org).- Come può accadere che decine di migliaia di persone si mettano in viaggio per Torino, si mettano in fila per andare a vedere e meditare su un telo ingiallito e su cui si trovano immagini sbiadite e inspiegabili di un uomo crocifisso migliaia di anni fa?
Per i credenti quel telo è quello in cui è stato avvolto Gesù Cristo. Una reliquia unica e sconvolgente. Un telo impresso da una energia sconosciuta, con i resti ematici del crocifisso.
Alcuni intellettuali e giornalisti però sostengono che si tratta di un falso costruito ad arte per ingannare i credenti.
Tra le migliaia di libri, articoli, saggi che sono stati scritti sulla Sindone, partiocolarmente chiaro e esaustivo è il volume scritto da Emanuela Marinelli: “La Sindone. Testimone di una presenza” pubblicato dalla San Paolo.
Con una decina di libri, innumerevoli collaborazioni con riviste ed un numero impressionante di articoli Emanuela Marinelli è considerata una fra i massimi studiosi della Sindone.
Laureata in Scienze naturali, ha collaborato con “La Sapienza”, ha un diploma di Catechista specializzato, ed ha tenuto corsi presso il Centro Romano di Sindonologia e la Libera Università Maria SS.ma Assunta.
ZENIT l’ha Intervistata.
Più cercano di screditarla e più cresce l’interesse delle persone per questa tela di lino su cui è impressa in maniera inspiegabile l’impronta di un uomo morto in Croce: quali sono, secondo lei, le ragioni di questo continuo e rinnovato interesse?
Marinelli: I mass media hanno diffuso la conoscenza della Sindone. Chi viene a sapere che esiste questo straordinario telo vi si avvicina, talvolta, inizialmente solo per curiosità. Ma se si è senza pregiudizi si resta affascinati dal mistero di questa straordinaria reliquia.
Quali sono gli elementi e le ragioni che fanno credere che l’uomo impresso in quel telo sia Gesù di Nazareth?
Marinelli: Tutto coincide con la Passione di Gesù, anche in dettagli come la flagellazione, più abbondante di quella inflitta ai comuni condannati alla Croce.
Che relazioni ci sono con i racconti dei Vangeli e con la storia?
Marinelli: Le ferite dell’uomo della Sindone ci permettono di ripercorrere le sue ultime ore come in una via Crucis. E’ interessante che alcuni particolari però differiscono dall’iconografia tradizionale, come i chiodi conficcati nei polsi, ma coincidono con i dati archeologici.
Perchè tra le tante persone crocifisse dai romani, solo di questa è rimasta l’impronta sul telo? E in che modo la figura del corpo avvolto si è impressa sul telo?
Marinelli: Un qualsiasi crocifisso sarebbe finito in una fossa comune, non in un telo pregiato. L’uomo avvolto nella Sindone ci rimase poche ore e vi ha lasciato la sua impronta inspiegabile che può essere paragonata solo all’effetto di un lampo di luce.
Eppure una certa cultura accusa i credenti di essere tanto suggestionati dalla devozione da credere in un “lenzuolo sporco”, che altro non sarebbe che un falso creato ad arte per ingannare i credenti. Secondo gli esami per la datazione del lenzuolo, eseguiti nel 1988 con la tecnica radiometrica del Carbonio 14, il telo in questione sarebbe di una data compresa tra il 1260 e il 1390. Come replica a queste argomentazioni?
Marinelli: Il campione per la datazione fu prelevato da un angolo inquinato e rammendato, assolutamente non rappresentativo dell’intero lenzuolo. Quella datazione è stata ampiamente smentita.
Se veramente l’impronta e le tracce di sangue del telo sono di Gesù Cristo, la Sindone solleverebbe interrogativi sconvolgenti: ovvero, perchè il Signore ha voluto lasciare un impronta indelebile della passione di Gesù? In questo caso la Sindone sarebbe una prova decisiva per gli scettici. Qual è il suo parere in proposito?
Marinelli: Il Signore viene in soccorso di chi ha poca o nessuna fede presentando le sue piaghe come a Tommaso. Sta a noi inginocchiarci davanti a questa reliquia esclamando “Mio Signore e mio Dio!”.
Per chi è ostinatamente scettico nessuna prova basterà mai, Ma la Sindone, come disse Paul Claudel “più che un immagine è una presenza”. Giustamente Giovanni Paolo II la definì “Testimone muto ma singolarmente eloquente della Passione, morte e Resurrezione di Cristo”.