«Semina nella nostra fede la gioia del Risorto» (Lumen fidei 59)
“Mistero della fede”! Con questa espressione in ogni Eucaristia l’assemblea è provocata a rinnovare – professandoli – gli elementi essenziali della propria fede, ricevuta e da trasmettere nel tempo. Un “anno della fede” può costituire di fatto un’occasione per cogliere alcuni ulteriori aspetti di un itinerario che avvolge e coinvolge chiunque si ponga al seguito del Maestro.
È un itinerario, quello della fede, che non termina mai; un itinerario però che incontra come suo sostegno due realtà essenziali nella vita della Chiesa: i sacramenti e l’anno liturgico. Se isacramenti infatti sono i segni della fede, i segni che permettono una crescita nell’itinerario di fede e che accompagnano il credente lungo il suo percorso vitale, dalla nascita alla morte, l’anno liturgico costituisce il perenne anno della fede, in quanto permette la celebrazione rinnovata e sempre viva del mistero di Cristo.
Dopo la celebrazione del Grande Giubileo dell’anno Duemila, che ha coinvolto la Chiesa in tutte le sue fibre e organizzazioni, si sono succeduti altri “anni”: quello dell’Eucaristia, di san Paolo, del sacerdozio… e ora la Chiesa sta vivendo quello della fede (2012-2013). L’occasione è contingente; mentre l’obiettivo rinvia ai grandi valori che danno senso alla vitalità della Chiesa. L’occasione contingente è costituita dal 50° del Vaticano II e dal 20° del Catechismo della Chiesa Cattolica; ma è l’obiettivo che chiama in causa l’educatore. Gli anniversari sono fugaci quanto lo scorrere del tempo; è il loro contenuto, invece, che costituisce il termine di confronto perché anche da tali appuntamenti si rinvigorisca l’itinerario di fede e di vita costituito dall’anno liturgico.
In questa linea, pertanto, possiamo articolare una riflessione attorno a cinque passaggi. Il 29 giugno 2013, nella solennità degli apostoli Pietro e Paolo, papa Francesco ha firmato l’EnciclicaLumen fidei (= LF). Dopo aver precisato alcuni aspetti del documento (I), si accenna al fatto che la liturgia è celebrazione della fede (II), e si evidenzia il ruolo pedagogico che essa svolge (III); un ruolo che affonda radici ed elabora contenuti nella celebrazione del memoriale (IV) per realizzare – anche attraverso la dimensione dell’esemplarità – il traguardo della divinizzazione (V). Nella stessa prospettiva, pertanto, la celebrazione della fede divienemagistra omnium credentium: se è tale, quali conseguenze ne derivano?
Lasciamoci provocare, anzitutto, dalla notissima composizione del Trilussa (Carlo Alberto Salustri, Roma 1871-1950) che invita ad una riflessione più profonda di quanto non possiamo immaginare a prima vista o ad primo ascolto:
Quella vecchietta cieca, che incontrai
la notte che me spersi in mezzo ar bosco,
me disse: – Se la strada nun la sai,
te ciaccompagno io, ché la conosco -.
Se ciai la forza de venimme appresso,
de tanto in tanto te darò ‘na voce,
fino là in fonno, dove c’è un cipresso,
fino là in cima, dove c’è la Croce…
Io risposi: – Sarà … ma trovo strano
che me possa guidà chi nun ce vede … -.
La cieca allora me pijò la mano
e sospirò: – Cammina! – Era la Fede.
1. «La luce della fede è quella di un Volto in cui si vede il Padre»
È un’espressione ardita, ma veritiera, quella che leggiamo in LF 30. Il contesto del cap. II dell’Enciclica, a partire da Isaia 7,9 – “Se non crederete, non comprenderete” – invita il lettore a riflettere, tra l’altro, sulla fede come ascolto e visione, prima di sviluppare la riflessione sul tema fede e ragione, fede e ricerca di Dio, fede e teologia, ecc.
