di Marco Tosatti
ROMA, mercoledì, 6 giugno 2012 (ZENIT.org) – Il polline rivela: la Sindone è un lenzuolo funebre. Nei giorni scorsi si è svolto a Valencia un convegno sulla Sindone. E’ sembrato
particolarmente interessante il lavoro di una studiosa universitaria, Marzia Boi, ricercatrice presso l’Università delle Isole Baleari.
La Boi è una specialista di “palinologia” la scienza che studia i pollini. Come è noto agli appassionati del genere, il tessuto della Sindone è coperto di pollini; e la relazione della ricercatrice mette in rilievo con chiarezza il fatto che i pollini testimoniano che il lenzuolo custodito a Torino aveva una caratteristica ben precisa: era un lenzuolo funerario, utilizzato secondo rituali presenti nell’area del Medio oriente da oltre due millenni.
La Boi nella sua relazione non lo dice; ma noi ci permettiamo di aggiungere che questa constatazione è un forte elemento contro la tesi della falsificazione medievale. Appare infatti piuttosto incredibile (e costituirebbe un reale miracolo scientifico) l’idea di un falsario medievale con le conoscenze degli unguenti e degli olii utilizzati nei riti funerari ebraici del I secolo dopo Cristo, e si fosse messo a ricostituire unguenti e aromi secondo quelle disponibilità e formule in attesa che qualche secolo più tardi strumenti di cui non è a conoscenza potessero rivelarlo.
Scrive nella sua relazione a Valencia Marzia Boi: “I pollini del Sacro Lino, che fino ad ora sono stati messi in relazione con l’origine geografica della reliquia, rivelano inoltre gli oli e gli unguenti applicati sia al cadavere che alla tela. Le scoperte aggiungono un significato etnoculturale in relazione a pratiche funerarie molto antiche. Queste particelle, indistruttibili col passare del tempo, fotografano un rito funebre di 2000 anni fa e grazie alle stesse, si sono rivelate le piante usate nella preparazione del cadavere conservato nella tela.
Le sostanze oleose hanno permesso che i suoi pollini, quali componenti accidentali, si siano fermati, impregnati e nascosti nel tessuto di lino, quali testimoni invisibili di uno straordinario evento storico”. Secondo la tradizionale ebraica i cadaveri e ciò che li copriva erano trattati con olii e unguenti profumati in un rito minuzioso. La ricerca della Boi analizza i lavori pubblicati sui pollini della Sindone. Max Frei, il grande studioso svizzero dei pollini della Sindone, ha lasciato un tesoro documentario.
Un esame con strumenti più avanzati di quelli di oltre trent’anni fa hanno portato la ricercatrice a correggere alcune identificazioni. Fra queste è particolarmente importante una scoperta: “Posso vedere come il polline di Anemone è in realtà di Pistacia. Il polline di Ridolfia lo identifico come un’Asteracea di nome Helichrysum”.
E fa un’altra scoperta: e cioè che il polline finora identificato come quello di “Gundelia Tourneforti” in realtà non lo è. Gundelia Tourneforti è una delle 23.000 specie di Asteracea al mondo, che cresce nei deserti montani di tutta l’Asia Minore.
Nel 1999 due grandi studiosi ebrei, Danin e Baruch nel libro “Flora of the Shroud” nella loro revisione del lavoro di Frei confermano la specie Gundelia come il polline più abbondante nel lino e ipotizzano che la corona di spine sia stata formata da foglie della stessa Gundelia. Marzia Boi non è di questo parere. L’esame al microscopio elettronico della Boi da’ la risposta: il polline non è nè Ridolfia né Gundelia, ma Helichrysum.
E’ il polline più abbondante (29.1%) seguito da Cistaceae con l’8.2%, Apiaceae con il 4.2% e Pistacia con lo 0.6%. “Tutte le piante menzionate sono di pollinizzazione entomofila: i loro pollini si spostano con l’aiuto di insetti e non nell’aria; questo dimostra che ci deve essere stato un contatto diretto o con le piante o con i prodotti di uso funerario…la lista dei pollini rivela la traccia delle piante più usate negli antichi riti funerari. I pollini riconosciuti chiariscono che il Sacro Lino è stato unto con oli e unguenti, così come probabilmente il corpo che ha avvolto”.
Da foglie, frutto e corteccia del genere Pistacia si otteneva un balsamo usato anche come unguento. Ma dall’Helichrysum si produceva un olio di ottima qualità, usato per ungere sia la tela funebre che il cadavere, e proteggerli. “L’uso di questo olio nei rituali funerari antichi è documentato in vari Paesi, dall’Arabia alla Grecia”.
Conclude Marzia Boi: “I pollini dominanti nella Sindone sono l’immagine del rituale funerario secondo gli usi di 2000 anni fa in Asia Minore. Sono i componenti degli unguenti e olii più preziosi dell’epoca che sono rimasti straordinariamente sigillati nella tela… Aver identificato correttamente il polline di Helichrysum, erroneamente chiamato Gundelia, conferma e da autenticità all’importante personalità del corpo avvolto nel lino”.