di Salvatore Martinez
ROMA, venerdì, 23 marzo 2012 (ZENIT.org) – Il contesto culturale odierno, purtroppo, registra un crescente pullulare di nuove spiritualità che snaturano l’antropologia cristiana e attentano alla vera dignità dell’uomo al grido di “perchè l’uomo deve soffrire? Egli è fatto per godere e non per penare: via la Croce dalla storia!”.
Non solo l’Europa scristianizzata, ma anche i cattolici praticanti stanno smarrendo la «sapienza della Croce» (cf 1 Cor 2, 1-8). Occorre far conseguire alla nostra fede una nuova professione del Cristo morto e risorto, riproponendo al mondo il vangelo della sofferenza.
Il successo del New Age, di medicine alternative alienanti, delle nuove religioni spiritualiste anticristiane, rappresentano una sfida permanente alla Chiesa. Dove è la loro forza di persuasione? Promettono la liberazione dalle malattie e la possibilità per l’uomo di eliminare la sofferenza dalla propria vita confidando in se stesso, abolendo completamente Cristo e ogni prova della sua divinità, cioè la Croce e la Risurrezione.
Guai a noi se abbandonassimo il campo e permettessimo a questi persuasori occulti di continuare a vendere illusioni e a causare sofferenze ancora più profonde.
Guai a vergognarci di proclamare che Gesù, morto per amore, è l’inizio della felicità dell’uomo, non il segno della sua sconfitta; nella Risurrezione, poi, è la prova che ogni rimedio umano, che vende salvezze al di fuori da Cristo, è illusorio, momentaneo, di certo assolutamente inferiore – e pertanto non credibile – alla soluzione divina offerta da Gesù all’umanità di ogni tempo.
Eppure, oggi, i cristiani – demotivati, ripiegati, talvolta increduli e dimentichi della Risurrezione – avvertono che la Chiesa non sempre offre loro ciò di cui hanno primariamente bisogno: un desiderio profondo di consolazione, di compassione, un accompagnamento nel cammino della vita che dia speranza.
Allora, non si può perder tempo: bisogna tornare ad annunciare il vangelo della sofferenza. Riscopriamo un “Dio vicino”, che si è fatto uomo per mostrarci che la sofferenza può essere vinta ogni giorno, ma non eliminata; un Dio che ci ha insegnato che ogni croce, in Gesù, riacquista senso e soprattutto conduce alla salvezza.
C’è un pensiero di Blaise Pascal che qui ritorna utile:
“Se l’uomo non è fatto per Dio, perché mai non è felice se non in Dio? Se l’uomo è fatto per Dio, perché mai è così contrario a Dio?”[1].
A questo riguardo è assai significativa l’idea dell’antropologo francese René Girard[2], un convertito al cattolicesimo, il quale nella regalità del Cristo crocifisso nel patibolo-trono di Croce, vede il riscatto di tutte le vittime della violenza collettiva, vittime che da Gesù sono rese innocenti.
Antonio Socci riprendendo questo tema, così si esprime:
“Cristo ha accettato il supplizio della Croce per far conoscere agli uomini infelici, perduti nel satanico meccanismo della violenza, l’immenso, struggente amore del Padre per ciascuno di loro. Amore che ha rivelato proprio lasciando sfogare a sazietà la più crudele ferocia degli uomini contro se stesso innocente.
Prima alcuni, poi miliardi di uomini sono stati toccati dalla forza travolgente di un amore così grande. Iniziava, così, il suo Regno nel mondo, un regno non politico, ma ben concreto: nei cuori umani. E il suo trono è davvero la Croce. Per questo sulle labbra di tanti martiri le ultime parole – dopo il perdono dei carnefici – sono state: «Viva Cristo Re!»”[3].
Per ogni approfondimento vedere il libro di Salvatore Martinez “C’è una speranza che non delude. il tempo dello Spirito” (Ed. Rinnovamento nello Spirito)
[1] N. 438 (secondo la numerazione dell’edizione Brunscvicg). Geniale fisico e filosofo francese, morto nel 1662 a 39 anni. Convertitosi al cristianesimo stava preparando un’Apologia del Cristianesimo rimasta incompiuta. Postumi sono stati pubblicati molti frammenti (pensieri).
[2] Si legga La Pietra Scartata, Ed. Qiqaion, Comunità di Bose 1975.Scrittore francese nato nel 1923, ha sviluppato l’idea che ogni cultura umana è basata sul sacrificio, come via d’uscita dalla violenza mimetica (cioè imitativa) tra rivali. Le sue opere sono molto discusse a causa della sua critica alla filosofia moderna e della sua esplicita prospettiva cristiana.
[3] In I nuovi perseguitati (op. cit.)