I Francescani e gli Ebrei

Una nuova opera di Tommaso da Celano rivela un miracolo attribuito al Poverello in cui, tra coloro che chiedono la sua intercessione, ci sono anche degli ebrei

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Per la ricostruzione della vicenda di frate Francesco d’Assisi è fondamentale fare costante riferimento alle fonti che parlano di lui. Tra queste sono da privilegiarsi i suoi scritti, ma anche le agiografie contengono alcuni elementi utili a ricostruire la sua vicenda storica e spirituale. Proprio per questo è importante raccogliere e studiare ogni frammento delle fonti francescane.

A queste ora si aggiunge una nuova opera attribuita a Tommaso da Celano; trasmessa principalmente da un codice liturgico conservato nella Biblioteca comunale di Terni e proveniente dal convento de “La Romita” di Cesi, tale testo è denominato dal curatore dell’edizione critica Leggenda Umbra.

Tra le particolarità di tale opera vi figura un miracolo attribuito a san Francesco in cui tra coloro che chiedono la sua intercessione vi sono anche degli Ebrei. Infatti si narra che nella città di Capua un bambino cadde nel fiume venendo seppellito dal fango e morendo. Ritrovato miracolosamente il corpo del defunto, la folla assieme ai suoi familiari invocarono san Francesco affinché fosse restituita la vita al fanciullo. A questo punto il racconto narra che anche alcuni Ebrei che erano accorsi in quel luogo, spinti dalla pietà naturale, innalzavano la medesima preghiera della folla: “San Francesco, restituisci il fanciullo a suo padre!”. Davanti a tale devozione – che potremmo definire “interreligiosa” – san Francesco resuscitò il fanciullo morto e lo riconsegnò a suo padre.

Quindi una fonte medievale che presenta alcuni Ebrei in atto di invocare la protezione e l’intercessione di san Francesco che sarà ripresa da Bonaventura da Bagnoregio nella Vita beati Francisci, ossia nella cosiddetta Legenda maior:

Nella città di Capua un bambino, giocando con molti altri presso la riva del fiume Volturno, cadde per sbadataggine nella corrente impetuosa, che lo inghiottì e lo seppellì sotto la sabbia. Gli altri bambini che stavano giocando con lui, vicino al fiume, si misero a gridare forte, facendo accorrere una grande folla. Tutta la popolazione invocava devotamente il beato Francesco, supplicando che, guardando alla fede dei suoi genitori a lui tanto devoti, si degnasse di strappare il figlio alla morte. Un nuotatore che si trovava nei paraggi, sentendo quelle grida, si avvicinò e si informò dell’accaduto. Dopo aver invocato l’aiuto del beato Francesco, riuscì a trovare il luogo dove il fango aveva ricoperto il cadavere del bambino, come un sepolcro. Lo disseppellì`e lo portò a riva, constatando che, purtroppo, ormai era morto. Ma la popolazione, tutto intorno, benché´ vedesse che il bambino era morto, gridava forte, continuando a piangere e a far lamento: «San Francesco, ridona il bambino a suo padre!». E anche alcuni Ebrei, che erano accorsi mossi da naturale pietà , dicevano: «San Francesco, san Francesco, ridona il bambino al padre suo!». Improvvisamente il bambino, fra la gioia e lo stupore di tutti, si levò in piedi sano e salvo e supplicò che lo conducessero alla chiesa di san Francesco, perché´ voleva ringraziarlo devotamente, ben sapendo che era stato lui, con la sua potenza, a risuscitarlo.

Ma gli Ebrei appaiono nella vicenda di Francesco d’Assisi ben prima dell’agiografia che narra della sua santità e anche prima del suo cambiamento di vita: infatti l’abitazione di Pietro di Bernardone, il padre di Francesco, era ubicata vicino a quella di una famiglia ebrea. Proprio per tale motivo – ampliato anche da una successiva “contaminazione” per cui le suddette due costruzioni limitrofe saranno considerate entrambe proprietà dei progenitori del Santo d’Assisi (cfr. G. Abate, La casa dove nacque s. Francesco d’Assisi nella sua nuova documentazione storica, Oderisi, Gubbio 1941, pp. 204-205; 280-282: nel luogo in cui nel ‘600 sorgerà Chiesa Nuova da circa il 1441-1449 risalendo agli ultimi decenni del secolo XIV era proprietà di Ebrei) – si giungerà a confondere le due distinte famiglie tanto da affermare che l’Assisiate era di stirpe ebraica!

Al di là di tale confusione più o meno curiosa, una cosa è certa, ossia che i francescani hanno avuto spesso a relazionarsi con gli Ebrei e ciò per molti motivi. Uno di questi è che volendo vivere la povertà e perché tale scelta “funzionasse” hanno dovuto fin dai primi decenni parlare e distinguere tra proprietà, uso, uso povero, dando inizio a quella riflessione che nei giorni d’oggi diventerà l’etica economica e in questo non potevano che confrontarsi e scontrarsi con coloro che erano figure di rilievo nella vita economica delle città, ossia gli Ebrei. Altro motivo è che frate Francesco andando in Oriente, aprì una strada ai frati Minori che vi tornarono spesso fino a diventare i custodi dei luoghi sacri del cristianesimo e anche in questo non poterono che confrontarsi con gli Ebrei.

Accanto a questo non è possibile dimenticare la volontà di frate Francesco di vivere secondo la forma del Santo Vangelo con un’attenzione costante alla lettera onde viverne lo spirito. Proprio questo condurrà i frati, a cominciare da Antonio di Padova, a dare sempre più spazio non solo allo studio della Parola di Dio, ma anche della stessa lettera biblica, come testimonia la vicenda di Nicolò da Lira.

Una relazione, quindi, quella con gli Ebrei che i frati Minori hanno vissuto un po’ per libera scelta e spesso anche per necessità. Certamente una storia complessa, a volte contraddittoria, non sempre facile da comprendere, bisognosa di ulteriori studi, ma che richiede quell’onestà intellettuale che ha origine dalla ricerca appassionata della verità.

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NOTE

P. Messa,Presentazione, in I Francescani e gli Ebrei. Atti della Giornata di Studio (Firenze, 25 ottobre 2012), in Studi Francescani 110/3-4 (2013), p. 255-256.

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Pietro Messa

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