di Paolo Lorizzo*
ROMA, sabato, 3 marzo 2012 (ZENIT.org).- La nascita del Cristianesimo a Roma è testimoniata da importanti riscontri evidenziati nel complesso archeologico sottostante la Basilica Passionista dei SS. Giovanni e Paolo al Celio.
L’area archeologica venne scoperta nel 1887 dall’allora rettore della soprastante Basilica, Padre Germano da S. Stanislao, il quale, calandosi all’interno di una delle botole del settore presbiteriale della basilica, si accorse che al di sotto di un sottile strato di calce sulle pareti emergevano chiare tracce di affreschi. Da allora molte campagne d’indagine si sono succedute, riportando alla luce tra l’altro, numerosi reperti attualmente conservati nell’antiquarium all’interno dell’area.
Tra i numerosi reperti rinvenuti due gruppi attirano particolare attenzione. Il primo consiste in un gruppo di anfore vinarie sane e frammentarie di diversa cronologia (compresa tra il II e il VII secolo d.C.), molte delle quali rinvenute in un unico settore del complesso, il che ha fatto supporre possa esserci stato un locale adibito a cantina per la conservazione del vino. Le botole soprastanti e la presenza dei pozzi, hanno fatto in effetti supporre che questo settore possa essere stato utilizzato dai frati del titulus pammachii (molto simile alle parrocchie moderne) per stipare vino e derrate alimentari da distribuire ai poveri. Il secondo è formato da una collezione di ceramiche di produzione islamica, consistenti in piatti e bacili, originariamente affissi lungo le pareti esterne del campanile della basilica del XII secolo, in seguito staccati e sostituiti con delle copie.
Il visitatore che per la prima volta si addentra all’interno di questo meraviglioso complesso archeologico si renderà ben presto conto di trovarsi in una ‘macchina del tempo’ che lo trasporterà alle origini della religione cristiana a Roma per poter vivere appieno quelle atmosfere ormai trascorse che ben pochi angoli della città possono ancora offrire.
A partire dal II secolo d.C. si sono susseguite ben cinque fasi edilizie culminate nel V secolo con la costruzione della Basilica ad opera del senatore Pammachio.
Le prime tre fasi edilizie testimoniano come l’area sia stata destinata ad uso residenziale. La prima fase, risalente al II secolo d.C., constava di un edificio piuttosto esteso compreso tra due strade, Clivo di Scauro e la ‘via del Tempio di Claudio’, il cui nome derivava dalla vicinanza di un santuario dedicato all’imperatore Claudio divinizzato.
La struttura, realizzata con la tecnica dell’’opera mista’ (l’alternanza di parallelepipedi in tufo con file di mattoni), si conserva in due distinti livelli. Il livello inferiore è occupato da un balneum (piccolo impianto termale), mentre quello superiore da ambienti residenziali, gran parte riutilizzati nel III secolo da un’insula (antico caseggiato popolare equivalente al moderno ‘condominio’), la cui facciata è ancora chiaramente visibile lungo il Clivo di Scauro, perché riutilizzata durante la costruzione della basilica.
Questo dettaglio si nota chiaramente non solo dalla scansione delle due file di finestre (alcune di esse chiuse ma ancora visibili ed in parte riutilizzate dalle finestre della basilica), ma anche dalla serie di archi pertinenti al portico d’accesso. Nella seconda fase infatti, risalente alla prima metà del III secolo, venne edificata l’insula, divisa da una serie di appartamenti ai piani superiori e alcune tabernae (gli antichi negozi commerciali) al piano terra, scandite da un portico con sei aperture ad arco in muratura, perfettamente corrispondente alla navata di sinistra della sovrastante basilica.
Tra la fine del III e l’inizio del IV secolo, l’area fu interamente acquistata da un unico proprietario e notevolmente abbellita. Molte delle pareti interne furono affrescate con motivi semplicemente geometrici e di riempimento, altre con scene mitologiche e narrative. I pavimenti vennero realizzati con la tecnica del mosaico o dell’’opus sectile’ cioè con l’impiego di frammenti di marmo di vari colori che ne arricchivano la composizione. In questa fase, le strutture più profonde (come quelle pertinenti al piccolo impianto termale) vengono interrate e l’area del cosiddetto vicolo-cortile, caratterizzato da un viottolo formato da grandi pietre stradali, diviene l’elemento centrale dell’intera abitazione.
La fase della ‘cristianizzazione’ della domus si attesta nella seconda metà del IV secolo e rappresenta un passaggio storico estremamente rilevante per lo sviluppo della cristianità a Roma. Qui infatti vennero traslate alcune reliquie o addirittura sepolti i corpi martirizzati dei proprietari, i SS. Giovanni e Paolo e successivamente quelli dei SS. Crispo, Crispiniano e Benedetta, in seguito alle persecuzioni dell’imperatore Giuliano detto ‘l’Apostata’. Nella cosiddetta ‘aula dell’orante’, caratterizzata dall’immagine di un personaggio con le braccia aperte, venne ampliato l’arco d’ingresso, probabilmente per dare la possibilità ad un gran numero di fedeli di svolgere le pratiche devozionali fino al luogo di deposizione delle reliquie dei Santi.
Questi sarebbero stati deposti all’interno di una cosiddetta confessio, un piccolo ambiente ricavato a metà di una rampa di scale, anche identificato come oratorio privato per i nuovi proprietari cristiani dell’edificio, forse il senatore Bizante (padre di Pammachio) e la sua famiglia. Per permettere un rapido e ordinato deflusso dei fedeli, venne costruita una scala ad angolo retto della prima rampa, immettendo in un ambiente che conduceva i fedeli all’uscita, creando quel moto rotatorio così diffuso in seguito nelle cripte semianulari degli edifici ecclesiastici.
La quinta e ultima fase corrisponde alla costruzione della basilica, divisa da tre navate e scandita da due file di colonne. I sottostanti ambienti vennero interrati e notevolmente alterati dalla costruzione dei muri di fondazione dell’edificio di culto, anche se alcuni limitati settori del complesso sotterraneo continuarono ad essere frequentati.
La prova è data dal ritrovamento di alcuni affreschi all’interno del cosiddetto ‘Oratorio di S. Salvatore’, all’interno del quale sono situati una serie di affreschi strettamente legati al ciclo cristologico. Uno in particolare, (spostato negli anni 1955/56 nell’attiguo antiquarium), rappresenta il Salvatore con ai lati gli arcangeli Michele e Gabriele e i SS. Giovanni e Paolo, datato all’VIII/IX secolo. Altri affreschi testimoniano come questo luogo abbia rappresentato un punto di riferimento importante fino al definitivo abbandono.
Le immagini della ‘Crocifissione’ di ‘Cristo nel sepolcro’ e dell’’Anastasis’ (discesa di Cristo nel limbo per salvare le anime dei giusti) sono solo alcune delle scene presenti nell’ambiente a testimoniarne uso e destinazione.
* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.