Ascensione: la vita nella sfera di Dio

ROMA, venerdì, 3 giugno 2011 (ZENIT.org).- “Egli si mostrò ad essi vivo dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, ‘quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo‘”. “Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’” (At 1, 3-5, 9-11).

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Mt 28,16-20: In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro si prostrarono. Essi però, dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Non vi lascerò orfani: verrò da voi” (Gv 14,28), aveva promesso ai discepoli prima di morire, ma ora il Risorto si separa di nuovo da loro, lasciandoli attoniti a guardare in su come un bambino cui sia sfuggito di mano il palloncino: come non prolungare in alto lo sguardo, quasi a voler seguire il Maestro amato oltre le nubi?

Ma ecco due messaggeri celesti discendere già a colmare il vuoto con queste rassicuranti parole: “verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11).

Verrà da loro, verrà da noi, verrà per tutti. Ma come intendere questo “allo stesso modo”?

Dobbiamo forse aspettarci una discesa “aerea” del Signore? Evidentemente no. Ma allora che significato ha la rappresentazione spaziale di Luca (cioè l’Ascensione del Signore al cielo)?

Risponde esaurientemente la sapienza di Benedetto:

Nella liturgia si narra l’episodio dell’ultimo distacco del Signore Gesù dai suoi discepoli; ma non si tratta di un abbandono, perché Egli rimane sempre con loro – con noi – in una forma nuova.

Il Signore attira lo sguardo degli apostoli – il nostro sguardo –  verso il cielo per indicare loro come percorrere la strada del bene durante la vita terrena. Egli, tuttavia, rimane nella trama della storia umana, è vicino ad ognuno di noi e guida il nostro cammino cristiano: è compagno dei perseguitati a causa della fede, è nel cuore di quanti sono emarginati, è presente in coloro a cui è negato il diritto alla vita. Possiamo ascoltare, vedere e toccare il Signore Gesù nella Chiesa, specialmente mediante i Sacramenti e la parola” (Benedetto XVI, Regina caeli, 16 maggio 2010).

Le parole che ho sottolineato sopra non sembrano avere molto a che fare con il mistero dell’Ascensione. In realtà ci aiutano a comprenderlo nei suoi termini reali di profonda comunione del Signore con tutto il genere umano, soprattutto se pensiamo esemplarmente all’aborto.

Tali parole, infatti, orientando il nostro sguardo sopra (dentro) il “cielo” del grembo materno, sembrano indicare nel mistero del Verbo incarnato il principio e il fondamento del significato della sua Ascensione.

Ascoltiamo ancora Benedetto:

In Cristo asceso al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell’intimità di Dio; l’uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. Il “cielo” non indica un luogo sopra le stelle, ma qualcosa di molto più ardito e sublime: indicaCristo stesso, la Persona divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e l’uomo sono per sempre inseparabilmente uniti” (Benedetto XVI, Omelia nell’Ascensione, 24 maggio 2009).

Ora, tale sublime unione di Dio con l’umanità, avvenuta in Maria nell’istante del concepimento verginale del “Figlio dell’uomo”, è evento che coinvolge ontologicamente ogni essere umano concepito, trattandosi della comune natura umana assunta dal Verbo.

L’Ascensione, dunque, non è una elevazione fisica del Signore da questa terra, ma è l’“assunzione” della sua (e nostra) umanitànella sfera divina che Gli è propria.

Lo spiega e lo contempla un altro grande papa-teologo:

Oggi infatti ricordiamo e celebriamo il giorno in cui la nostra povera natura è stata elevata in Cristo fino al trono di Dio Padre, al di sopra di tutte le milizie celesti. L’intera esistenza umana si fonda e si eleva su un’arcana serie di azioni divine per le quali l’amore di Dio rivela maggiormente tutti i suoi prodigi. Credere senza esitare a ciò che sfugge alla vista materiale e fissare il desiderio là dove non si può arrivare con lo sguardo, è forza di cuori veramente grandi e luce di anime salde. Perciò, quello che era visibile nel nostro Redentore è passato nei riti sacramentali. Infatti, pur rimanendo nel Cristo glorificato la natura del corpo, la fede dei credenti era condotta in quella sfera in cui avrebbe potuto toccare l’Unigenito uguale al Padre, non più per contatto fisico, ma per la contemplazione dello spirito” (San Leone Magno, Discorsi sull’Ascensione, p. 853s del Breviario).

Questi insegnamenti del Magistero e della Tradizione illuminano il mistero dell’Ascensione, e ne gettano la luce sopra l’intero arco dell’esistenza umana, ma soprattutto nel suo primo sorgere nove mesi prima della nascita.

E’ perciò molto profonda ed opportuna l’affermazione di Benedetto XVI: “Il Signore..è presente in coloro cui è negato il diritto alla vita”.

Una presenza viva che non dice solamente solidarietà esistenziale, ma soprattutto il destino di eterna partecipazione personale dell’essere umano alla natura divina (2Pt 1,4).

Pensiamo allora al punto d’inizio di quest’arco esistenziale: milioni di punti di inizio, vale a dire le vite umane concepite ed eliminate in provetta; quelle stipate e biologicamente “fermate” nei congelatori; quelle distrutte nel grembo prima di nascere.

Ma poi pensiamo anche a tutte le persone la cui vita si trova in stato di “coscienza sommersa”, o quelle, coscientemente immerse nel dolore, che invocano il diritto di darsi la morte per non soffrire più: in ognuna di queste persone il Signore Gesù non solo è vicino, ma è specialmente presente!

Lo è realmente, poiché ha detto: “Ogni volta lo avete fatto a me” (Mt 25,40).

E’ presente con il soffio divino dello Spirito, che elargisce la Vita eterna al corpo come il respiro fa con quella biologica.

E’ lo Spirito Creatore, il quale crea la vita di ogni essere umano concepito, in vista dell’eterna e beata ascensione-assunzione nel Cristo glorioso.

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ZENIT Staff

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