La testimonianza dei santi martiri

Il “Polittico Averoldi” di Tiziano

Share this Entry

Il 28 luglio ricordiamo i santi Nazario e Celso, martirizzati nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano a Milano. In una chiesa a loro dedicata a Brescia è collocato il bellissimo Polittico Averoldi dipinto da Tiziano, in cui anche i due santi martiri sono rappresentati.

Il Polittico viene infatti commissionato per la chiesa bresciana dei Santi Nazzaro e Celso (dove si conserva tuttora) da Altobello Averoldi, legato pontificio presso la Serenissima Repubblica di Venezia, e viene eseguito da Tiziano tra il 1520 e il 1522: questa data, infatti, appare nella tavola di destra che raffigura il martirio di S. Sebastiano e che cronologicamente chiude l’esecuzione delle cinque tavole che compongono il rappresenta Polittico.

L’unità dell’opera è garantita da un’unica struttura cromatica e chiaroscurale che lega l’insieme delle tavole. La tavola centrale la Resurrezione di Cristo,  ai suoi lati nella parte alta in due tavole più piccole sono dipinti rispettivamente a sinistra l’Arcangelo Gabriele recante un cartiglio con l’iscrizione “AVE GRATIA PLENA” e a destra l’Annunziata nell’atteggiamento della meritatione; nella parte bassa,  nella tavola a destra troviamo il committente inginocchiato proprio tra i santi Nazzaro e Celso e nella tavola a sinistra il martirio di S.Sebastiano, la tavola dipinta per ultima.

Lo schema del Polittico, secondo il Valcanover, risulta ormai arcaico per il secondo decennio del Cinquecento e dunque esprimerebbe un particolare sentire della committenza. Io credo che,  a proposito del rapporto tra la committenza e gli artisti nel corso dei secoli, più che la novità o la consuetudine della soluzione scelta dall’artista, sia opportuno valutarne l’adeguatezza al tema trattato. Nel caso del Polittico Averoldi lo schema utilizzato risulta del tutto consono allo scopo liturgico-celebrativo.

Infatti il tema della Resurrezione è il centro del Polittico, attorno al quale in maniera assiale tutto è costruito. Tra l’Arcangelo Gabriele e Maria, rappresentati nella parte alta nel momento dell’Annunciazione, Cristo  è raffigurato  come pienezza dei tempi, come il Risorto, Colui che ha vinto la morte. Cristo è il fiore maturo che porta il frutto della salvezza,  non  più solo prefigurazione di qualcosa di là da venire, è presente con il suo corpo tra l’angelo e Maria a testimoniare che le promesse annunciate si sono avverate, la distanza aperta dal peccato originale si è riempita di Grazia: il Verbo si è fatto carne e, come recita la sequenza di Pasqua, “Christus innocens Patri reconciliavit peccatores” (“l’Innocente ha riconciliato noi peccatori con il Padre”). 

I tre santi martiri Nazzaro, Celso e Sebastiano rappresentati nella parte bassa, apparentemente senza nesso con il resto della tavola, ne esplicitano in realtà il profondo significato, e non solo perché ai  primi due è intitolata la chiesa di Brescia nella quale l’opera di Tiziano è conservata. La Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze, fonte di notizie sicuramente accessibili per le scelte iconografiche di Tiziano, racconta la vita di questi martiri dei primi secoli del Cristianesimo. Sebastiano era soldato e cittadino di Milano e proprio a Milano, poco fuori Porta Romana, Nazzaro e Celso furono martirizzati. Sant’Ambrogio li cita quali esempi di combattenti della santa battaglia, e in modo particolare scrive a proposito di Nazzaro «Felice e illustre soldato del Signore, che ingaggiò battaglia col signore del mondo, portando con sé una gran moltitudine di persone».  Per questi motivi, Tiziano li rappresenta nei panni di soldati con l’armatura, per sottolineare, come Ambrogio, l’armatura della fede che li riveste e li rende saldi nel martirio.

Altobello Averoldi, committente dei dipinti, probabilmente volle che nella parte bassa del Polittico fosse inserito quel particolare aspetto di contraddizione con il mondo proprio della sequela Christi, che consente di esprimere che la vittoria non risiede negli onori, nel successo o nella fama, quanto piuttosto nella fede. Il combattimento spirituale è un tema caro a tutta la mistica del Cinquecento e il santo martire testimonia, con la sua fragilità, con la sua vulnerabilità fisica, esposto alle frecce come San Sebastiano, che nella sconfitta del mondo c’è la vittoria.

Il Cristo vittorioso, che sembra incedere verso di noi, è dipinto da Tiziano con estrema efficacia, sembra tradurre un altro passo della sequenza di Pasqua: “Mors et vita duello conflixere mirando: dux vitae mortuus regnat vivus” (“Morte e vita si sono affrontate in un duello prodigioso. Il Signore della vita era morto; ma ora vivo, trionfa”).  Proprio la parte centrale del Polittico propone il discorso più interessante, mostrando quanto l’arte del Rinascimento sia capace di dire il sacro, coniugando liturgia ed arte. Tiziano, rispettando i canoni di bellezza propri degli sviluppi della cultura del suo tempo, come modello per dipingere la figura di Cristo risorto sceglie il torso del Belvedere (quello che noi conosciamo come Laocoonte) da poco ritrovato nella Roma papale.  Cristo risorto porta in alto la mano destra sorreggendo la bandiera che è tradizionale attributo del Risorto (si confronti per esempio la Resurrezione di Piero della Francesca conservata nella Pinacoteca Comunale di Borgo san Sepolcro)  e stende la mano sinistra quasi a mostrare i fori dei chiodi, ponendosi in una posizione che richiama la croce, con le braccia stese e il capo un poco chino, ma il segno della croce è ormai segno di vita: «La destra del Signore si è alzata, la destra del Signore ha fatto meraviglie. Non morirò, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore» (salmo 117). I soldati posti a guardia del sepolcro, che spesso vengono rappresentati addormentati, qui sono rappresentati svegli, atterriti e  stupefatti mentre guardano il Risorto; poco distante da loro il sepolcro vuoto, dipinto in modo tale da apparire proprio come la testata d’angolo del salmo 117,  reca una iscrizione nascosta nella penombra delle prime luci dell’alba della Domenica di Pasqua: Surrexit vere (“è davvero risorto”). “Surrexit vere”  è parte dell’invitatorio del tempo di Pasqua Surrexit Dominus vere, Alleluia (“Il Signore è davvero risorto. Alleluia” – Lc 24,34; Cfr. Liber Hymnarius, Solesmes 1983). Possiamo allora gustare fino in fondo il Polittico sapientemente dipinto da Tiziano per la chiesa di Brescia, immaginandolo immerso  nelle splendide sonorità del canto gregoriano, nel trionfo del giorno di Pasqua: è davvero risorto. E i santi martiri testimoniano la loro fede in Lui.

Share this Entry

Rodolfo Papa

Rodolfo Papa è presidente dell'Accademia Urbana delle Arti / Sito internet: www.rodolfopapa.it ; Blog:http://rodolfopapa.blogspot.com ; e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione