Il Patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I Sako ha rivolto ai cristiani del Kurdistan iracheno una sollecitazione forte a “aggrapparsi ai propri villaggi” e a non vendere le case e i terreni ricevuti dai loro padri per non finire nella condizione di “emigrati stranieri della diaspora”. L’invito è espresso nella lettera del 26 agosto rivolta dal Patriarca agli abitanti di quaranta villaggi cristiani della circoscrizione ecclesiastica costituita di recente con l’accorpamento delle due piccole diocesi di Zakho e Amadhiya e affidata al vescovo Rabban Al-Quas.
Il Patriarca Sako ha potuto incontrare i cristiani dei quaranta villaggi nei giorni della recente visita da lui resa alla nuova diocesi dal 15 al 23 agosto. Nella lettera, pervenuta all’Agenzia Fides, il capo della Chiesa caldea esprime gratitudine per lo spettacolo di “fede, fedeltà, perseveranza, pazienza e gioia” sperimentato nei suoi tanti incontri coi cristiani del Kurdistan iracheno, da lui definiti come “cittadini indigeni, con radici profonde che non possono essere sradicate e risalgono a duemila anni”. Dal riferimento a questo radicamento millenario S. B. Sako ha preso le mosse per invitare tutti a seguire l’esempio di 35 famiglie “che erano a Mosul e si sono trasferite a Duhok, comprando un villaggio di nome Romtha dove hanno fatto sorgere belle case, la chiesa, una scuola e tanti frutteti”. Per favorire queste dinamiche di resistenza alla dispersione, il Patriarca ha invitato anche le formazioni politiche animate da militanti e dirigenti caldei a portare avanti strategie condivise. Mentre la compagine ecclesiale è stata sollecitata da S. B. Sako a coinvolgere di più i laici nella gestione di attività e risorse attraverso i consigli diocesani e quelli parrocchiali.
Secondo le stime del Patriarcato caldeo, alla nuova diocesi appartengono 14.500 cristiani caldei, 13 preti e 34 chiese. Il Kurdistan iracheno, tradizionalmente considerato un posto sicuro per i cristiani, negli ultimi anni è diventato per molti solo “l’ultima fermata” in Iraq prima di emigrare all’estero. Secondo molti osservatori proprio da tale fenomeno si può dedurre che la violenza non rappresenta l’unica ragione dell’esodo dei cristiani dall’Iraq.
(Fonte: Agenzia Fides 27/8/2013)