«Per il quarto Vangelo, credere è ascoltare e, allo stesso tempo, vedere…». Ascolto e visione dunque sono due aspetti che si compenetrano nell’atto di fede perché attraverso il Cristo, Volto del Padre, il cammino al seguito del Maestro possa essere realizzato sempre più in pienezza, ma nell’ascolto di una Parola di vita e nell’ottica di segni quali sono quelli che costituiscono l’orizzonte sacramentale della fede stessa (come già evidenziava Giovanni Paolo II in Fides et ratio 13 e come ricordato in LF 32).
Infatti, nell’incontro «con il Dio della Parola… la luce diventa la luce di una parola, perché è la luce di un Volto personale, una luce che, illuminandoci, ci chiama e vuole riflettersi nel nostro volto per risplendere dal di dentro di noi» (LF 33). Da qui, allora, la comprensione di quanto leggiamo nel cap. III – “Vi trasmetto quello che ho ricevuto” (cf 1 Cor 15,3) –, insieme ad alcune sfide sollecitate dal cap. IV – “Dio prepara per loro una città” (cf Eb 11,16) –: fede e bene comune, fede e famiglia, fede e vita di società, fede e sofferenza.
L’insieme delle prospettive che l’Enciclica evidenzia costituiscono pertanto un invito concreto ad agire nel quotidiano, ma sempre alla luce di quanto donato nel mistero della vita attraverso la Parola e i sacramenti. Prezioso, al riguardo, il contenuto di LF 55, là dove si è invitati a cogliere “una luce per la vita in società” con due particolari sottolineature:
«Se togliamo la fede in Dio dalle nostre città, si affievolirà la fiducia tra di noi, ci terremmo uniti soltanto per paura, e la stabilità sarebbe minacciata».
«La fede illumina il vivere sociale; essa possiede una luce creativa per ogni momento nuovo della storia, perché colloca tutti gli eventi in rapporto con l’origine e il destino di tutto nel Padre che ci ama».
Nella linea di tutti i precedenti convegni sul “Volto dei Volti” possiamo affermare che l’Enciclica offre ancora una volta un’occasione unica di invito a contemplare il Volto di Cristo nei tanti segni che la vita presenta, e soprattutto a contribuire al diffondersi della sua luce perché «tutte le verità che si credono dicono il mistero della nuova vita della fede come cammino di comunione con il Dio vivente» (LF 45).
2. La liturgia “celebrazione della fede”
All’inizio della seconda parte del Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo un titolo emblematico: “La liturgia opera della Ss.ma Trinità”. L’affermazione risulta quanto mai importante per ricordare che l’azione liturgica è opera della Trinità, finalizzata a quel progressivo inserimento del fedele nel mistero trinitario, costituito dal traguardo della divinizzazione.
Accostare e vivere la liturgia come celebrazione della fede implica rinnovare la consapevolezza del ruolo e del significato di tutto ciò che ruota attorno alla liturgia stessa. Dai sacramenti ai sacramentali, dall’anno liturgico alla pietà popolare, dalla lectio divina (che dovrebbe sempre scaturire e ricondurre all’azione liturgica) alle diverse forme di preghiera personale e comunitaria… è tutto un insieme di elementi che costituiscono o che preparano o accompagnano la celebrazione della fede quale si attua in maniera vertice nell’Eucaristia.
«Per trasmettere tale pienezza [della fede] esiste un mezzo speciale, che mette in gioco tutta la persona, corpo e spirito, interiorità e relazioni. Questo mezzo sono i Sacramenti, celebrati nella liturgia della Chiesa. In essi si comunica una memoria incarnata, legata ai luoghi e ai tempi della vita, associata a tutti i sensi; in essi la persona è coinvolta, in quanto membro di un soggetto vivo, in un tessuto di relazioni comunitarie. Per questo, se è vero che i Sacramenti sono i Sacramenti della fede, si deve anche dire che la fede ha una struttura sacramentale. Il risveglio della fede passa per il risveglio di un nuovo senso sacramentale della vita dell’uomo e d
ell’esistenza cristiana, mostrando come il visibile e il materiale si aprono verso il mistero dell’eterno» (LF 40).
