Uno dei profughi ostaggi nel deserto del Sinai: “Venite a salvarci”

Mons. Vegliò: “lo status di migrante non cancella la dignità umana”

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ROMA, giovedì, 2 dicembre 2010 (ZENIT.org).- “Siamo incatenati, in condizioni gravissime, da tre giorni non mangiamo. Venite a salvarci!”. E’ l’appello lanciato questo giovedì, in diretta telefonica durante la trasmissione “Al di là della notizia” della Radio Vaticana, da uno dei 250 profughi da più di un mese nelle mani dei predoni nel deserto del Sinai, al confine tra Egitto e Israele.

“Siamo in una situazione terribile e stiamo rischiando la vita – ha detto –. Nove di noi sono stati picchiati selvaggiamente e ora sono feriti. Altri hanno malori per la fame o per l’acqua salata che ci danno da bere”.

“Siamo incatenati, in condizioni gravissime, da tre giorni non mangiamo. Venite a salvarci!”.

A denunciare la loro situazione è l’agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo. I profughi raccontano di essere partiti da Tripoli, in Libia, per andare in Israele.

Hanno pagato due mila dollari ma al loro arrivo i trafficanti hanno preteso 8 mila dollari per la loro liberazione. Al momento sei profughi sono stati uccisi dai sequestratori.

Il flusso dei profughi attraverso l’Egitto verso Israele è aumentato di recente dopo l’accordo tra Italia e Libia ratificato nel 2009 per contrastare l’immigrazione clandestina e la politica dei respingimenti che impediscono di arrivare in Europa direttamente attraverso il Mediterraneo.

“Un’altra tragedia dell’immigrazione – ha commentato l’emittente pontificia – che si consuma nell’indifferenza della comunità internazionale”.

In trasmissione sono intervenuti don Mussie Zerai, sacerdote eritreo della diocesi di Asmara, responsabile dell’agenzia Habeshia – che ha permersso di contattare telefonicamente i profughi – e Cristopher Hein, direttore del Consiglio italiano dei rifugiati.

“Oggi ho avuto due incontri alla Commissione esteri della Camera – ha spiegato don Zerai – sollecitando un intervento del Ministero dell’interno perché si faccia sentire con le autorità egiziane le uniche che possono agire direttamente in quel territorio. Infatti bisogna fare presto, perché più il tempo passa più c’è il rischio che ci siano altri morti, oltre ai sei di cui ci hanno già riferito”.

“Da quello che abbiamo appreso – ha continuato il sacerdote – imprigionate potrebbero esserci circa 600 persone, solo un gruppo ben organizzato di trafficanti può fare questo. Ci appelliamo alle autorità, alle istituzioni, alla comunità internazionale, perché intevengano per salvarli”.

“Bisogna garantire un percorso protetto d’ingresso in Europa per i richiedenti asilo – ha aggiunto il sacerdote eritreo –. Bisogna distinguere tra i migranti e chi fugge da situazioni di persecuzione, guerra o fame. Le politiche migratorie europee arrivano così di fatto a una negazione del diritto d’asilo”.

Sempre ai microfoni della Radio Vaticana, il presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, l’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò ha osservato che “in questo tempo di crisi economica c’è la tendenza a dimenticare i diritti dei migranti”. A questo proposito ha osservato invece che “lo status di migrante non cancella, evidentemente, la dignità umana”.

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ZENIT Staff

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