ROMA, sabato, 30 giugno 2012 (ZENIT.org) – Benedetto XVI ha autorizzato giovedì, 28 giugno, la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare decreti relativi a 16 cause di canonizzazione. Tra questi il decreto sulle virtù eroiche del vescovo Álvaro del Portillo (1914-1944), Prelato dell’Opus Dei.
Alla notizia dell’annuncio dalla Sala Stampa della Santa Sede, l’attuale Prelato dell’Opus Dei, Mons. Javier Echevarría, principale collaboratore del nuovo venerabile dal 1975 al 1994, ha manifestato “gratitudine a Dio per questo pastore esemplare che amò il Signore e la sua Chiesa”.
Álvaro del Portillo, nato a Madrid l’11 marzo 1914, entrò a far parte dell’Opus Dei all’età di 21 anni. Nel 1944 fu ordinato sacerdote e ben presto san Josemaría trovò in lui il collaboratore più valido. Grazie alla sua attività intellettuale accanto al fondatore e al suo lavoro nella Santa Sede – tra cui la partecipazione al Concilio Vaticano II e l’incarico di consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede – elaborò una profonda riflessione sul ruolo e la responsabilità dei fedeli laici nella missione della Chiesa attraverso il lavoro e le relazioni sociali e familiari.
Tra il 1947 e il 1950 avviò le attività apostoliche dell’Opus Dei a Roma, Milano, Napoli, Palermo e in altre città italiane, promuovendo numerose attività di formazione cristiana. Nel ‘75, pochi mesi dopo la scomparsa di san Josemarìa, fu eletto primo successore alla guida dell’Opus Dei.
Il 28 novembre 1982, il beato Giovanni Paolo II lo designò Prelato, per poi nominarlo vescovo nel dicembre 1990. Morì all’alba del 23 marzo 1994, poche ore dopo il rientro da un pellegrinaggio in Terra Santa. Nel 1997, fu avviata la Causa di canonizzazione e nominato postulatore mons. Flavio Capucci. Una causa che ha richiesto due processi in parallelo e coinvolto 133 testimoni sparsi in tutto il mondo, come ci racconta il Postulatore, mons. Capucci, nell’intervista che riportiamo di seguito.
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Perché Mons. Álvaro del Portillo è un candidato alla beatificazione? Che cosa ha fatto?
Mons. Capucci: La sua vita appare come un sì costante alle richieste del Signore. Mons. del Portillo si è speso eroicamente al servizio della Chiesa e delle anime, fedele all’esempio di san Josemaría Escrivá. Ha avvicinato a Dio tantissime persone.
Per aprire una causa di canonizzazione l’elemento determinante è l’esistenza di una solida fama di santità spontanea e diffusa in una parte significativa del popolo di Dio. La causa di Mons. del Portillo fu iniziata perché, fin dal giorno della sua morte, si sono avute evidenti dimostrazioni di questa fama. Molta gente nel mondo intero era convinta che fosse santo e invocava la sua intercessione allo scopo di ottenere favori dal Cielo.
Oltre al suo impegno personale di santità, bisogna anche considerare l’impulso decisivo per la creazione di strutture destinate al bene della gente, come l’Ospedale Monkole a Kinshasa, l’ospedale Niger Foundation di Enugu (Nigeria), l’università Campus Bio-medico a Roma, la Pontificia Università della Santa Croce e il Collegio Ecclesiastico Internazionale Sedes Sapientiae, sempre a Roma, dove migliaia di seminaristi e sacerdoti ricevono un’accurata formazione dottrinale e spirituale.
Qual è il messaggio principale dei suoi insegnamenti?
Mons. Capucci: Oltre agli aspetti più specificamente dottrinali – come il ruolo dei laici nella Chiesa (il suo libro Fedeli e laici nella Chiesa è considerato un classico del pensiero teologico e canonistico in proposito); i fondamenti sull’importanza e la bellezza del ministero sacerdotale; l’unità con il Sommo Pontefice e la gerarchia – io sottolineerei la virtù della fedeltà. Fu un esempio di profonda fedeltà alla Chiesa, ai Papi con cui fu in contatto, alla vocazione e al fondatore dell’Opus Dei.
Nello studio delle diverse virtù, quale metterebbe in risalto?
Mons. Capucci: Coloro che lo hanno conosciuto più da vicino, mettono in risalto l’affabilità, la mansuetudine e la capacità di diffondere intorno a sé un clima di serenità, anche nei momenti difficili. Non si può dimenticare la sua laboriosità: aveva un ritmo di lavoro incredibile, non si concedeva soste, sempre col sorriso sulle labbra. Era molto esigente con sé stesso e con gli altri, dava il massimo e chiedeva il massimo.
