Dopo la prolusione, anzi la lunga “omelia” con cui Papa Francesco ha aperto ieri la 66ª Assemblea Generale della CEI, sono ripresi questa mattina i lavori dei vescovi nostrani. A darne il via l’intervento del cardinale Angelo Bagnasco, che ha illustrato la valutazione delle proposte di emendamenti dello Statuto e del regolamento della Conferenza Episcopale.
Il porporato è partito proprio dal discorso solenne del Vescovo di Roma, che – raccomanda – “andrà meditato e fatto nostro ben oltre l’emozione o la cronaca del momento”. “Francesco ci ha preso per mano – osserva Bagnasco – ha valorizzato il cammino compiuto e ha additato priorità e modalità pastorali con cui proseguire”.
Il presidente della CEI ricorda le parole anche del venerabile Paolo VI, Beato il prossimo 19 ottobre, che appaiono feconde e attuali a distanza di 50 anni. Nella sua prima enciclica Ecclesiam Suam, Montini offre “spunti anche per la revisione della nostra Conferenza”, afferma Bagnasco. A cominciare dalla “necessità per la Chiesa di approfondire la coscienza di se stessa, meditare sul mistero che le è proprio”, e dall’esortazione a “farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori e padri e maestri”.
In filigrana, non è difficile individuare un filo conduttore tra il monito di Paolo VI e il discorso di ieri di Bergoglio. “Entrambi – osserva Bagnasco – sono stati posti dalla Provvidenza a guidare la Chiesa in stagioni di significativo cambio d’epoca”. Montini portando a compimento “con coraggioso equilibrio” il Concilio Vaticano II, Francesco proseguendone “l’applicazione” nel mondo odierno. Il tutto in una continuità che – osserva l’arcivescovo di Genova – “rende ancora più stringente” l’appello di Paolo VI “all’unità ecclesiale e alla fedeltà al Concilio”.
Il porporato si sposta poi nei “luoghi” additati ieri dal Pontefice in cui la presenza dei Pastori oggi “è maggiormente necessaria e significativa”: famiglia, lavoro, migranti. Bagnasco rovescia l’ordine e richiama l’attenzione alla realtà dell’immigrazione, denunciando che “sotto i nostri sguardi si consuma l’esodo di popoli che guardano a noi come alla terra promessa, che pur di giungervi, non esitano a mettersi nelle mani di mercanti di morte”.
Sono “sciagure e drammi” di fronte ai quali nessuno può rimanere indifferente e per cui “non basta l’indignazione occasionale”, insiste il Presidente dei presuli italiani. “La nostra gente lo sa e risponde con la generosità del cuore”: basti pensare a tante realtà diocesane impegnate quotidianamente sul fronte dell’accoglienza, assistenza e tutela dei cittadini stranieri.
La risposta sul territorio è “capillare”. Tuttavia tali “risposte immediate” devono raccordarsi con “interventi più articolati”, afferma Bagnasco. Chiama in causa quindi l’Europa che “se vuole presentarsi come ‘casa comune’, e non un insieme di interessi dove chi è più forte prevale, non può tirarsi indietro e guardare infastidita”. Infatti, “serve altro per accordare vita e dignità a chi è in fuga dalla fame, dalla guerra, da regimi che soffocano la libertà politica, religiosa e ogni prospettiva di futuro”. La vicenda delle 200 studentesse nigeriane rapite non è che uno degli ultimi esempi.
Dalla situazione degli emarginati del mondo, lo sguardo del cardinale si concentra poi sulla realtà del lavoro. Tutti – dice – siamo consapevoli di “quanto la congiuntura economica di questi anni abbia impoverito drammaticamente tanta gente, rubandole la dignità e rendendola bisognosa anche del pane quotidiano”. È noto, al contempo, come la Chiesa italiana abbia incrementato le risorse dell’8xmille per favorire l’opera di migliaia di Centri d’Ascolto disseminati su tutto il territorio, “vere frontiere prese d’assedio dagli indigenti”.
Gli sforzi della Chiesa, però, non sono in grado da soli di mettere un tappo alla voragine creata da precarietà lavorativa e disoccupazione, che “nel nostro Paese sta congelando un’intera generazione e desertifica la società dai giovani”. L’appello del cardinale Bagnasco è quindi ad una presa di coscienza comune, in particolare “a chi ne ha la possibilità”, per “tornare a investire con coraggio, accettando di affrontare i rischi di questa stagione, senza attendersi grandi ritorni”. Nel contempo, Bagnasco chiede “che siano reali, efficaci e veloci le misure di agevolazione fiscale agli imprenditori disposti a coinvolgersi per creare lavoro”.
All’ambito lavorativo si lega poi quello della famiglia: “È grazie ad essa – chiosa il presidente CEI – che, anche in questi anni sofferti, il tessuto sociale mantiene una propria stabilità”. “Generatrice e custode della vita in ogni fase del suo esserci”, la famiglia rimane “l’impresa più importante del Paese” che genera quel “capitale umano” senza il quale “non solo non vi è possibilità di benessere, ma di società e di futuro”.
Non si può allora “disertare questo ‘luogo’”. Specie le Autorità responsabili, che dovrebbero avviare “politiche che esprimano un sì convinto alla ‘famiglia senza surrogati’”; “attente a renderne meno difficile e gravosa la formazione, quindi la generazione e l’educazione dei figli – specie se malati -, la cura e l’assistenza degli anziani….”.
In tal contesto, il capo dei vescovi italiani chiede pure “che la famiglia, fondata sul matrimonio, non sia messa sotto scacco da una cultura insistente e monocorde, che pretende di ‘ridefinire’ il volto stesso dell’amare”. “Snaturare la famiglia significa scendere nel più profondo, fino a toccare le corde dell’umano e sciogliere la persona dentro a rapporti liquidi e insicuri”.
Sempre in tema di famiglia e nuove generazioni, il pensiero del cardinale va all’evento La Chiesa per la scuola del 10 maggio scorso in piazza San Pietro, che ha visto “una mobilitazione significativa” di ragazzi, studenti, insegnanti e genitori. Oltre 300.000 i partecipanti: dietro ognuno di loro – dice Bagnasco – “c’è stato il lavoro convinto e discreto” di tutti coloro “che avvertono come la scuola sia un tassello decisivo nella costruzione della città dell’uomo, una condizione necessaria per aprirsi alla realtà così com’è, non come spesso viene rappresentata in modo virtuale”.
Su quest’ultimo punto il porporato si sofferma e mette in guardia da uno dei frutti più velenosi di tale “mistificazione”, che guarda al mondo giovanile “come a un pascolo succulento”. È “la piaga del gioco d’azzardo” che “consuma molto di più di quanto porti alle casse dello Stato” e provoca danni irreparabili nella “concezione della vita e dei rapporti sociali”.
Infine Bagnasco si rivolge ai vescovi e li esorta ad “essere sempre più ‘spazio vitale di comunione’”. In questa 66ª Assemblea Generale – conclude – tocca mettere in atto “quel discernimento fraterno che ci porterà a individuare i passi da fare: insieme, liberi, sereni”. E anche consapevoli di essere “Chiesa missionaria” che dona all’uomo di oggi “quanto ha di più prezioso: non una ricetta o una formula, ma una Persona”.