L’Ucraina si prepara alle elezioni presidenziali del 25 maggio e la diocesi di Roma l’accompagna con una preghiera, che continua da diverse settimane, per implorare il dono della pace. L’appuntamento è fissato per domenica 11 maggio alle 19.30 nella parrocchia di Santa Maria in Portico in Campitelli: una veglia di preghiera nello stile di Taizé, presieduta dal vescovo Matteo Zuppi, incaricato del Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese del Vicariato che promuove l’iniziativa insieme all’Ufficio diocesano per la pastorale delle migrazioni e alla comunità cattolica ucraina di Roma. Interverranno anche i giovani della parrocchia Santi Sergio e Bacco degli ucraini, guidati dal parroco don Ivan Kulyk.
Intanto, in vista del giorno in cui i cittadini saranno chiamati alle urne per eleggere il novo presidente dopo la destituzione nel febbraio scorso di Victor Yanukovich, scendono di nuovo in campo i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina, con una lettera pastorale indirizzata ai fedeli e a tutti i cittadini. «Non usare slogan forti e ingannevoli ma presentare un programma vero e concreto con le riforme necessarie al rinnovamento morale, sociale, politico ed economico del Paese». Questa la prima richiesta che arriva dai membri del Sinodo ai candidati, esortati a non farsi guidare «dagli interessi degli Stati esteri né dai propri benefici egoistici oppure dagli interessi dei partiti, ma solo dal bene del proprio popolo e dalla preservazione dell’indipendenza e dell’integrità dello Stato ucraino».
Dai vescovi arriva anche un’altra sottolineatura. Alla carica di presidente dell’Ucraina, osservano, «non possono concorrere le persone che con le loro azioni precedenti o attuali hanno causato o stanno causando l’indebolimento dello Stato ucraino o che anche hanno minacciato l’unità del popolo ucraino, favorendo lo scontro tra le diverse parti del Paese». Queste persone infatti «si sono private dei diritti morali per rappresentare lo Stato ucraino e parlare al nome del suo popolo. La nostra nazione ha pagato un prezzo troppo alto per la sua libertà per tornare ora indietro alla “casa di schiavitù”».
Da ultimo, l’invito a partecipare alle elezioni senza però cedere alla tentazione di «acquistare o vendere il proprio voto». Le parole dei vescovi sono chiare: «Se non siamo più disposti a tollerare la corruzione tra i politici, dobbiamo superare la tendenza alla corruzione nel cuore. Ricordiamo che qualsiasi tipo di tangente data o accettata può ancora portare alla presidenza un candidato indegno, quindi dobbiamo essere responsabili». I presuli si rivolgono infine ai membri delle Commissioni elettorali: «A nessuno, né dentro lo Stato né fuori di esso, dovrebbero sorgere dubbi in merito alla democraticità delle future elezioni».