Torna anche quest’anno la Festa dei Popoli. La XXIII edizione dell’iniziativa, che celebra l’importanza ecclesiale e sociale della presenza delle comunità migranti nella diocesi e nella città di Roma, si svolgerà domenica 18 maggio, a San Giovanni in Laterano, ed è intitolata “Una ricchezza da accogliere”.
L’evento è organizzato dai Missionari Scalabriniani, dall’Ufficio Migrantes di Roma e dalla Caritas diocesana in collaborazione con le comunità etniche di Roma e provincia, le Acli provinciali, Roma Capitale e la Regione Lazio. Prenderà il via alle 9 nel piazzale antistante la basilica di San Giovanni in Laterano con l’accoglienza, la visita agli stand e la partecipazione alle conferenze e ai dibattiti sul tema dell’immigrazione nonché ai giochi e all’animazione che faranno da cornice all’intera giornata. Alle 12 è previsto il cuore liturgico della Festa con la celebrazione eucaristica nella basilica lateranense presieduta dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace.
Al termine della Messa la degustazione dei prodotti gastronomici tipici delle comunità etniche partecipanti. Il pomeriggio si aprirà alle 15 con l’omaggio alla Croce degli “scarti” di Lampedusa, dedicata ai migranti deceduti nel tentativo di raggiungere le coste dell’isola siciliana, che è conservata nel Memoriale “Nuovi Martiri” del XX e XXI secolo, voluto nel 1999 da san Giovanni Paolo II e istituito presso la basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina. Seguirà il pomeriggio di festa con lo spettacolo folkloristico multietnico. Tra gli ospiti anche il rapper romano Routy Miurache si esibirà con il pezzo “Casa mia” dedicato proprio a quanti muoiono di speranza.
All’evento di domenica sono attese circa 10mila persone di oltre 50 Paesi. «Il titolo “Una ricchezza da accogliere” – spiega lo scalabriniano padre Gaetano Saracino, parroco del Santissimo Redentore a Val Melaina dove si svolse 23 anni fa la prima edizione della Festa – non è una pia esortazione ma una convinzione: qualcosa di importante c’è ed è offerto alla Chiesa e alla cittadinanza. Prendervi parte vuol dire cambiare, mutare, se non convertire le proprie visioni, le proprie convinzioni. Dalla conversione in poi, si sa, è tutta un’altra storia». Promossa dagli Uffici Caritas e Migrantes del Vicariato e dai Missionari Scalabriniani, la Festa dei Popoli è oggi un faro che raccoglie il lavoro capillare e spesso silenzioso delle tante realtà che si adoperano a servizio dei migranti. E tuttavia l’arricchimento è reciproco.
«La ricchezza dell’incontro con l’altro, della relazione, dello scoprire Gesù attraverso il dialogo con chi ci è prossimo: questo – spiega monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana – è l’apporto delle comunità immigrate alle nostre parrocchie e alla nostra società, che va ben oltre la loro importanza per l’economia e la demografia del nostro Paese». La Festa dei Popoli, infatti, «ci fa concreti testimoni di quello che nella Chiesa annunciamo quotidianamente – precisa monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes del Vicariato -. È un cantiere aperto, dove si lavora tutti insieme e dove agli stessi stranieri è permesso di conoscersi meglio, mentre ai laici e ai sacerdoti è data l’opportunità di collaborare alla realizzazione di un evento comunitario nel quale crediamo fortemente, nella convinzione che le migrazioni sono sempre più una risorsa».