Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre Edward McNamara risponde oggi alla seguente domanda inviata da un nostro lettore italiano:
Chiunque abbia domande che riguardano i temi liturgici può scrivere. Colgo questo invito e ringrazio. Chiedo se lo scambio della pace prevede almeno alla domenica – in senso di più coesione – di scendere dal presbiterio e scambiarlo con assemblea? — fra Agostino, Italia
A questa domanda padre McNamara risponde:
Il nuovo Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) risponde a questa domanda nel n° 154: “Il sacerdote può dare la pace ai ministri, rimanendo tuttavia sempre nel presbiterio, per non disturbare la celebrazione.”
Tuttavia la Santa Sede ha approvato le seguenti modifiche per gli Stati Uniti: “Nelle diocesi degli Stati Uniti d’America, per una buona ragione, in occasioni particolari (ad esempio, nel caso di un funerale, un matrimonio, o quando sono presenti leader civili) il sacerdote può offrire il segno della pace ad alcuni dei fedeli vicini al presbiterio. Al contempo, in accordo con le decisioni della Conferenza dei Vescovi, tuttisi scambiano un segno che esprime la pace.”
Le eccezioni sopra menzionate, sono abbastanza ragionevoli e si applicano solo all’interno degli Stati Uniti. Nel preparare una nuova traduzione in altra lingua qualsiasi altra Conferenza episcopale può presentare una proposta simile da far approvare dalla Santa Sede.
Il motivo per il quale l’OGMR si sofferma su questo punto è quello9 di collocare il segno della pace nel contesto giusto, come un breve e relativamente poco importante rito in preparazione alla Comunione. Infatti, pochi si rendono conto che in realtà lo scambio della pace è facoltativo. E’ l’imminente Comunione, non il sacerdote, né i buoni sentimenti che nutriamo verso i nostri vicini, che è la ragione e la fonte della pace che desideriamo per il nostro prossimo e della pace che riceviamo da loro.
Parlando del rito della pace, l’OGMR dice al no° 82 che “la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana, e i fedeliesprimono la comunione ecclesiale el’amore vicendevole, prima di comunicarsi al Sacramento.”
Cioè, quando il celebrante scende dal presbiterio per scambiare la pace con i fedeli, il suo gesto, nonostante le sue buone intenzioni, tende ad attirare eccessivamente l’attenzione sulla sua persona, come se lui, e non il Signore, fosse la fonte della pace che solo Cristo può dare.
A volte noi sacerdoti dimentichiamo che essere un pontifex significa essere un ponte, e che un ponte serve il suo scopo solo quando si cammina su di esso, non quando lo ammiriamo da lontano.
I gesti dei fedeli, nel rispetto delle usanze locali, dovrebbero evitare un eccesso di esuberanza e di entusiasmo.
Il n° 82 dell’OGMR dice infatti: “Spetta alle Conferenze Episcopali stabilire il modo di compiere questo gesto di pace secondo l’indole e le usanze dei popoli. Conviene tuttavia che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo sobrio.”
Allo stesso tempo, se il segno della pace viene eseguito bene può essere molto efficace dal punto di vista spirituale.
Un esempio: il compianto Dr. Bernard Nathanson – una volta un agguerrito promotore dell’aborto libero – ha descritto nella sua autobiografia quanto rimase impressionato da questo gesto durante una Messa cattolica, proprio in un momento in cui lui stava lottando per abbandonare l’ateismo radicale e per trovare prima la fede in Dio e poi nella religione cattolica.
***
I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.