Il cardinal Bergoglio è diventato Papa da poco meno di due mesi. Un tempo relativamente breve, se non fosse che con i suoi gesti ha già conquistato le masse e attirato la simpatia o, quantomeno, la curiosità di molti, indipendentemente dal proprio credo religioso. A poche settimane di distanza dall’Habemus Papam, la popolarità dell’ex-arcivescovo di Buenos Aires non accenna a diminuire, al contrario, le celebrazioni da lui presiedute sono sempre gremite di gente.
Con il coraggio della semplicità, con la libertà che solo chi è umile sa avere, questo papa venuto “dalla fine del mondo” si è messo al servizio del ministero petrino esordendo con un “Buonasera” e chiedendo alla piazza, quella di San Pietro e quella mediatica, di pregare per lui. Poi, tra bagni di folla e abbracci ai disabili, tra una carezza ai bambini e i discorsi sulla misericordia di Dio, ha intrapreso la sua missione, inaugurata con la S. Messa di inizio pontificato il 19 marzo, festa di San Giuseppe, patrono della Chiesa universale.
Le omelie della messa che celebra ogni mattina nella Domus Sanctae Marthae sono pane quotidiano di speranza, parole di nutrimento per lo spirito e linee guida concrete, laddove la vita non può risolversi in mera contemplazione, che pure è necessaria, ma deve essere impiegata per agire nella società, a partire dalla sua cellula più piccola, la famiglia, fino ad arrivare alle periferie del mondo.
Sono molti gli spunti di riflessione che Papa Francesco offre con la sua testimonianza. Per il momento non andrà ad abitare nel Palazzo Apostolico, ha mantenuto la croce che indossava sin da quando era vescovo, mentre l’anello piscatorio è d’argento. A poco più di un mese dall’elezione ha nominato un gruppo di otto cardinali provenienti da tutto il mondo e da cui intende farsi consigliare per studiare un progetto di revisione della Costituzione apostolica “Pastor Bonus”, con cui nel 1988 Giovanni Paolo II riformò la Curia romana.
Si potrebbe parlare di quando, nell’udienza con i giornalisti del 16 marzo, ha mostrato di apprezzare il loro lavoro. È stata quella l’occasione in cui Papa Francesco ha espresso il desiderio di “una Chiesa povera e per i poveri”, suscitando applausi, nel consenso generale. Potremmo ricordare l’abbraccio con il Papa Emerito Benedetto XVI, a Castel Gandolfo, il 23 marzo. Un esempio di reciproca umiltà in un momento storico senza precedenti, ora che in seno alla Chiesa pulsano due cuori, diversi ma complementari. Un incontro che, solo pochi giorni fa, si è ripetuto con il ritorno di Joseph Ratzinger in Vaticano.
Dei tanti aspetti che colpiscono di questo nuovo papa, vogliamo inquadrarne uno: la devozione per la Madonna. Molti elementi paiono convergere sull’idea che si tratterà di un pontificato mariano, o almeno questa è l’opinione personale di chi scrive, stando a quanto si è potuto vedere finora.
Lo scorso 13 marzo, poco dopo la sua elezione, Papa Francesco ha detto alla folla riunita in Piazza San Pietro che il giorno dopo sarebbe andato a pregare la Madonna “perché custodisca tutta Roma”. Come promesso, l’indomani si è recato nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove è venerata l’immagine di Maria con il titolo di Salus Populi Romani. Questa è una delle quattro basiliche patriarcali di Roma e la più antica di tutto l’occidente dedicata alla Vergine.
Qui, il 5 agosto di ogni anno, si rinnova una celebrazione solenne che rievoca il Miracolo della Neve avvenuto nel 352 d.C., una tradizione tutt’ora molto sentita dai romani. Non sarà un caso, forse, per un pontefice che dal primo momento ha amato definirsi Vescovo di Roma. A questa chiesa, poi, è particolarmente legato in quanto gesuita: Sant’Ignazio di Loyola vi celebrò la sua prima messa nella notte di Natale del 1538.
Nello stemma papale di Francesco, oltre all’emblema della Compagnia di Gesù e al fiore di nardo, che indica San Giuseppe, c’è la stella, che secondo l’antica tradizione araldica simboleggia la Vergine, madre di Cristo e della Chiesa.
Il 4 maggio il Papa è tornato nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Ha preso possesso ufficiale della chiesa, ma non con una celebrazione eucaristica, bensì con la recita del Santo Rosario, in un giorno che, non a caso, era il primo sabato di maggio, mese tradizionalmente mariano, quasi a voler rimarcare il valore e la potenza della preghiera universale rivolta alla Vergine. Al termine del rito, salutando la folla fuori dalla Basilica, il papa l’ha incitata ad acclamare “Viva la Madonna!”, con il modo di fare spontaneo e solare al quale ci ha abituati, pur senza smettere di sorprenderci. Il giorno prima, intanto, aveva invitato con un tweet a recitare il rosario in famiglia, per rendere ancora più salda la vita familiare.
Durante la meditazione Francesco ha parlato di Maria come Madre che si occupa della salute dei propri figli, li aiuta a crescere, ad affrontare le difficoltà della vita con coraggio, poiché non esiste una vita senza sfide. Come fa spesso nei suoi discorsi, il papa si è rivolto in particolare ai giovani, per incitarli a mettersi in gioco.
In tempi in cui regna la “filosofia del provvisorio”, come se “desiderassimo rimanere adolescenti per tutta la vita”, non bisogna aver paura degli impegni definitivi. La Madonna è anche la Mamma che aiuta a prendere le decisioni con libertà, ad essere liberi nelle scelte definitive e “ci insegna a essere aperti alla vita, fecondi di bene, di gioia, di speranza, segni e strumenti di vita”.
Mai perdere la speranza. Lo ripete spesso, questo pontefice venuto da lontano, come a ricordarci che il nostro sguardo deve puntare in alto, senza paura di operare cose grandi e allo stesso tempo senza dimenticare mai l’umiltà delle piccole cose.