Educare alla fede celebrata implica un insieme di percorsi che chiamano in causa sia chi deve svolgere il ruolo della ministerialità e sia chi partecipa. Il cammino educativo implica l’accostamento dei diversi linguaggi con cui si manifesta e si realizza lo stesso momento sacramentale. Un cammino lungo e impegnativo che non termina mai. La coincidenza di un anno della fede può costituire pertanto un’occasione privilegiata per riannodare quei percorsi formativi che pur da punti di partenza diversi, sono chiamati a convergere verso quest’unico e decisivo incontro con la Ss.ma Trinità quale si attua nell’azione liturgica.
Ricordare e far comprendere che la liturgia è “celebrazione della fede” implica mantenersi in quel dinamismo costante che spinge l’educatore a non ritenersi mai un arrivato, ma a sentirsi sempre in cammino. Per questo si riconferma la definizione dell’anno liturgico come autentico e perenne anno della fede; un “tempo perenne” che – per opera dello Spirito – ha la capacità di mantenere «uniti tra di loro tutti i tempi» e rendere i fedeli «contemporanei di Gesù» (LF 38).
3. La Liturgia… “maestra”?
Un’antica fonte liturgica definisce, tra l’altro, la fides come magistra omnium credentium. L’espressione è stata qui ripresa per richiamare anche il fatto che tale “magistero” si attua nell’azione liturgica; infatti è nel momento liturgico che la fides è celebrata in quanto la fede «ha una struttura sacramentale» (LF 40); è nella celebrazione che la fides si fa sostegno e nutrimento attraverso la Parola e i santi segni; è nei sacramenti che «si comunica una memoria incarnata, legata ai luoghi e ai tempi della vita, associata a tutti i sensi» (LF 40);è nei linguaggi cultuali che la fidessi esplica e si alimenta «mostrando come il visibile e il materiale si aprono verso il mistero dell’eterno» (LF 40); è nella partecipazione dei fideles che la fidestrova un’attualizzazione concreta nella condivisione di scelte di vita all’interno dell’unico movimento di grazia…
Potremmo continuare in questa linea per cogliere la missione della celebrazione della fede, e insieme per verificare le modalità con cui si attua tale impegno nel tempo e nel contesto delle diverse comunità e situazioni di vita.
Da tutto questo emergono almeno quattro aspetti che costituiscono, a loro volta, una linea di azione entro cui l’educatore si ritrova, e attraverso cui l’operatore pastorale cerca di far incontrare il mistero di Dio con il mistero del cuore umano: la liturgia educa alla fede, fa vivere la fede, contribuisce a sviluppare la fede aprendo relazioni sempre nuove:
– Che la liturgia educhi alla fede è un dato di fatto. Nel momento in cui si attua una celebrazione, tutto il contenuto è espressione del mistero della fede, secondo lo specifico momento che sta vivendo il singolo e la communitas. Ma perché la liturgia educhi alla fede è necessario che tutti i suoi linguaggi siano attivati in modo che la loro comprensione permetta un’esperienza sempre più piena del mistero di cui sono veicolo ed esplicitazione.
– Nel momento in cui la liturgia educa a scelte e ad atteggiamenti di fede si realizza anche un vivere la fede. I segni e i simboli che strutturano i vari linguaggi costituiscono il passaggio obbligato perché quel segno sia espressione di una vita nella fede.
– E se la liturgia, di conseguenza, è assunta come magistra, allora in tutto questo si compie un autentico incremento della stessa fides. Ecco perché la celebrazione iterata e permanente dei santi misteri costituisce la costante esperienza della comunità di fede; ecco il motivo per cui l’anno liturgico ogni volta ripropone gli stessi misteri per sorreggere il cammino del credente lungo il suo itinerario nel tempo e nella storia.
– «Chi riceve la fede scopre che gli spazi del suo “io” si allargano, e si generano in lui nuove relazioni che arricchiscono la vita»: l’espressione di LF 39 offre un ulteriore elemento all’orizzonte che il cammino di fede offre, e riconferma quanto asserito proprio in apertura dello stesso n. 39: «È impossibile credere da soli».
