di Luca Marcolivio
ROMA, mercoledì, 30 novembre 2011 (ZENIT.org) – L’Unità d’Italia è stato, nonostante tutto, un fatto anche profondamente cattolico. Per rivisitare la nostra storia sotto una luce diversa, la Pontificia Università Lateranense ha inaugurato lo scorso 9 novembre Le radici cristiane dell’Italia unita, esposizione di libri antichi e moderni promossa dalla biblioteca Beato Pio IX della Lateranense, in occasione del 150° dell’Unità d’Italia.
La mostra ha inoltre ispirato un convegno omonimo, tenutosi ieri pomeriggio nell’aula Pio XI dell’Università Pontificia. Nell’introduzione all’incontro, monsignor Enrico Dal Covolo, rettore della Lateranense ha ricordato che la Chiesa “da sempre – prima e dopo il 1861 – educando le coscienze al senso del bene e del male, all’onestà e all’altruismo, ha contributo efficacemente a formare gli italiani, continuando una lunga tradizione educativa e culturale e avviando opere di solidarietà e di promozione umana”.
Un accenno particolare è stato rivolto da monsignor Dal Covolo ai “santi sociali” dell’Ottocento italiano, tra cui San Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani, ordine cui anche il rettore della Lateranense appartiene.
Inoltre, secondo Dal Covolo, è un errore ed una forzatura parlare di Unità d’Italia come “artificiosa costruzione politica di identità diverse”, poiché l’identità nazionale era già “forte e radicata”, grazie anche al “contributo fondamentale”, apportato dalla Chiesa e dal Cristianesimo.
Il ruolo dei cattolici e della Santa Sede nell’Unità d’Italia è stato illustrato da monsignor Cosimo Semeraro, presidente del Pontificio Consiglio di Scienze Storiche e ordinario di storia contemporanea all’Università Salesiana.
Secondo Semeraro il tema delle radici cristiane dell’Italia, rimanda alla più ampia questione delle radici cristiane dell’Europa. Parimenti il processo di unificazione nazionale italiano “può a ragione essere definito un tassello della questione europea”, ha aggiunto lo storico.
Indubbiamente quell’Unità ebbe luogo sulla scia di un’aspra polemica tra Stato Sabaudo e Stato Pontificio e fu realizzata contro gli interessi della Chiesa stessa. Ciononostante Cavour “cominciò anche a prendere coscienza del valore universale di Roma e del Papato”, ha osservato monsignor Semeraro.
“L’insistenza cavouriana per la proclamazione di Roma capitale nel 1861 – ha proseguito – esprime la consapevolezza che le sorti del nuovo stato passavano necessariamente attraverso una riconciliazione con la Santa Sede”.
L’Italia, come scriveva Manzoni, è “una d’arme, di lingua” ma soprattutto “d’altare”, al punto che furono tanti gli intellettuali cattolici italiani che durante la rivoluzione francese “denunciarono fermamente le derive giacobine e non esitarono a sostenere coraggiosamente che, solo rispettando fino in fondo la libertà della Chiesa e dei credenti, il nascente Stato avrebbe potuto garantire quegli stessi principi di libertà che orgogliosamente rivendicava”.
Il contributo dei cattolici, quindi, è stato assai determinante, sia nelle “iniziative sociali e politiche del cattolicesimo italiano per affrontare squilibri economici e disuguaglianze sociali” sia in momenti come la prima guerra mondiale in cui “larghe masse, soprattutto contadine” furono avvicinate “a uno Stato che risentiva ancora del carattere fortemente elitario degli inizi”, ha sottolineato Semeraro.
Scendendo nel concreto dell’attualità il presule ha affermato: “L’Italia ha bisogno dei cattolici, anzi non può farne a meno”. Non è un caso che il Paese ha incontrato maggiori difficoltà quando i cattolici sono stati emarginati – come avvenne nei primi anni dopo l’Unità – mentre le stagioni “più costruttive”, come, ad esempio, la ricostruzione del secondo dopoguerra, hanno avuto luogo quando essi “sono stati pienamente coinvolti”, ha concluso monsignor Semeraro.
Il filosofo Dario Antiseri, professore emerito di Metodologia delle Scienze Sociali alla Luiss Guido Carli, ha invece esordito affermando che “l’Europa senza il cristianesimo non esisterebbe” e che l’Unità d’Italia è strettamente collegata con le radici cristiane dell’Europa.
Sul Risorgimento il professor Antiseri ha accennato al fatto che “i cattolici liberali dell’800 per lo più erano federalisti e condividevano una idea di persona libera e responsabile, assegnando allo stato il compito di servire le necessità collettive”.
Storicamente, inoltre, il pensiero cattolico ha rappresentato un freno all’eccessivo accentramento e allo strapotere dello Stato, mentre dopo il 1994 il ruolo dei cattolici nei partiti politici si è ridotto al lumicino. Lo si evince ad esempio dalla “incapacità di difendere la scuola libera, per lo più cattolica”, ha affermato Antiseri.
“Dobbiamo seguitare a essere una presenza nella diaspora o pensare a un partito di cattolici liberali? Perché don Sturzo e De Gasperi un partito l’hanno fatto”, ha aggiunto il filosofo.
La conclusione dell’incontro ha visto l’intervento del cardinale Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, che ha richiamato lo spirito di unità ed appartenenza, “che sempre più deve contraddistinguere – ha auspicato – docenti e studenti delle nostre comunità accademiche”.
Il porporato ha sottolineato, poi, l’importanza ed il ruolo chiave svolto dalle Biblioteche universitarie: “biblioteche storiche di conservazione, ma anche di autentica formazione e ricerca”.