ROMA, domenica, 27 marzo 2011 (ZENIT.org).- “Un laboratorio, una scuola e una casa di comunione”: così il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) ha definito i suoi 40 anni di storia al servizio della Chiesa in Europa.
In una lettera indirizzata ai Vescovi del Vecchio Continente, si ricorda che sin dalle sue origini il CCEE venne pensato come “un organismo che doveva respirare ‘a due polmoni’ e che doveva accogliere la gerarchia ecclesiastica di tutto il continente europeo”.
Il CCEE – continua la presidenza – “può essere considerato un frutto del Concilio Vaticano II e dell’approfondimento della verità ecclesiologica della comunione dei Vescovi, chiarita con accento speciale proprio in quel tempo”.
Infatti, verso la fine del Vaticano II, il 18 novembre 1965, si svolse un incontro che riunì i Presidenti di 13 Conferenze episcopali europee, i quali incaricarono un comitato, costituito da 6 delegati degli episcopati e un segretariato di collegamento, di pensare la collaborazione futura tra le Conferenze episcopali in Europa. La responsabilità venne affidata a mons. Roger Etchegaray.
Le prime norme direttive del CCEE – presieduto dal Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest – vennero quindi approvate il 25 marzo 1971. Oggi conta come membri le attuali 33 Conferenze episcopali presenti in Europa, rappresentate di diritto dal loro Presidenti, gli Arcivescovi del Lussemburgo, del Principato di Monaco, di Cipro dei Maroniti e il Vescovo di Chişinău (Repubblica Moldova).
“Il CCEE non è mai divenuto un organismo ‘forte’ – si legge nella lettera –, con ampie strutture e con una grande visibilità sulla scena politica e sociale. Si è preferito percorrere una via più discreta, puntando innanzitutto a rendere le nostre riunioni dei luoghi di preghiera, di incontro, di amicizia, di dialogo, di scambio, di fiducia, di informazione, di discussione su problemi comuni”.
“Così – continua poi – abbiamo imparato a sentirci di più un’unica Chiesa cattolica, ad avere rispetto per la diversità di situazioni e di sensibilità, a farci carico dei pesi e dei problemi degli altri, a intensificare i progetti di collaborazione e di aiuto in un’ottica di scambio dei doni”.
Nel definire gli ambiti di lavoro su cui il Consiglio sta lavorando, i tre Cardinali che sono alla guida del CCEE, ricordano come l’attenzione primaria di questo organismo ecclesiale europeo è “rivolta all’uomo in Europa, alla sua situazione personale, sociale e spirituale”.
“Pensiamo in particolare – aggiungono – alle questioni legate alle migrazioni e ai problemi collegati al crollo demografico: alla famiglia all’educazione e alla cultura del rispetto per la vita per difenderla in tutte le sue fasi, dal suo concepimento alla morte naturale. Solo la cultura dell’amore e della vita potranno garantire un futuro”.
“Amare l’uomo – continuano – significa per noi anche e soprattutto dare ad ognuno la possibilità di incontrare e conoscere Gesù Cristo. Per questo motivo il CCEE è particolarmente impegnato nell’evangelizzazione e nella cura della fede”.
In un messaggio inviato per questa ricorrenza, il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, auspica che “la CCEE possa continuare nel solco tracciato in questi anni per approfondire sempre più il legame tra l’evangelizzazione e la cultura del nostro tempo, e per mostrare che il cristianesimo non è soltanto un dono da preservare ma è anche il compito che ci attende per reinterpretare il mondo in cui viviamo, a partire dall’uomo ‘creato ad immagine e somiglianza di Dio’”, e dai valori fondamentali della vita, del matrimonio fra un uomo e una donna, della famiglia, della libertà religiosa e educativa.
“Senza un reale rispetto di questi valori primi che costituiscono l’etica della vita – aggiunge –, è illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità”.
Dal canto suo mons. Anton Stres, Presidente della Conferenza Episcopale Slovena e Arcivescovo metropolita di Ljubljana, ha detto che “da quando l’Europa ‘respira con entrambi i polmoni’, le Chiese particolari facenti parte alla CCEE, cooperano alla conservazione e allo sviluppo del patrimonio spirituale comune, alla comprensione reciproca e alla collaborazione ecumenica, unendo così il proprio impegno per un’armonica testimonianza cristiana”.
Mons. Franjo Komarica, Vescovo di Banja Luka e Presidente della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina, ha invece scritto in un messaggio che “come uno dei tanti frutti molto buoni dello straricco Concilio Vaticano II, questa nuova istituzione è, come altre simile nei diversi continenti, certamente l’opera dello Spirito Santo per la Chiesa e per l’umanità del nostro tempo”.
“Solo Dio sa – ha concluso – quanti preziosi frutti hanno portato i reciproci consigli e le consultazioni regolari ed i collegamenti sempre più stretti tra le Conferenze Episcopali al livello continentale, come anche al livello intercontinentale, sia per la Chiesa sia per la nostra società contemporanea”.