Oltre a questo, bisogna ricordare soprattutto la carità: amava Dio e gli altri con tutto il cuore. Aveva il dono di una profonda paternità spirituale, coloro che lo avvicinarono ricordano un padre buono, che comprende, perdona, ha una fiducia incondizionata negli altri e nella loro lealtà. Infine, mi piace ricordare la sua umiltà. Non cercava mai di imporre sé stesso o le proprie opinioni. Quando fu chiamato a succedere a san Josemaría nella guida dell’Opus Dei, il suo programma di governo ebbe una sola meta: la continuità con l’esempio del fondatore.
La devozione a Mons. Álvaro del Portillo è limitata all’Opus Dei?
Mons. Capucci: No, la sua fama di santità è un vero fenomeno ecclesiale. Ci sono giunte 12.000 relazioni firmate di favori ottenuti per sua intercessione, spesso da paesi in cui l’Opus Dei non è nemmeno presente. Il notiziario sulla sua causa di canonizzazione ha raggiunto i 5 milioni di copie, mentre le immaginette per la devozione privata hanno raggiunto il totale di 10 milioni. Si può senz’altro dire che Mons. del Portillo è un dono della Chiesa e per la Chiesa.
Alla sua morte, Giovanni Paolo II volle ricordare “la zelante vita sacerdotale ed episcopale del Prelato, l’esempio di fortezza e di fiducia nella provvidenza divina da lui costantemente offerto, nonché la sua fedeltà alla sede di Pietro”. L’allora card. Ratzinger evocò il servizio reso per tanti anni da Mons. del Portillo alla Congregazione per la Dottrina della Fede, risaltando “la sua modestia e la disponibilità in ogni circostanza, arricchendo in modo singolare questa Congregazione con la sua competenza e la sua esperienza”.
Qual è stato il ruolo di Mons. Del Portillo nel Concilio Vaticano II e in generale nella Santa Sede?
Mons. Capucci: Durante il Concilio fu Segretario della Commissione De disciplina cleri et populi christiani, artefice del decreto Presbyterorum Ordinis e Perito delle Commissioni De Episcopis et dioecesium regimine e De religiosis. In seguito fu Consultore della Sacra Congregazione del Concilio e della Pontificia Commissione per la revisione del Codice di Diritto canonico. Tra gli altri incarichi svolti: Giudice del Tribunale per le cause di competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede; Segretario della Commissione per gli Istituti Secolari presso la S. Congregazione dei Religiosi; Consultore della Congregazione per il clero; Consultore del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali e della Congregazione per le Cause dei Santi.
C’è anche qualche messaggio di Mons. Alvaro del Portillo per i non cattolici?
Mons. Capucci: Il nucleo del messaggio dell’Opus Dei, predicato instancabilmente da san Josemaría, è quello della santificazione del lavoro. Mons. Del Portillo ha incarnato in modo esemplare questo insegnamento. Per tutta la vita lavorò senza sosta, prima come ingegnere, poi come sacerdote e negli ultimi anni come vescovo, dando un senso alto al suo operato, nel quale cercava la gloria di Dio e il bene degli altri. Penso che l’aver vissuto nel lavoro il cardine della santità sia un suo insegnamento di valenza universale, per i cattolici e per tutti coloro che sono sensibili al valore, anche spirituale, dell’impegno per dare un senso non effimero alle realtà terrene.
Ci può dare alcuni dati sul processo? Chi sono i testi?
Mons. Capucci: Si sono svolti due pr
ocessi paralleli: uno presso il Tribunale della Prelatura dell’Opus Dei, in quanto il Prelato è stato riconosciuto come Vescovo competente in questa causa. Dato però che il suo nome compariva nell’elenco dei testi, ritenne preferibile non essere interrogato dal proprio Tribunale, ma da un Tribunale esterno, allo scopo di meglio garantire la neutralità dell’istruttoria. Quindi chiese al Cardinale Vicario di Roma di designare il Tribunale del Vicariato allo scopo di interrogare lui e i principali collaboratori di Mons. del Portillo nel governo dell’Opus Dei, oltre a diversi ecclesiastici residenti a Roma.
Dato l’elevato numero di testi residenti lontano da Roma, sono stati celebrati altri 8 processi rogatoriali: a Madrid, Pamplona, Fatima-Leiria, Montréal, Washington, Varsavia, Quito e Sydney. In tutto sono stati interrogati 133 testi (tutti de visu, tranne due che hanno raccontato due miracoli attribuiti al Servo di Dio), fra cui 19 Cardinali e 12 fra Arcivescovi e Vescovi. I testi della Prelatura sono 62 e 71 quelli non appartenenti all’Opus Dei.