4. Dal memoriale all’esemplarità
La celebrazione permanente del mistero della fede, nella molteplicità della sue espressioni costituisce la ricchezza perenne della Chiesa. E lungo il tempo le comunità cristiane hanno saputo integrare la celebrazione dei sacramenti e dell’anno liturgico con altri elementi che si manifestano soprattutto nelle variegate forme della pietà popolare. Nel loro insieme tutte queste realtà scaturiscono dal mistero celebrato e a questo devono ricondurre, dal momento che la liturgia permane come perenne culmen et fons.
Un aspetto che costituisce la base per una inculturazione della fede è costituito dall’esemplarità che la stessa liturgia attua e rilancia.
Nell’insieme dell’anno liturgico si celebrano i misteri della salvezza; al centro è il mistero di Cristo e della Vergine Maria. Ma accanto a questo si pone un’ampia schiera di martiri e di santi che, sia singolarmente che nel loro insieme, costituiscono una pagina davvero unica di “inculturazione” della fede nella singola esistenza del martire, del santo o del beato.
Nell’anno liturgico si presenta al fedele lo scorrere di tante figure che hanno aderito a Cristo; ciascuna è un’autentica “inculturazione” del mistero della fede. Accostare pertanto questa galleria di personaggi costituisce un invito pressante per l’educatore a conoscere ciò che il libro liturgico mette a disposizione.
È in questa linea che nella comunità cristiana deve tornare al centro l’uso e il ruolo del Martirologio Romano (si pensi alle varie figure di santità ricordate nella stessa Enciclica!). La ricchezza dei suoi contenuti, unitamente a quanto racchiuso nelle “Premesse”, può costituire un alimento prezioso per contestualizzare in ogni giorno la molteplicità di forme con cui la fides di tanti fratelli e sorelle è stata testimoniata in tutti i continenti.
Speculare al Martirologio, ovviamente, si pone sia il Messale che la Liturgia delle Ore con la ricchezza biblica propria dei Lezionari. Far interagire quanto racchiuso in questi libri liturgici secondo lo scorrere del Calendario generale e i Calendari particolari – pensiamo ai “calendari propri” delle Famiglie religiose – costituisce la valorizzazione di un segreto che permette di cogliere la perenne e quotidiana novitas della celebrazione memoriale; una novitas che si riflette nelle figure che il Calendario ripropone e che sono “celebrate” perché l’esemplarità sia di sostegno nell’itinerario di fede e di vita.
Se la celebrazione dell’Eucaristia costituisce il centro della vita di fede, non di meno l’incontro con il mistero di Cristo attraverso le tante figure presenti nel Calendario offre la filigrana che permette di cogliere la molteplicità di ricchezza spirituale racchiusa nello stesso mistero e insieme incoraggiare altri, in ogni tempo, a trasformare in vita quanto accolto nell’annuncio e nella celebrazione della fede.
5. Dall’esemplarità alla divinizzazione
Scorrendo le varie lettere di san Paolo incontriamo almeno venti termini che iniziano con syn-cum: dal termine con-sofferente (Rm 8,17) fino a con-corporale (Ef 3,6) passando attraverso ilcon-risuscitato (Ef 2,6), co-edificato (Ef 3,22), ecc. possiamo constatare lo sforzo che l’Apostolo ha saputo attivare per far comprendere il senso e il bisogno di un progressivo inserimen
to del cristiano nel mistero di Cristo.
Quello che la teologia sintetizza in Occidente con il termine “cristificazione” l’Oriente lo rilancia attraverso il termine “divinizzazione”. Al di là delle prospettive teologiche e dei relativi linguaggi, identico è l’obiettivo: realizzare cioè quella conformazione sempre più piena del fedele al mistero di Cristo quale può essere espresso nel termine sympsykos (unanime, Fil 2,2).
In questo percorso si attua il traguardo della progressiva identificazione al Cristo; e tutto ciò attraverso la prolungata esperienza dei santi misteri che realizzano la celebrazione della fede secondo i ritmi del tempo e secondo le stagioni della vita del fedele.
