Il complesso dei SS. Quattro Coronati al Celio rappresenta uno degli esempi più fulgidi di fortificazione religiosa, uno dei pochi rimasto praticamente indenne da distruzioni e saccheggi. Questo agglomerato di edifici, piuttosto austero all’apparenza, è formato da una Basilica di grande rilevanza architettonica e da una serie di edifici tipici delle strutture monasteriali. Come ogni altro monastero che si rispetti possiede, oltre al settore cultuale, il convento vero e proprio con cortili interni, una cripta e l’antico palazzo cardinalizio, edificato a partire dal VI secolo, quando a Roma la spinta rinnovatrice in termini religiosi era ormai ampiamente diffusa ed anzi aveva già da parecchio tempo soppiantato l’elemento pagano. Come spesso accade quando si parla degli edifici romani, il monastero occupa lo spazio un tempo appartenuto ad una ricca domus romana, collocata lungo la via Tuscolana (attualmente occupata dall’attuale via dei Santi Quattro).
Come luogo di culto venne sfruttata un’ampia aula absidata, intorno alla quale si sviluppò, oltre che il settore cultuale, anche quello residenziale ed accessorio acquisendo, con il passare dei secoli, sempre più importanza, anche grazie alla vicinanza del Palazzo Lateranense, dove i pontefici avevano risieduto ufficialmente durante tutto il medioevo.
Particolarmente interessante risulta essere, dal punto di vista archeologico, l’area occupata dal chiostro, probabilmente posizionato al di sopra della spianata sommitale del colle Celio, li dove avveniva la confluenza di alcuni assi viari di epoca imperiale. Le ipotesi avanzate prevedono la presenza, lungo questi assi viari, di insule con abitazioni ai piani superiori e attività commerciali al pian terreno, i cui resti vennero usati proprio come fondazioni del chiostro. La costruzione della domus patrizia agli inizi del IV secolo, alterò profondamente questa realtà, abbattendo gran parte delle insule e costruendo elementi diversi tra loro tra cui l’aula absidata, fondazione della torre attualmente visibile all’incrocio delle vie dei Querceti e dei SS. Quattro. E’ proprio all’interno di quest’aula che venne impiantato tra la fine del V e l’inizio del VI secolo il titulus Aemilianae dei SS. Quattro e successivamente, nel IX secolo, la chiesa carolingia, attribuita a papa Leone IV. La scelta del luogo per la costruzione della domus avvenne soprattutto per motivi scenografici più che difensivi o di protezione, visto che la sua dislocazione avvenne in uno dei punti più suggestivi del territorio cittadino romano. La zona ‘nobiliare’ venne probabilmente stanziata lontano dal traffico stradale della via Tuscolana, zona invece riservata al settore domestico e all’ingresso del complesso. E’ più a nord che vennero probabilmente stanziati i settori residenziale e di ricevimento, nonché l’accesso all’area dei peristili e giardini, cosi cari ai romani e mai assenti nelle domus di un certo rilievo. Una delle tracce pertinenti a quest’ultimo settore della villa venne rinvenuto pochi anni fa nei pressi della cappella di S. Barbara in direzione dell’area claustrale.
In seguito all’incendio durante l’invasione di Roberto il Guiscardo del 1084 (che tanti danni fece anche alla vicina Basilica di San Clemente a tal punto da costringere le autorità ad interrare tutto e ricostruire svariati metri sopra la quota originaria), papa Pasquale II decise di ricostruire quanto aveva realizzato Leone IV, ma ridusse il luogo di culto alla sola metà ovest della navata centrale, trasformando il precedente spazio nel secondo cortile che ammiriamo ancora oggi. Le navate laterali invece vennero inglobate dal palazzo cardinalizio quella di destra e dal monastero quella di sinistra. Il monastero divenne, a partire dal 1138 un priorato dell’abbazia benedettina di S. Croce di Sassovivo situata a circa6 kmda Foligno.
Come è avvenuto in molti casi per i contesti cultuali romani, vennero effettuati importanti restauri nel XV secolo, realizzati dal cardinale Carillo in seguito alla cattività avignonese e testimoniati dallo stemma cardinalizio con relativa iscrizione. Cosi come avvenuto per il Laterano, con lo spostamento della sede papale, anche il complesso iniziò un inevitabile declino e passò nel XVI secolo nelle mani delle monache di clausura Agostiniane e adibito ad orfanotrofio, trasformando tutti gli ambienti interni al cortile in dormitori per le orfane. Ancora oggi è convento delle suore Agostiniane.
Dal punto di vista strutturale ed architettonico, la basilica rappresenta un unicum a Roma, in quanto l’abside comprende contemporaneamente tutte e tre le navate. I capitelli e alcune altre parti architettoniche sono di spoglio, provenienti con ogni probabilità da alcuni settori dell’antica domus tardo antica. E’ senz’altro degna di essere visitata, visto che, tra le tante cose, presenta gli ultimi matronei che vennero costruiti a Roma all’epoca di Pasquale II, ma anche l’oratorio di San Silvestro (con i suoi affreschi duecenteschi), o la cosiddetta Aula Gotica con la sua impostazione e le sue decorazioni, rappresentando elementi di sicuro valore degli di attenzione e valorizzazione.
* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.