ROMA, mercoledì, 23 luglio 2010 (ZENIT.org).- “Il mondo politico deve sentire il Sud come una questione dell’Italia”: E’ quanto ha dichiarato alla Radio Vaticana mons. Giancarlo Maria Bregantini, Arcivescovo di Campobasso-Boiano e Presidente della Commissione per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della CEI, nel commentare il Rapporto Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, presentato il 21 luglio.
I dati emersi dal Rapporto fotografano un Sud in recessione cronica, dove 6,8 milioni di abitanti sono a rischio povertà e l’economia da 8 anni cresce meno di quella del nord, come non era mai accaduto dal Dopoguerra.
Nello steso giorno in cui l’Istat parlava di leggeri segnali di ripresa dovuti soprattutto ai produttori di macchine utensili (il fatturato dell’industria in maggio risulta superiore dell’8,9% rispetto a 12 mesi prima, anche se rimaniamo ancora il 16% sotto il maggio 2008) il Rapporto Svimez fa sapere che una famiglia meridionale su 5 non ha i soldi per andare dal medico e che nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per i vestiti e 8 su 100 hanno rinunciato a beni alimentari essenziali.
“Il primo sentimento che si prova davanti a questi dati – ha detto mons. Bregantini – è la tragica conferma che i numeri danno ragione al cuore, perché tutti i giorni – anche oggi, in questo momento – le sale di attesa dei vescovi sono gremite di persone che chiedono lavoro o che comunque domandano un aiuto, un’assistenza”.
“Intrecciando questi dati con quanto fanno le Caritas e le parrocchie, la situazione è sempre più allarmante – ha sottolineato il presule –. E questi dati confermano che il cuore, purtroppo, ha ragione: e cioè che il mondo del Sud è sempre più impoverito”.
Sul perché non si riesca a risolvere la questione meridionale, mons. Bregantini ha indicato due ragioni: “la prima è che non si vuole. Cioè, la questione meridionale la si rimuove ormai da tanti decenni, e non la si vuole affrontare perché affrontarla vuol dire rendere la questione meridionale questione ‘nazionale’, e questo non lo si vuole fare; perché è più comodo pensarla problema ‘settoriale’”.
“In realtà, ha ragione don Sturzo: la questione meridionale sarà risolta solo quando essa diventerà questione ‘nazionale’, che è poi il grande appello che già nel 1989 e tre mesi fa i vescovi hanno ribadito: ‘Il Paese non crescerà se non insieme’”.
“E la seconda causa – ha proseguito – è purtroppo legata anche ad alcune disfunzioni culturali e anche religiose e spirituali che la gente del Sud si porta dietro, per cui il peggior nemico del Sud non è la mafia, ma è non credere al proprio futuro, il non essere forti nella propria identità”.
“In fondo, quello che la Lega, in positivo, ha compiuto a Nord, è stato dare identità alle regioni del Nord. Però, la Lega ha poi compiuto un errore, che è quello di isolare il Nord dal Sud”, ha commentato.
“Al Sud – ha affermato l’Arcivescovo di Campobasso-Boiano – occorrerebbe una ripresa di dignità e di coraggio, in modo che possa prendere in mano la propria storia per renderla il più possibile affrontabile e risolvibile”.
“Perciò – ha evidenziato –, il mondo politico deve sentire il Sud come una questione dell’Italia, non del Sud; d’altra parte, la gente del Sud deve sentire la propria storia come propria, prendendola in mano fino in fondo”.
Affrontando una delle grandi piaghe del Sud, ovvero la mafia, il presule ha sottolineato che “è mancato, da parte del Nord e anche dello Stato, la coscienza che il problema della lotta alla mafia è un problema di tutti e lo si è delegato o affidato – tristemente – alle regioni meridionali, non averlo affrontato insieme, in alleanza, ha permesso alla mafia di estendersi, non solo: ma di capire che gli investimenti migliori per loro sono a Nord. La mafia pensa al Sud ma investe al Nord”.
“Le speranze del Sud sono tante, perché da credente si vede che laddove il Signore mette alla prova, dà anche la risposta. Mentre il Sud ha i suoi drammi, ha anche laici coraggiosi, preti che hanno dimensione vitale, vescovi che sanno alzare la voce, Chiese che sanno rendersi belle per tante vocazioni”, ha poi concluso.