Cogliere questo dato di fatto è lasciarsi prendere da un dinamismo che ha proprio nell’azione liturgica il segreto per vivere il perenne anno della fede o il momento della fede in vista del compimento pieno nel regno di Dio.
Educare a questa visione è il segreto per cogliere tutta la infinita ricchezza che la celebrazione della fede di fatto racchiude nella molteplicità delle sue forme ed espressioni. Ma è anche far sì che si attivino strategie adeguate perché l’itinerario formativo possa essere condotto con una metodologia attenta ai contenuti e rispettosa dei dinamismi di crescita dei destinatari.
6. La porta della fede è sempre aperta!
La metafora della porta esprime con forza sia l’atto del suo attraversamento, e sia ciò entro cui immette. La porta della fede è sempre aperta, a motivo dell’itinerario costante da attuare; ma è sempre aperta perché il mistero al cui interno essa immette è tale da richiedere un percorso costante… È una porta dunque, ma non sulla falsariga della porta comune che si apre e si chiude, come la porta santa; al contrario, la metafora denota il fatto che il cammino di fede è come una porta continuamente da varcare nella certezza che «la luce della fede è quella di un Volto in cui si vede il Padre» (LF 30, e primo sottotitolo).
Da qui, in conclusione, il dato di fatto costituito dall’azione liturgica. Essa può essere contemplata e soprattutto celebrata e vissuta come il momento-soglia che immette continuamente nel mistero. In questa ottica, allora, anche un anno della fede può identificarsi in quella «vecchietta cieca» che invita però a camminare sulle vie del mondo; ma costituisce pure un richiamo all’itinerario permanente che con tutte le sue implicanze teoriche e pratiche permette di cogliere il senso di quella porta fidei che – sempre aperta – ha bisogno di essere costantemente varcata per cogliere la pienezza del Mistero attraverso la guida e il sostegno dei santi misteri, perché «con la fede noi possiamo toccarlo e ricevere la potenza della sua grazia» (LF 31), e anche perché i cristiani «confessano l’amore concreto e potente di Dio, che opera veramente nella storia e ne determina il destino finale, amore che si è fatto incontrabile, che si è rivelato in pienezza nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo» (LF 17).
Indicazioni bibliografiche essenziali
I primi documenti da tenere in attenta considerazione sono i libri liturgici; essi contengono il linguaggio della fede espressa attraverso i testi che la Chiesa usa per celebrare il mysterium fidei. In editio typica o in edizione in lingua nazionale, il libro liturgico – a cominciare dal Lezionario – costituisce il punto di partenza per comprendere il rapporto tra fides et actio. In questa linea si pongono i periodici – come ad esempio la Rivista Liturgica in Italia (www.rivistaliturgica.it) – che hanno elaborato studi per far conoscere le ricchezze racchiuse nel libro liturgico.
Altri strumenti preziosi sono costituiti dai Dizionari che in ambito liturgico hanno arricchito l’orizzonte della formazione offrendo materiali preziosi per una riflessione attenta a tutto il mondo della liturgia (si pensi, ad esempio, al Dizionario di Liturgia, San Paolo, Milano 2001, con le tracce di approfondimento di varie tematiche) o della omiletica (si pensi al Dizionario di Omiletica, Ldc-Velar, Torino-Bergamo 2002 [edito anche in Brasile nel 2010, e di prossima edizione adattata in lingua polacca]) e a numerose altre opere che presentano le ricchezze dell’anno liturgico e della liturgia delle Ore o dei singoli sacramenti e sacramentali.
In ordine alla celebrazione della fede per una vita in Cristo è da tener presente anche la pietà popolare come occasione di incontro tra culto e cultura nello specifico dei singoli luoghi ma anche come occasione di educazione alla liturgia, come indicato in Sacrosanctum, Concilium 13. In questa linea la conoscenza e l’applicazione dei principi del Direttorio su pietà popolare e liturgia (Lev, Città del Vaticano 2002) risulterà quanto mai preziosa per favorire tutto ciò che comporta la divinizzazione del fedele in Cristo.